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Con Fassino sindaco il Salone del libro sarebbe rimasto a Torino
Il Salone del libro dopo trent’anni si sposta da Torino a Milano, una possibilità che si discute nel mondo dell’editoria da anni. Le motivazioni sono molteplici: Milano è la capitale dell’editoria italiana con il maggior numero di case editrici e addetti ai lavori, al contrario Torino è sempre stata considerata periferica anche da un punto di vista geografico, più difficile da raggiungere anche per gli editori romano centrici. Tutte motivazioni comprensibili soprattutto da parte dei grandi editori che hanno sede nel capoluogo meneghino, e non a caso anche in questa occasione hanno trionfato i gruppi editoriali guidati da Mauri Spagnol e Mondadori.
Fa riflettere la tempistica con cui è stata presa questa decisione. Certo, dopo gli scandali emersi nell’organizzazione che si occupava dell’evento – che hanno portato anche a quattro arresti – e la scorsa edizione organizzata in poco tempo e in un clima di generale sfiducia, ci si aspettava un segnale di discontinuità, ma la scelta di cambiare città fa sorgere qualche dubbio.
Sarò in malafede, ma è un caso che non appena eletto un sindaco del Movimento Cinque Stelle nel giro di poche settimane un evento strategico e storico per la città di Torino come il Salone del libro venga spostato a Milano? È una sconfitta politica per il neosindaco Appendino ma sembra che dietro la decisione ci sia una regia guidata dai poteri forti.
Una decisione politica capeggiata dai grandi editori che, ancora una volta, non hanno ascoltato i pareri delle centinaia di case editrici indipendenti favorevoli a rimanere a Torino. Già qualche giorno fa scrivevamo che per il futuro del Salone non è importante la città ma il modello della manifestazione che non tutela sufficientemente la bibliodiversità.
È da illusi pensare che dietro a una decisione di tale portata per la cultura italiana, nonostante le posizioni del ministro Franceschini, non ci sia il placet del governo soprattutto alla luce della votazione dell’AIE (Associazione italiana editori).
La domanda sorge spontanea: se avesse vinto Fassino il Salone del libro sarebbe rimasto dov’era? Probabilmente, ma non possiamo saperlo con certezza. Si tratta solo di congetture ma le modalità e le tempistiche con cui è stata presa questa decisione danno adito a più di qualche dubbio.
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