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Biennale: tutto su Teatro, Musica e Danza
VENEZIA – É ricca, esuberante, spettacolare, contemporanea, creativa e di dimensione internazionale come è e deve essere. É la nuova edizione della Biennale delle arti performative, teatro, danza e musica, che si tiene questo anno nella città lagunare dall’ultimo giorno di maggio ad ottobre avanzato con un programma allettante di eventi da non perdere in ogni suo ramo. Attenta a ricostruire le trame di grande parte della sperimentazione scenica quella del Teatro, dallo spirito decisamente avantgarde e di ricerca, quello della Danza a quello sintonizzato con le nuove frontiere della ricerca l’altro della Musica. I direttori di questa edizione, ha precisato il direttore generale Pietrangelo Buttafuoco, “Wayne Mc Gregor, Caterina Barbieri e Willem Dafoe sono tre grandi artisti, di generazioni, provenienze, esperienze diverse. Ma anche tre raffinati pensatori, in grado di veicolare e mettere a servizio di una istituzione culturale la loro visione, leggendo con intuizione e originalità la scena artistica di cui essi stessi fanno parte, e questo con i medesimi occhi, cuore, cervello che usano per fabbricare coreografie, partiture musicali, drammaturgie”.
E’ quindi da questo particolare intreccio tra direzione e arte che prende le mosse la Biennale di quest’anno. Manifestazione d’altro canto fedele alla forte vocazione alla contemporaneità e all’apertura internazionale, da sempre punti di riferimento di questo tipo di rassegna. Da qui i tre direttori hanno “delineato programmi capaci di imprimere un ulteriore salto, ampliando gli
orizzonti: dall’internazionale all’universale, dal contemporaneo a una proiezione verso il futuro”. In quei progetti, ha concluso Buttafuoco, “ricchi di stratificazioni concettuali e spunti innovativi, si coglie chiaramente la volontà di espandere categorie e ridefinire paradigmi, trasformando la fruizione artistica in un’esperienza di esplorazione intellettuale”.
E veniamo alla prima rassegna in ordine di tempo, quella del Teatro alla sua edizione numero 53. Inutile dire che anche al di là della rassegna stessa il suo direttore artistico è la star vera della Biennale: Willem Dafoe. L’attore americano, conosciuto al grande pubblico come interprete di pellicole famose – una delle ultime è “Povere creature” con Emma Stone, premiato con il Leone d’Oro a Venezia nel 2023 – ma con un prestigioso curriculum teatrale nella migliore sperimentazione americana. E’ tra i fondatori del Wooster Group a New York nel 1977. Ma in seguito collabora anche con autentiche icone dell’avanguardia come Bob Wilson e Richard Foreman. E più recentemente, in Italia (dove ha preso la cittadinanza ) con Romeo Castellucci. Una esperienza che lo ha formato, donando gli strumenti giusti per una carriera straordinaria. Dafoe ha il dono di una comunicazione diretta ed essenziale e, nel corso della presentazione della Biennale, è andato subito al sodo rivendicando il fatto che il programma di questo anno sarà “personale” anche per riflettere sul peso del teatro nella sua storia professionale.
Dafoe : “Ho deciso espressamente di non andare a cercare spettacoli da presentare, ma piuttosto di esprimere quello che so. Ho voluto invitare persone con cui ho lavorato, che ho ammirato e di cui ho apprezzato il lavoro. Ci sono anche alcuni artisti che mi sono stati insegnati in modo metodico e che non conoscevo, ma fondamentalmente il mio impulso è quello di presentare opere che esprimano la potenza del teatro”. Il percorso è quello del corpo, la poesia e il rituale. Il corpo come “cuore pulsante del teatro”. Per quanto riguarda la poesia, da intendere in senso lato. “Il teatro -precisa Dafoe – può creare un sentimento, un senso al di là della logica o della psicologia che va dritto al cuore, sfida la realtà che abbiamo scelto e libera la nostra immaginazione”. Infine il rituaòle come “specchio astratto per vedere noi stessi e la nostra comunità. Il rituale non è solo la genesi del teatro, ma anche il suo potere curativo”.
Dafoe mette poi a fuoco il campo d’azione. Quello privilegiato è rintracciare il filo che unisce la Biennale del 1975, diretta allora da Luca Ronconi, alla attuale contemporaneità teatrale. Il festival rende quindi omaggio ai protagonisti e i maestri di questa memorabile stagione. Iniziando da Eugenio Barba e Julia Varley del grande Odin Teatret che a Venezia presenteranno “Le nuvole di Amleto”. Thomas Richards (per trent’anni con il Workcenter Grotowski) con la sua compagnia Theatre no Theatre mette in scena “Inanna”. Richard Schechner, importante riferimento teorico e pratico della scena americana sarà invece protagonista di una lectio magistralis; Satyamo Hernandez, Chris Torch, Toby Marshall dal Living Theatre, Giorgio Sangati e Sandra Toffolatti, già assistente e attrice di Luca Ronconi, oltre a Eugenio Barba e Thomas Richards,Willem Dafoe e Andrea Porcheddu, storico e saggista di teatro sono i protagonisti di un incontro dedicato proprio a quell’età d’oro del teatro. Willem Dafoe con Simonetta Solder in “No Title” renderà omaggio al grande Richard Foreman, poeta e regista scomparso di recente. Prima europea per il Wooster Group diretto da Elizabeth LeComte, Leone d’oro per il teatro e Spalding Gray gruppo di New York, di “Symphony of Rats” di Foreman.
Willem Dafoe – che ha voluto ringraziare chi lo ha materialmente aiutato e sostenuto nel costruire il programma, Valentina Alferj e Andrea Porcheddu – ha poi elencato le figure dei maestri che ha voluto richiamare in Laguna accanto alle giovani promesse. A cominciare da Romeo Castellucci con un’opera “site specific (“I mangiatori di patate”), Thomas Ostermeier in prima nazionale con “Changes” di Maja Zade. Non mancherà Milo Rau con il nuovo lavoro “Die Scherin”e naturalmente Ursina Lardi, Leone d’argento per il teatro. Citazione “doc” per Davide Iodice e il suo irrituale “Pinocchio” che Dafoe ha visto a Napoli commuovendosi. A questi si aggiungono: la clown Gardi Hutter, l’importante presenza dell’Istanbul Historical Turkish Music Ensemble, i dervisci, che attraverso la musica e il roteare del corpo-santo creano lo spazio per raggiungere il divino.
Infine il poeta americano Bob Holman, erede della Beat Generation, maestro della scena spoken word di New York. A Venezia sarà protagonista di una street performance, “We are the Dinosaur”, all’insegna del “potere del suono e della magia del senso annidato nel suono” in collaborazione con il collettivo Industria Indipendente. Tra gli emergenti da segnalare Princess Bangura, Anthony Nikolchev e Yana Eva Thonnes. Ricco di eventi anche il Biennale College, il progetto che sostiene i nuovi talenti. Per la regia: Mariasole Brusa, autrice e regista di “Golem-e fango è il mondo” in prima assoluta; e i vincitori del bando Drammaturgia, Jacopo Giacomoni e Athos Mion.
In questo contesto trova espressione il progetto del regista Antonio Latella con l’Accademia d’Arte Drammatica Silvio d’Amico di Roma, che sarà a Venezia in una nuova collaborazione tra istituzioni formative. Latella cura il progetto www.wordworldwar.bomb, una serie di saggi-spettacolo degli allievi del secondo anno attori dell’Accademia, affidati alle regie di Thom Luz, Sebastian Nübling e Jackie Poloni, Natalie Beasse, Alessio Maria Romano.
Laboratori saranno tenuti da Eugenio Barba e Julia Varley, Richard Schechner; Thomas Richards, Giorgio Sangati e Sandra Toffolatti, Yana Eva Thönnes, Princess Bangura, Romeo Castellucci, Gardi Hutter. Laboratorio davvero particolare quello condotto da Davide Iodice che si apre al confronto con territori del disagio umano e urbano, in un percorso che approderà a una nuova creazione nel 2026.
A questi si aggiungono il tradizionale workshop di critica teatrale, affidato alla studiosa e critica Roberta Ferraresi, il progetto “Scrivere in residenza” dell’Asac, l’Archivio Storico della Biennale, affidato alla critica e studiosa Katia Ippaso; conversazioni e incontri con gli artisti e le artiste, guidati dai giornalisti e critici Maddalena Giovannelli e Lorenzo Pavolini. Domenica 15 giugno cala il sipario con il concerto della musicista sarda Daniela Pes, “Spira”.
DANZA
Guarda ai miti, il coreografo Wayne McGregor, direttore artistico del settore Danza Biennale (dal 17 luglio al due agosto) che all’insegna del moto “Myth Makers”.
“I miti hanno svolto un ruolo cruciale nel corso della storia – dice McGregor introducendo il tema- fornendo un quadro di riferimento per comprendere l’esistenza, la moralità e il cosmo. Ci aiutano a esprimere le nostre paure, le nostre aspirazioni e i misteri della vita. Man mano che le società si evolvono, si evolvono anche i loro miti. In tempi di disordini o di transizione, quando le convinzioni e le strutture tradizionali iniziano a crollare, l’umanità spesso cerca nuove narrazioni per far fronte all’incertezza e ispirare speranza. Questi nuovi miti possono emergere da varie fonti: scienza, filosofia, esperienze collettive condivise tra le comunità e, soprattutto, dal vibrante campo dell’arte”.
“Attraverso la loro inspiegabile ricerca creativa -prosegue- gli artisti sono sempre stati i “creatori di miti” del proprio tempo, ed è attraverso la loro eredità che ci addentriamo nelle profondità del loro/nostro io interiore, articolando verità universali che risuonano attraverso i tempi e le culture”.
L’edizione numero 19 del festival di Danza contemporanea presenterà 8 prime mondiali, 7 europee, 5 italiane. Oltre 160 gli artisti coinvolti per 75 aperture al pubblico nell’arco di 17 giorni.
Quest’anno i due vincitori dei bandi nazionale e internazionale per nuove coreografie sono Bullyache, il duo composto da Courtney Garratt e Jacob Samuel, con “A Good Man is Hard to Find”, e il Nuovo Balletto di Toscana con “Sisifo felice” del neo direttore artistico Philippe Kratz, che lo firma insieme al coreografo Pablo Girolami. Per Biennale College 16 danzatori e 2 coreografi sarannoimpegnati a preparare I loro lavori che vedranno l’esito finale al centro del festival. Due i focus prescelti. Il primo è un progetto site specific senza precedenti, “The Herds”, un atto di arte pubblica e di azione per il clima su vasta scala per sollevare l’attenzione del mondo intero. Da aprile ad agosto 2025, mandrie di animali a grandezza naturale invaderanno i centri urbani – da Kinshasa alla Norvegia– per simboleggiare la loro fuga dal disastro climatico che ha distrutto il loro habitat.
Il secondo focus ha al centro Sasha Waltz. I giovani artisti del College lavoreranno con Waltz e il suo team allo studio e al riallestimento di “In C “di Terry Riley.
Anche quest’anno, la Biennale Danza co-commissiona, coproduce e presenta i nuovi lavori dei coreografi premiati con il Leone d’argento nelle edizioni precedenti. Per il 2025 è la volta di Tao Ye e Duan Ni che presenteranno in prima europea la danza pura di “16 e 17”, due nuovi lavori che continuano la “Serie numerica”, il loro codice espressivo e anche un sigillo.
Alcuni fra i nomi di punta della coreografia internazionale saranno a Venezia. A cominciare da Marcos Morau con il suo collettivo pluridisciplinare La Veronal e presenterà in prima assoluta “La Mort i la Primavera”, ispirato al mito universale della morte e della rinascita e all’opera postuma di Mercè Rodoreda.
Tânia Carvalho, fra le nuove voci della danza portoghese affermate a livello internazionale, riserverà alla Biennale Danza un assolo in prima assoluta, “Ventre do Vulcão”.
Del collettivo Kor’sia, fondato a Madrid dai danzatori e coreografi Antonio de Rosa e Mattia Russo la Biennale Danza presenta in prima italiana “Simulacro”, subito dopo il debutto a Madrid.
Sarà in prima per l’Italia anche “Friends of Forsythe”, che vede William Forsythe in collaborazione con Rauf “RubberLegz” Yasit, Lex Ishimoto, Riley Watts, Brigel Gjoka, and the JA Collective (Aidan Carberry & Jordan Johnson).
Il Festival presenterà, poi un viaggio nella spiritualità sufi con la Akash Odedra Company e il suo “Songs of the bulbul”. Akasha Odedra, formato agli stili della danza classica indiana kathak e bharatanatyam, è diretto dalla coreografa Rani Khanam.
Yoann Bourgeois, coreografo e artista che ha fatto dell’arte della caduta un elemento coreografico, fondendo danza e acrobatica, presenta il suo nuovo lavoro nato in tandem col cantautore canadese Patrick Watson. Virginie Brunelle, violinista e poi coreografa, presenta “Fables”, tre tableaux incarnati dai dieci danzatori della sua compagnia insieme al pianista Laurier Rajotte. “Fables” punta i riflettori sui prodromi della liberazione delle donne che rappresentò quella straordinaria esperienza.
Il Festival sarà ancora una volta palcoscenico delle esperienze più sperimentali tra danza, arte e tecnologia. “On the Other Earth” che debutta in prima assoluta e resterà visibile per tutta la durata del Festival, è una coproduzione della Biennale di Venezia con Studio Wayne McGregor, Hong Kong Ballet e Future Cinema Systems e vede lo stesso Wayne McGregor al fianco dell’artista Jeffrey Shaw, del film-maker Ravi Deepres e dell’artista delle luci Theresa Baumgartner. Anche Chunky Move, compagnia australiana diretta da Antony Hamilton, ha fatto conoscere la magia degli algoritmi con spettacoli in perfetta alchimia tra performance, arte visiva, sound elettronico, installazione. A Venezia presenta in prima europea “United” ambientato in un’era digitale post industriale, con sei straordinari danzatori-cyborg, armati di esoscheletri robotizzati. La leggendaria coreografa e danzatrice americana Twyla Tharp è il Leone d’oro alla carriera apre il Festival con l’energia magnetica delle sue coreografie:“Slacktide”, novità assoluta, presentata accanto alla celebre coreografia del 1998, “Diabelli”. Un dittico per celebrare i sessant’anni di attività con la sua compagnia, la Twyla Tharp Dance nel Diamond Jubilee Tour.
Esponente di punta della scena sperimentale sudamericana, Carolina Bianchi, Leone d’argento, si inserisce nel solco della performance art femminile nelle sue esperienze più estreme e con forti risvolti politici e sociali. Al Festival, Carolina Bianchi presenterà in prima italiana il secondo capitolo della trilogia “Cadela Força: The Brotherhood”, un lavoro incentrato sulla mascolinità e lo sguardo maschile.
MUSICA
E’ probabilmente la rassegna più aperta alla ricerca contemporanea quella pensata e diretta dalla giovane direttrice Caterina Barbieri che ha titolato l’edizione numero 69 della Biennale Musica, dall’11 al 25 ottobre “La stella dentro”. Un’immagine simbolica che richiama “il desiderio di cose grandi, di vastità. Vibrazione che permea il cosmo e ci attraversa con meraviglia, dalla molecola al moto planetario, il suono trasporta fuori dai confini dell’ego e apre all’incontro con l’altro – l’ignoto”.
Obiettivo privilegiato di questo festival, quello di ascoltare la “musica cosmica”: “Con questa definizione poetica -afferma Caterina Barbieri -, non si fa riferimento a uno specifico stile o una tradizione musicale quanto piuttosto al potere generativo della musica di creare nuovi mondi, oltre rigide definizioni di genere o affiliazione storica… Nell’estasi dell’ascolto, anche le nozioni di tempo e spazio si dissolvono: la musica ci insegna molto sulla relatività e i limiti della percezione umana. In questo, è simile a Venezia e alla sua vocazione alla mutevolezza: i giochi di riflessi, le fughe prospettiche, il movimento perpetuo di acqua e luce che dissolve i confini e apre allo spazio del molteplice e dell’infinito”.
Le radici di questa edizione stanno nel minimalismo e nella musica elettronica con incursioni nella musica antica, contemporanea, folk, drone music, techno e afrofuturismo. “Una programmazione per risonanza – dice la direttrice – per restituire uno sguardo sul contemporaneo il più vivo e fluido possibile rappresentando la musica del presente nella sua ricchezza, diversità, inclusività”.
Ecco alcuni progetti della rassegna ancora in progress.
Un corteo musicale d’acqua dell’artista multidisciplinare e musicista di origine boliviana Chuquimamani-Condori sarà l’evento di apertura del Festival, per “celebrare e restituire al suono il suo valore di rito collettivo”. Una processione musicale di barchini attraverserà i canali di Venezia e culminerà in un concerto live di Los Thuthanaka , il duo con Chuquimamani- Condori e il fratello Joshua Chuquimia Crampton davanti al bacino delle Gaggiandre all’Arsenale.
Un’altra commissione della Biennale Musica che dialoga con la presenza dell’acqua è il nuovo monumentale lavoro del compositore americano d’avanguardia William Basinski, che re-immagina i tape loops di “Garden of Brokeness” per più pianoforti a coda, percussioni e motori di vaporetto in prima mondiale a Venezia. E ancora: “Resonant Vessel” del sound artist giapponese Yosuke Fujita, alias FujiIIIIIIIIIIIta, è un’opera site-specific che esplora il potere generativo del suono e dell’acqua creando un organo personale a undici canne che dialoga con un sistema di contenitori d’acqua. Prima europea per “The Expanding Universe”, opera seminale concepita tra il 1974 e il 1977 di Laurie Spiegel, antesignana della sperimentazione elettronica ai suoi albori analogici. Un’altra pioniera dell’elettronica nell’era analogica è l’italo-americana Suzanne Ciani, che al Festival sarà in collaborazione con Actress.
Si assisterà alla rara apparizione del Kamigaku Ensemble, originariamente fondato da Catherine Christer Hennix, che in occasione del festival si riunisce per una speciale performance site-specific in omaggio alla compositrice svedese scomparsa alla fine del 2023.
Il polistrumentista e compositore tedesco Moritz Von Oswald presenterà in prima italiana “Silencio” un progetto in collaborazione con un coro di 16 voci che sfida ed espande i confini della musica elettronica e delle tradizioni della musica corale.
Dal minimalismo storico ad alcune delle voci più singolari della musica contemporanea come la compositrice e organista svedese Ellen Arkbro, già membro dell’ensemble Kamigaku fondato da Catherine Christer Hennix, in una nuova composizione, commissionata dal Festival, per tre viole da gamba. Un’altra artista che esplora la fusione tra strumentazione acustica e sintesi elettronica è l’italiana Agnese Menguzzato, con una formazione in violino e liuto rinascimentale, che a Venezia presenterà un nuovo lavoro per chitarra a otto corde ed elettronica intitolato “Undici”.
Maxime Denuc mostrerà “Elevations” in prima italiana, un’installazione che incorpora l’ispirazione dell’estetica dub techno con il suono effimero e fragile di un organo controllato via midi dal computer. “Into the Blue” è la performance in prima assoluta, in apertura di Festival, del sassofonista norvegese Bendik Giske. Voce singolare nel mondo della percussione contemporanea, Enrico Malatesta esplora la fisicità del suono attraverso un approccio al tempo stesso minimale e radicale. Presenterà in prima mondiale la composizione “Solo VI” del compositore e organista tedesco Jakob Ullmann per percussioni e dispositivi di riproduzione audio; e “Occam XXVI” (2018) che la pioniera francese di musica elettronica e drone music Éliane Radigue ha scritto appositamente per Enrico Malatesta.
“Peacock Dreams “è il titolo del concerto che vede in scena il poeta, rapper, compositore, vocalist egiziano Abdullah Miniawy, i cui versi risuonano in tutto il Medio Oriente, con i trombonisti Jules Boittin e Robinson Khoury. Punto di riferimento nella musicale elettronica sperimentale e noto per il suo lavoro legato alla scala microtonale Colundi, Perälä ha costruito un proprio universo sonoro in continua espansione fatto di suoni digitali ispirati a strumenti ed elementi naturali. A Venezia, Perälä presenterà un concerto musicale site-specific in quadrifonia per il Teatro alle Tese, in collaborazione con Melissa Briand-Speirs. Figura pionieristica della glitch music, Christian Fennesz, presenterà una versione espansa concepita per la Biennale Musica del suo lavoro “Venice”.
Il duo drone metal di culto Sunn O))), formato da Stephen O’Malley e Greg Anderson, sarà a Venezia con un set studiato per la Biennale Musica. L’ensemble vocale Grandelavoix guidato da Björn Schmelzer, con “Epitaphs of Afterwardness“ porta al Festival il suo approccio trasformativo alla musica antica. Per la Biennale Musica presenteranno un programma in cui la “Messe de Notre Dame”di Guillaume de Machaut, dialoga con i grandi rivoluzionari del XX secolo – György Kurtág, György Ligeti, Iannis Xenakis. FontanaMIX Ensemble propone un repertorio di musiche di Giacinto Scelsi e Vahid Hosseini.
Sperimentazioni afrofuturiste e forme di avanguardia elettronica di matrice nera attraversano il Festival con il teorico, musicista, critico culturale, DeForrest Brown Jr. che presenta in prima italiana il progetto elettronico Speaker Music.
La musicista e artista belga-congolese Nkisi (alias Melika Ngombe Kolongo) a Venezia riserva in prima mondiale l’ultima evoluzione della sua ricerca nell’ambito dell’archeologia sonora etnografica.
Figura chiave della seconda ondata techno di Detroit, dove è nato e cresciuto e tuttora vive, Carl Craig, porta il suo suono visionario al Festival con un DJ set che incarna la ricca eredità di afrofuturismo e innovazione sonora della città. La violoncellista e cantante guatemalteca Mabe Fratti, presenta una performance site-specific in collaborazione con l’artista venezuelano I. la Católica e il batterista messicano Gibrán Andrade.
Una prima mondiale nella serata di apertura è “Traveling Light” di Rafael Toral, una nuova opera che approfondisce la sua esplorazione delle armonie jazz attraverso le possibilità espressive della chitarra in dialogo con il clarinettista José Bruno Parrinha, il sassofonista Rodrigo Amado, il flicornista Yaw Tembe e la flautista Clara Saleiro. Mentre per la serata di chiusura del festival, Ecco2k presenta a Venezia un set esteso e immersivo al confine tra performance e dj set.
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