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Comacchio delle “corrispondenze naturali”, festival d’arte e paesaggio

10 Giugno 2024

C’è una terra che non è stata ancora ben degustata nelle sue pantagrueliche proposte artistiche. Non ancora quanto merita. Penso alla cittadina di Comacchio, alle valli che la cingono e aprono uno specchio d’acqua immenso nella pianura padana tra Ravenna e le campagne ferraresi; Comacchio per me è stata la gioia delle prime fughe dalla regola, quanto segue è mosso da un personale entusiasmo affettivo, un quasiamore per la cittadina.

 

Parliamo di una terra liquida e salmastra, di confini e di argini sfuggenti: Comacchio,  cittadina di antiche origini e conservate tradizioni, ceduta spesso alla retorica da cartolina di piccola Venezia, quando invece – lo vediamo dal vivo – è una grande e unica Comacchio, defilata tra le sue acque, discreta e ironica nel suo manifestarsi austera e colorata, un suolo prolifico che genera arte. Chi arriva qui compie un viaggio esotico rispetto ai soliti weekend gastronomici, in un luogo che sconfina nel mare, le valli e in distese di campi coltivati fino ai rami del Po’ di Volano, e chiude tra i suoi canali un’aria fiabesca di osterie e piccoli artigiani, ma anche antichi magazzini, vestigia poetiche e marinare.

Alimentati da profonde radici esperte di una terra frammista a torba e fossili marini, qui sono nati e cresciuti innumerevoli artisti, qualcuno ha scelto di viverci lasciando le propria città come fece il pittore Remo Brindisi che volle proprio a pochi passi dall’arenile in fondo a Lido di Spina una sua dimora estiva, che poi divenne casa permanente e oggi è casa-museo a lui dedicata. Quello che si percepisce passando qualche tempo in questa cittadina che mescola folclore carnevalesco a conservazione di un fasto antico, è un clima di follia creativa, da cinema alla Kusturica con una banda di paese dove uno dei tanti personaggi che calcano le vie del centro potrebbe suonare un grosso guscio di conchiglia senza esitazione. Siamo in uno spazio d’arte animato da pittori e ceramisti, musicisti e teatranti; in una terra di pescatori poeti e chiromanti, di pedalatori e di amanti, divoratori di anguilla e runner ottuagenari. E c’è una vitalità interiore ben portata all’esterno, generosamente, che combina un piglio di audacia e di coraggio con la malinconia resistente di alcuni ruderi che imperiosi svettano girato l’angolo di una strada; si avverte un senso comune di appartenenza che raramente nutre i territori limitrofi come la semper felix Romagna, di là dal Reno.

Comacchio terra di mezzo e di conquista, dalla storia antica che parte dagli etruschi e include Garibaldi e poi la Resistenza; storia gloriosa e tragica che ancora risuona sotto a i ponti vocianti, di riflessi e di brezze orientali; qui terra paesaggio e arte si richiamano l’un l’altra, quasi in ancestrale fusione, una “corrispondenza naturale”  – come recita l’evento di cui si parlerà – che oscuramente prorompe dagli strati profondi del sottosuolo.

L’amalgama di storia arte e tradizione ha generato negli ultimi trent’anni innumerevoli  eventi artistici dentro un territorio per molti aspetti ignorato dai circuiti culturali nazionali fino agli anni ’90. Oggi ha inizio un festival ormai storico, Spinafestival , che quest’anno si unisce – dopo un primo connubio nel 2021 – agli artisti voluti da Manufactory –  realtà artistica più giovane sempre comacchiese –  per una settimana di proposte di diversa estrazione e locazione che incroceranno i luoghi urbani a quelli naturistici, l’arte visiva alla ceramica, il cinema al teatro sperimentale, l’elettroacustica a performance sartoriali dal vivo; poi laboratori di serigrafia, una pedalata artistica tra natura selvatica e street art, scultura, improvvisazioni ambulanti e tanto altro ancora. Silvano Voltolina – storico attore della Societas Raffaello Sanzio nativo del luogo – è direttore artistico di Spinafestival, Riccardo Buonafede, giovane comacchiese appassionato di fotografia e arte urbana dirige invece i lavori di Mafactury;  assieme danno il via oggi a un festival eccezionale all’interno di luoghi sacri alla città: la casa Museo Remo Brindisi, la Manifattura dei marinati, il Museo delle valli, la Sala Aceti tra i luoghi istituzionali; la vecchia Torretta Enel, il Piazzale dei caduti per la Pace tra i luoghi del quotidiano, oltre alle stesse strade di Comacchio, museo a cielo aperto che disvela murales e graffiti impressi da artisti passati da qui a inizio anni  2000 e rimasti poi legati alla città: tra i tanti ricordiamo Ericalilcane e Blu, street-artist che hanno lasciato su diverse pareti di Comacchio tracce del loro passaggio, come lungo le mura dietro le case popolari di Via Spina, sui cilindri in cemento del vecchio depuratore, e ancora sul lungocanale che separa il centro dalle acque di valle, dove in caratteri cubitali le parole “Tie une meravie” nell’inconfondibile idioma comacchiese scritto da un collettivo di Chicago, gridano al forestiero “Sei una meraviglia.

Una meraviglia sì, questa comunità che unisce artisti diversi e assortiti a una cittadinanza altrettanto variegata, che partecipa unita sia da spettatrice che da volontaria in ogni forma, sostenuta da amministrazioni che nel tempo e nelle diverse compagini si sono dimostrate sempre attente a un’arte che fosse il più possibile partecipata dalla gente.

 

Organizzato da Spazio Marconi e Manifactury Project  col patrocinio del Comune di Comacchio e del Parco del delta del Po’ Emilia Romagna, seguito per gli amanti delle due ruote da Comacchio Experience, Spinafestival ci accompagnerà fino a sabato 15 giugno, ovunque a ingresso gratuito, donandoci opere di artisti di levatura internazionale come il regista Romeo Castellucci, i musicisti Bruno Chevillon, Roberto Paci Dalò; di artisti locali tra cui Riccardo Buonafede, Manuela Luciani, Silvano Voltolina, artisti multimediali di grande impegno civile e ecologista nati dalla street art come CYOP&KAF, DEM e HITNES; gruppi di musica crossover tra i generi, ellettroacustiche dall’uso sensibile e creativo del digitale: Lavorazione Carni Rosse, Muvic e Raapta; e ancora artisti visivi e designers: Imperfetto Lab, Valentina Monari, Francesco Bocchini, Human Alien Studio. Infine un esperimento musicale di epilogo : Spina Effimera Orchestra, ensemble nato dall’incontro degli stessi musicisti invitati per un festoso concerto conclusivo attorno alla fisarmonica e all’organo portativo di Roberto Lucanero.

 

 

Al seguito degli artisti ufficiali, siamo certi della comparsa imprevedibile di performer, videomaker, fotografi, paesaggisti, poeti clandestini, a popolare di presenze e di mistero gli spazi abitati dal festival assieme ai cittadini tutti, spesso coinvolti in improvvisazioni di stampo situazionista, laboratori dinamici e cabaret notturni.

Stando alle parole dei direttori di questo ritrovato connubio , l’intenzione è di reinventare la cittadina e le sue zone vallive attraverso la vasta presenza e lo sguardo di un’accurata scelta di artisti che si sono rivelati in sintonia (in corrispondenza all’ispirazione originaria) per la potenza ed il coraggio del loro lavoro nel vasto ambito delle arti visive, della land e street art, della danza, della musica acustica ed elettronica, del teatro, del cinema documentario, della scultura, della pittura, del design e della poesia; tutti gli artisti invitati tratteranno di questioni ecologiche e paesaggistiche attraverso personali visioni di forte originalità e prezioso valore emotivo; tutta la loro arte è stata come attratta, richiamata da un comune sentire con l’anima del festival, che alla sua prima edizione si chiamò infatti “Forza d’attrazione”.

 

 

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