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Comincia lunedì lo Sponz Fest, il festival immaginato di Vinicio Capossela

16 Agosto 2019

Mancano pochi giorni all’inizio della nuova edizione dello Sponz Fest. Per descriverne il programma non ci sono parole migliori di quelle del suo direttore artistico Vinicio Capossela, che in un post su Facebook ne ha indicato la strada, quella che si troveranno a percorrere tutti coloro che dal 19 al 25 agosto si vorranno unire alla carovana. A me resta solo una domanda, cos’è oggi lo Sponz Fest? Rispondo con le parole di alcuni degli organizzatori, quelli con cui negli anni passati ha avuto modo di confrontarmi proprio sulla natura di questo evento. Lo Sponz è un festival immaginato, una di quelle cose che fino all’ultimo non sai esattamente che forma avrà, perché la forma ce la mette la gente, tutti quelli che arrivano e salendo dalla valle cominciano a popolare i vicoli di questo paese senza centro. Perché Calitri un centro ce lo ha avuto, prima del terremoto, poi, come tanti altri centri dell’Irpinia, c’è stata la ricostruzione, ma niente è stato più come prima. Però è in posti come questo, come Calitri, e tutti gli altri comuni di questa sesta edizione (Cairano, Lacedonia, Sant’Angelo dei Lombardi, Senerchia e Villamaina) che si può provare a resistere a questa forma di tirannia dilagante dell’età che stiamo vivendo. Allora seguiamo le parole di Vinicio che prendiamo in prestito, rifugiamoci sotto terra e cominciamo a immaginare come sarà il prossimo Sponz Fest.

“Cari tutti in questi giorni di spiagge, urla, selfie e propaganda ad abbassare l’asticella dell’umano, venite a resistere in altura.
Vi invitiamo a passare una settimana al vento, sotto cieli ampi e mobili.
Eccovi il programma:
Dopo una serata di introduzione in Villamaina, tra gli interramenti contemporanei e l’ambizione all’eternità dell’archeologia, iniziamo con la catarsi collettiva di una trenodia, una lamentazione rituale col tingimento al nero delle vesti. Si parte nella notte, accompagnati da una processione a stazioni: una bassa banda arrangiata da Daniele Sepe che rilegge Matteo Salvatore, Sacco e Vanzetti, la Llorona e altri compianti illustrati da un banditore.
E poi all’alba il lamento che viene da Oriente, l’amanes nel rebetiko con due mangas d’eccezione espiantati dai loro “tekes” urbani, Manolis Pappos da Atene e Dimitri Mistakidis da Salonicco. È questo il primo canto di una settimana in cui li avremo ogni notte, a prolungare la notte. La visione del paese vecchio dal Calvario, il sole che sorge da dietro al Vulture ad accendere questo anfiteatro di case e balconi affacciato su una valle di boschi e di grano, aggrappata ad un fiume.
E poi inizia la giornata. Chi vuole frequenta lezioni e laboratori e poi, nel pomeriggio, una caccia al tesoro sotterrato nelle leggende, negli enigmi, nelle apparizioni di un mondo conservato Sottaterra. La sera, tra vicoli disegnati da Escher, un Martedì Grasso. Le tavolate sparse tra i gradini, il piatto costitutivo della comunità preparato da settimane a mano. E poi lo chef Rubio, solleticatore di budella e di coscienze, e, infine, “la morte di Zeza”, la morte di Carnevale con i leggendari ‘E Zezi, il gruppo operaio di Pomigliano, alla presenza di Marcello Colasurdo. E a seguire i musicisti sparsi che suonano tra vicoli e grotte. Il mariachi solitario accompagnato con trombe, il chitarrista manchego, la banda postale.
E fu sera e fu mattina. Di nuovo altri incontri di pensiero, un fisico, un antropologo, un climatologo… E poi la processione a piedi ascendendo al mitologico Paese dei Coppoloni, Cairano, con le sue grotte dalle anfore di vino interrate. È ancora giorno e già udiremo l’orazione civile pronunciata da Elio Germano, e poi il canto, la lamentazione trenodica di Raiz, nientedimeno! Raiz che lamenta in lingue antiche sul tramonto di Cairano, dove gli antichi andavano a cercare i senni dell’intelletto perduto.
Non è ancora sera che nel paese si celebra il mercoledì di cenere, di magro, il baccalà sponzato, preparato in tutti i modi. E poi prendete la sedia, andiamo al cinema in piazza. Goffredo Fofi vi aspetta per fustigarvi e illuminarvi nel pensiero e nella luce del proiettore sul fondale ondeggiante. E poi si potrà ballare mentre le immagini continuano a scorrere con Asso Stefana e la polka western e infine l’apparizione del cow boy solitario più poetico struggente e emozionante che da molti anni il Sud degli Stati Uniti abbia regalato al mondo: Micah P. Hinson. E ancora le grotte, il rebetiko, la llorona e i mariachi.
Al mattino di nuovo pensieri e lavori manuali, poi lo spostamento in un paese sotto un monte, un torrente in un fitto bosco, da vederci le ninfe. Un cammino a stazioni accompagnati dalla chitarra di Victor Herrero. E poi un’arpa, strumento di aedi, che suona il rock, e Elio Germano con le sue Bestie Rare, in un angolo di paese longobardo, Senerchia, Sinus Herculis, il seno di Ercole.
Tornati al paese capofila, al tramonto si ascende al vallone cupo. Venti minuti a piedi accompagnati dal tamburo. Iniziano le pestilenze, debutta l’anfiteatro del lazzaretto. Dentro troverete un mercato di cibi intraterrestri che vi ristorerà. Una cucina ricavata dal sottoterra. Rettiliani ai banchi che vi serviranno tuberi, patate, cucine sotterrate. Un piccolo anfiteatro di balle di fieno dove ascolteremo la versione di Mimmo Lucano, l’ex sindaco di Riace che avviò un modello simbolo.
Con l’imbrunire salirà sul palco il cantore di ‘a Pest. Enzo Avitabile, coi suoi Bottari e la processione delle bestie infuocate in onore di Santauntuono. Si resta nella notte in altura, alternando le musiche.
Il mattino seguente un altro paese, Lacedonia, trasformato in Ade da un gruppo teatrale che lavora con i centri Sprar locali. Nella discesa all’Ade, ancora una trenodia, il tingimento al nero irrituale, e poi Micah P. Hinson che ci porta nel suo Ade personale.
All’imbrunire a Calitri, ascesa al Lazzaretto per una notte di Trap Pest e dannazioni. Una pluralità di voci che mascherano e smascherano. Capitan Morgan, Enzo Savastano , The Andrè, Neri Marcorè, Livio Cori e l’autoproclamato figlio di Satana Young Signorino, tra auto-tune, infingimenti vocali, voci tutte di questo momento pestilenziale della storia, fino al gran finale con Almamegretta. FATTALLA’! La notte può bruciare ancora sotto le alte stelle del vallone.
La mattina del sabato i paesi dello Sponz saranno capitali della cultura. Al pomeriggio partirà la processione, all’ora del vespro. Attraverseranno il paese un centinaio di prefiche raccolte tra i presenti che avranno voglia di piangere ritualmente il mondo. A passo lento rotolandosi contro i muri, cantando. Il gesto e la lingua. Di stazione in stazione fino al camposanto. Di nuovo la bassa banda processionale nell’ascesa al Lazzaretto e poi la notte del sabato, un concerto per “uomini e pesti” a cui prendono parte tutti gli ospiti della settimana.
Se qualcosa resta di noi, sarà per il banchetto funebre, la litania pronunciata da una grande acabadora: Michela Murgia, per piangere anche la fine di questo festival.
La sera in altro paese, Sant’Angelo, sotto a un magnifico castello una serata da ballo con la storica banda della Posta.
Un programma come vedete molto al di sopra delle nostre possibilità, tanto economiche quanto fisiche. In tutto questo potrete trovare vini naturali, cibi intraterrestri, acqua libera e un mondo senza plastica. Ci stiamo indebitando per voi, approfittatene. Per come vanno le cose non è detto che ci sarà un’altra occasione”.

PER I CONCERTI CHE SI TERRANNO A CALITRI PRESSO VALLONE CUPO IL 22-23-24 SONO ATTIVE LE PREVENDITE  https://bit.ly/2Svt5V1

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