Costume
Il “2 giugno” al nord: ecco come i norvegesi festeggiano la loro Costituzione
scritto da Gabriele Catania e Benedicte Meydel.
Si può essere una democrazia che funziona, e celebrare in modo inclusivo e non-retorico il proprio paese e la propria costituzione? Sembra che in Norvegia ci riescano. Ogni 17 maggio, nel regno nordico, si festeggia il Norges grunnlovsdag, il Giorno della costituzione. Celebra la costituzione norvegese, una delle più antiche dell’Occidente. Fu firmata il 17 maggio 1814 dall’Assemblea costituente norvegese, poco dopo il collasso dell’impero napoleonico, quando tutti nel paese si aspettavano di ottenere l’indipendenza dalla Danimarca, alleata di Napoleone dopo il bombardamento britannico di Copenaghen, nel 1807. Alla fine, invece, ci volle quasi un altro secolo perché la Norvegia diventasse uno stato indipendente…
In questo paese giovane, intriso di patriottismo, dove nei giardinetti di parecchie case sventola la bandiera nazionale, il 17 maggio è una ricorrenza sentita. In grado di unire la vastissima maggioranza della popolazione, e la politica. Tant’è vero che i norvegesi lo hanno cercato di festeggiare pure quest’anno, nonostante le precauzioni contro il Covid-19.
«La firma della costituzione norvegese nel 1814 non condusse all’indipendenza – ricorda Thomas Hylland Eriksen, professore di antropologia dell’Università di Oslo, ed esperto di temi quali l’identità e il nazionalismo –. Ci fu un breve periodo tra la primavera e l’estate del 1814 quando sembrò che la Norvegia dovesse diventare un paese indipendente dopo essere stata per secoli una provincia danese, ma presto fu chiaro che la Norvegia sarebbe invece stata il socio di minoranza di un’unione con la Svezia, in parte come compensazione della perdita svedese della Finlandia, a vantaggio della Russia».
E così la costituzione del 1814, «benché ratificata dal parlamento norvegese, che rimase per molti aspetti autonomo, non portò all’indipendenza. La data e l’evento divennero un simbolo, per i norvegesi nazionalisti radicali, della resistenza e opposizione alla dominazione svedese». Per tutto il XIX secolo le parate e le celebrazioni del Giorno della costituzione mantennero il loro forte tono anti-svedese. Lo persero solo quando l’unione con la Svezia si dissolse, nel 1905. Aggiunge Eriksen: «Negli anni Trenta il 17 maggio divenne controverso. Veniva visto dai militanti socialisti come un evento borghese. I lavoratori che lo festeggiavano venivano visti come traditori di classe. In molte parti del paese chi aveva partecipato alla parata del 1° maggio non partecipava a quella del 17 maggio».
Le cose cambiarono soltanto dopo la Seconda Guerra Mondiale, nei lunghi anni di governo laburista. In quel periodo, spiega Eriksen, «le celebrazioni del 17 maggio assunsero la loro forma attuale, con le parate dei bambini, le bande di ottoni, le festicciole in giardino e così via. Le celebrazioni di oggi sono quasi un calco del rituale che prese forma nell’immediato dopoguerra. Durante l’occupazione tedesca, dal 1940 al 1945, il 17 maggio fu vietato, e questo contribuisce molto a spiegare la sua estrema popolarità in seguito».
Gente negli abiti tradizionali (bunad) che marcia per la strada, esultando e sventolando le onnipresenti bandierine nazionali; parate di bambini, amatissime in un paese poco militarista; abbondantissime colazioni con amici e parenti; Karl Johans gate (la maggior strada di Oslo) straripante di cittadini. È questo, da decenni, il 17 maggio.
«Ciò che caratterizza il Giorno della costituzione come pubblico rituale è la sua estrema visibilità. Più del 90% della popolazione dice di festeggiarlo, in un modo o nell’altro, e gran parte degli eventi avvengono in luoghi pubblici, come piazze, strade, cortili di scuole, cimiteri – nota l’antropologo – Naturalmente abbiamo altri importanti rituali, ma non della stessa scala o con lo stesso fardello di valenza simbolica».
Eriksen osserva come sia il suo carattere pubblico e aperto a rendere speciale il 17 maggio. «Si tiene all’aperto. Si sa, la Norvegia ha un clima freddo, a differenza dell’Italia, dunque noi passiamo gran parte dell’anno in spazi chiusi. Non abbiamo piazze dove possiamo incontrarci per bere qualcosa, noi viviamo dietro porte chiuse gran parte del tempo. Per questa ragione il 17 maggio, che per fortuna si tiene in un periodo dell’anno in cui il paese si è di nuovo colorato verde, e fa spesso caldo, è un evento speciale».
Per Lise Widding Isaksen, professoressa del dipartimento di sociologia dell’Università di Bergen, il 17 maggio è «una celebrazione della nostra (giovane) democrazia. La celebrazione si focalizza sui bambini, ed è conosciuta come il “giorno dei bambini” dato che tutte le città e i villaggi norvegesi organizzano parate per i bambini delle scuole a mezzogiorno. Tutte le scuole hanno la loro banda, che marcia alla testa della parata, eseguendo l’inno nazionale e canzoni».
E, in molti centri del paese, nel pomeriggio si tengono «le parate dei cittadini, a cui partecipato ogni tipo di organizzazione di volontari e i club, le associazioni, le università, i cori, i gruppi studenteschi e i sindacati». Dopo le parate dei più piccoli è consuetudine che le famiglie li raggiungano nelle loro scuole, che «sono aperte e organizzano piccole competizioni, recite e attività culturali, e si servono cibi caldi e freddi. Le associazioni locali di genitori e insegnanti organizzano un dugnad: tutte le famiglie portano del cibo al tavolo del buffet, come un dolce, una zuppa, insalate e così via. In alcune città ci sono i fuochi d’artificio a mezzanotte».
È senz’altro un rituale in grado di unire i norvegesi, il 17 maggio. Principalmente, spiega la sociologa, perché «la celebrazione è organizzata dalle scuole locali e ha le sue radici nelle comunità locali. Le scuole sono un’importante arena per l’integrazione sociale e culturale». Per esempio, «per molti genitori migranti partecipare all’organizzazione delle attività locali del 17 maggio è un’importante opportunità di partecipazione in condizioni di parità con gli altri».
Del resto il Norges grunnlovsdag è per tutti i cittadini, dato che celebra la costituzione del 1814, non un retaggio etnico, come rileva Mette Andersson, professoressa del dipartimento di sociologia e geografia umana dell’Università di Oslo. «Ciononostante, in molte comunità locali, gli immigrati che vogliono indossare i loro tradizionali costumi e bandiere dei paesi di origine, sono contrastati dalle voci di coloro che vedono il 17 maggio come una celebrazione etnica». Secondo la sociologa «le ricerche su come gli immigrati e i loro discendenti vivono questo giorno dimostrano comunque che molti di loro vedono il 17 maggio come un giorno in cui si sentono inclusi in un “noi” norvegese, ben più che nella vita quotidiana, dove alcuni subiscono delle discriminazioni».
I norvegesi ci tengono molto al loro 17 maggio, e hanno voluto festeggiarlo anche nell’anno del Covid-19 (crisi che la Norvegia ha saputo gestire piuttosto bene, peraltro). Naturalmente con qualche limite rispetto al passato. Le autorità hanno infatti vietato gli assembramenti con più di cinquanta persone, e molte delle parate e marce sono state ridimensionate, con la cancellazione delle parate dei più piccoli. In compenso parecchi norvegesi hanno scelto di seguire (in TV o sullo smartphone) le dirette delle celebrazioni del Norges grunnlovsdag da ogni angolo del paese.
«Quest’anno il centro di Oslo era quasi vuoto, senza parate dei bambini – commenta Eriksen –. La capitale sembrava una città post-apocalittica dove quasi tutti se n’erano andati via. L’essenza di un rituale di questo genere è la possibilità per un grande numero di persone di riunirsi in pubblico per dare sostanza e presenza materiale alla comunità immaginata della nazione. E quest’anno ciò, semplicemente, non è successo».
Per fortuna già a marzo il regno nordico aveva iniziato a correre ai ripari. Il comitato del 17 maggio di Oslo, per esempio, aveva deciso di passare al “piano B” già il 23 marzo. E in tutto il paese venivano cancellate le parate dei bambini, e le colazioni con amici e parenti non potevano includere più di venti persone per casa, e ad almeno un metro di distanza l’uno dall’altro. Anders Småsund, 33, è insegnante alla scuola media di Båtsfjord, un villaggio di pescatori nell’estremo nord della Norvegia. Racconta che gli studenti più giovani hanno accettato con tranquillità il modo diverso di celebrare il 17 maggio. E poiché il tempo può essere alquanto inclemente a maggio, è stata organizzata come alternativa una “parata di auto”.
«Persino il sindaco ha partecipato, guidando il corteo con la sua motocicletta – dice Småsund –. Dopo il corteo i miei studenti si sono esibiti con la loro band punk al porto, e la gente poteva guardarli dalle auto se volevano». È stato un 17 maggio diverso anche per la famiglia reale, che si è astenuta persino dall’affacciarsi dal balcone del Palazzo reale per salutare i passanti: era dai tempi della Seconda Guerra Mondiale che non accadeva una cosa del genere (e da un anno in cui il re era dovuto correre a un funerale in Inghilterra).
Come al solito, le autorità hanno regolamentato e sorvegliato poco, e si sono affidate al senso civico dei norvegesi. Il giorno prima del Norges grunnlovsdag il ministro della sanità Bent Høie (molto popolare nel paese) ha esplicitamente detto che il governo si fidava che il popolo rispettasse le linee-guida indicate. «Non auspico un 17 maggio dove finiamo per perdere tutto quello che siamo riusciti a tenere sotto controllo sino a oggi» ha detto Høie.
I norvegesi, più o meno, hanno dato ascolto al loro ministro della salute. A Oslo in particolare si è mantenuta la disciplina, a parte qualche bus cittadino pieno di gente ubriaca la sera. E nella capitale come nel resto del paese i piccoli raduni si sono svolti in modo ordinato. L’acme della celebrazione è stata alle tredici, quando la tv nazionale NRK ha trasmesso l’inno a reti unificate, e milioni di norvegesi lo hanno cantato dalle loro case e dai loro giardini.
Anche i giovani norvegesi si sono comportati bene. Il Giorno della costituzione coincide infatti con il culmine dei festeggiamenti degli studenti delle superiori vicini al diploma: il russefeiring, sorta di rito di passaggio. Naturalmente si tratta di festeggiamenti chiassosi, e a base alcoolica: ragazze e ragazzi vestiti di rosso, blu, nero o verde (a seconda del corso di studi) girano per le città in bus trasformati in discoteche ambulanti. La tradizione affonda le sue radici all’inizio del XX secolo, e procura un po’ di lavoro alla polizia. Ma non quest’anno. A Oslo, ha notato la polizia, i ragazzi si sono attenuti alle linee-guida delle autorità, conquistandosi persino il pubblico encomio.
In realtà il governo, oltre ad ammonire i cittadini, ha allo stesso tempo cercato di incoraggiarli a festeggiare. Il canale televisivo per bambini ha sfidato i piccoli norvegesi in una piccola gara di ballo distanziato, a cui hanno partecipato anche il primo ministro Erna Solberg e il suo gabinetto (si è distinto, in particolare, il ministro della cultura Abid Raja). E anche se parate e altri eventi ad alta densità di persone sono stati cancellati, «per la prima volta nella storia della Norvegia la nostra cultura marittima e costiera ha avuto più spazio e importanza. In tutte le comunità sulla costa i pescatori e i proprietari di barche del luogo hanno addobbato le loro barche con bandiere e palloncini colorati – nota la sociologa Isaksen –. Io e la mia famiglia, ad esempio, viviamo in una piccola comunità su un’isola nei pressi di Bergen. Qui la gente è venuta al porto per vedere le barche fare un corteo e navigare in fila lungo la costa. Ci sono stati molti cortei lungo tutta la costa norvegese, da nord a sud, per questo 17 maggio. Quindi nessuna parata su strada, ma molte “parate” sulle onde, per così dire».
Il 17 maggio potrebbe far sorridere (o arricciare il naso di) molti italiani. Ma la sua capacità di coinvolgere una larga parte della popolazione è impressionante. È un fatto sociale totale, dove un popolo tra i più egualitari del mondo, vive un “vero istante collettivo”, celebrando il suo mito fondativo, la Costituzione del 1814, e abbandonandosi all’entusiasmo conviviale. Ha forse alcuni tratti carnevaleschi, ma non li ha anche il 4 luglio, che gli americani celebrano con fuochi d’artificio, o con barbecue tematici? O il 14 luglio, che i francesi iniziano a festeggiare sin dalla sera prima con i loro frenetici Bals des Pompiers?
Rispetto al 25 aprile, che continua a essere attaccato da parte della destra nostrana, e al 2 giugno, spesso segnato dalle polemiche (e per quasi tre decenni ridotto al rango di “festa mobile” low-cost), il 17 maggio dei norvegesi è una vera festa di popolo. E nessuno sembra ignorarla, a differenza di quanto accade in Italia con il 7 gennaio (“Festa del tricolore”, dal 1997), il 4 novembre (dal 1977 “Festa dell’Unità nazionale”, nonché delle Forze armate) e il 17 marzo (dal 2012 “Giornata dell’Unità nazionale, della Costituzione, dell’inno e della bandiera”). Per fortuna regge Sanremo.
Foto di copertina: Pixabay
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