Eventi

Da Candela a Calitri c’è un treno che aspetta tutto il sud Italia

27 Ottobre 2017

Una linea unisce Candela e le zone che conosco, quelle più interne dell’Irpinia, quelle dove passo buona parte dell’estate, vagabondando da Calitri a Melfi, da Pescopagano a Bisaccia, fino ad Ariano Irpino, al lago di Monticchio, a Materdomini e al Tufaro. C’è poi quella cosa misteriosa che è Cairano, che è l’unico paese indicato un po’ ovunque, lungo la Valle dell’Ofanto, come se tutte le strade portassero anche lì, oltre che a Roma. E c’è una strana coincidenza, quella secondo cui nello stesso giorno leggo di Candela e del progetto di ripopolamento del paese, che il suo sindaco ha presentato anche alla CNN, e del treno storico Foggia-Montella, quello che porterà genti da tutta l’Irpinia alla sagra della castagna di Montella, quello che riprenderà vita solo per i prossimi 3, 4 e 5 novembre. Perché nonostante tutto, sembra proprio che queste immense latitudini non vogliano arrendersi all’evidenza, alla cronaca che le dipinge come terre in stato di abbandono, posti da cui la gente può andare solo via, dove il lavoro non c’è, i servizi sono scarsi, e un futuro non si vede.

Meno male che c’è chi rema contro. Perché tutte le estati, e tutte le volte che soggiorno da quelle parti, a me capita esattamente di pensare il contrario rispetto a quella che può essere opinione comune, e pensare cioè che un futuro per tutti questi paesi può e deve esserci. Come il treno, quello fatto di carrozze anni ’50 tirate da una locomotiva diesel di fine anni ’60, quello con la panche in legno, scomode ma belle, quello che profuma come non riuscirà mai a profumare nessun altro treno della nostra contemporaneità fatta tutta di marketing e di comoda plastica. Lo stesso treno su cui sono montato lo scorso sabato 26 agosto, la stessa tratta, le stesse emozioni, quelle di un territorio che comincia a rimettersi in piedi, e lo fa soprattutto per la passione di chi ci ha creduto, politici e uomini comuni che hanno fatto un sogno, e che, sulla base di esso, si sono messi al lavoro insieme. Nella stessa direzione. Quando sono arrivato da queste parti, la prima volta, ho scoperto un pezzo di Italia che non conoscevo e non immaginavo.

E ogni volta è come se si aggiungesse un pezzo. Quando arrivai a Calitri la prima volta c’era un paese pieno di vita e allegria, e di simpatia per la vita nel suo curioso svolgersi. E anche di rispetto, oserei dire, per tutti coloro che arrivano da altrove a portare facce e visi che lì non si erano mai visti. Ecco, la prima volta c’era tutto questo, e scusate se è poco. La seconda, poi, c’era anche un seme, una germoglio nel ventre di mia moglie, e una cosa che stava montando nella fantasia di qualcuno, pezzi che venivano messi insieme a combinare l’arazzo. Era il 2012. La terza, poi, tutto era pronto. Qualcuno cominciava a gattonare, poco, ma ci provava. Venne fuori una prima edizione di tre giorni di Sponz, una di quelle che a guardarne oggi il sito ti fa quasi tenerezza. Ed era un rincorrersi di emozioni, perché la nostra lei c’era e lui c’era, e stavano andando avanti insieme. Poi vennero le altre edizioni dello Sponz, ma la prima a cui ho partecipato è stata quella dell’anno scorso.

E l’anno scorso venne anche il treno, solo una volta, per qualche giorno, ma anche il treno c’è stato. Una linea abbandonata da anni che muoveva nuovamente i suoi primi passi, come quelli mia seconda bambina che cominciava a seguire le gambe leste della prima. E sul treno sono montato con quella bambina meravigliosa che tre anni prima nemmeno gattonava. Ho le foto di quella nostra traversata, una scena alla Sergio Leone, con i cavalli e i cowboy a rincorrerlo il treno che stava arrivando, e noi che da esso stavamo scendendo quasi fossimo in un film. E quest’anno il treno è tornato, e non solo per lo Sponz Fest, nei giorni finali dell’evento, ma anche per una seconda volta, con altre corse da temersi i prossimi 3, 4 e 5 novembre in occasione della sagra delle castagne di Montella. E anche quest’anno si è aggiunto un altro pezzo, che è questo treno che si rimette in moto anche in autunno, oltre che in estate. Anche quest’anno questa mia terra di adozione mi dice che il treno è una bella cosa, che non bastano gli errori dei potenti a mettere giù una terra talmente bella come questa.

Non occorre molto perché una terra sia vivibile. Serve il treno, come servono le strade per poterci arrivare, per spostare le merci e le persone. Poi serve che in quella terra ci siano delle persone che la abitano, gente che abbia nel cuore un cinema, e un mio bis-nonno acquisito mi potrebbe capire perfettamente. Serve gente, insomma, che desideri cose e che le cose le faccia accadere. Tutti questi movimenti creano economie, mettono in moto la moneta, la domanda e l’offerta, e creano lo sviluppo che diventa poi cosa viva, che consente di viverlo con continuità quel territorio. La provocazione buona dello Sponz Fest sta tutta qui, riportare gente da dove era andata via, ricreare, per qualche giorno, una micro-economia più ampia di quella esistente su quel territorio, far vedere come quel posto potrebbe essere se tutti avessero un cinema nel cuore. E poi, a pochi chilometri da Calitri e dallo Sponz Fest, c’è chi provoca in maniera ancora più forte, e mette delle risorse pubbliche per invitare chi se ne era andato a tornare in via definitiva, a riportare la residenza a Candela, a condizione di avere già un lavoro e un salario di almeno 7.500 euro l’anno. Ed è questa la dimostrazione migliore, insieme a quello dello Sponz Fest, che se tutti questi pezzi vengono messi insieme c’è un treno che aspetta tutte le zone interne dell’Appennino e del sud Italia su cui ognuno di noi dovrebbe provare a montare almeno una volta.

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