Cinema

YouTube si schiera con chi manifesta: istituito fondo da 100 milioni di dollari

7 Luglio 2020

Dalla parte dei creatori afroamericani

YouTube, com’è noto, è il principale sito di condivisione video al mondo. Come tutti i giganti del digitale, ha voluto dire la sua durante il periodo di manifestazioni per i diritti umani che è scoppiato al termine di maggio, in seguito allo sdegno dell’uccisione di George Floyd. L’afroamericano soffocato sotto il ginocchio di un agente che gli ha tenuto il ginocchio premuto sul collo per quasi 9 minuti è stata la proverbiale goccia che ha fatto traboccare il vaso, originando un’ondata di proteste partita a giugno e che non si è ancora sopita.

Susan Wojcicki, amministratore delegato della piattaforma video di proprietà di Google, ha reso noto che il suo sito istituirà un fondo da 100 milioni di dollari destinato a dar voce ai creatori di contenuti (video, in questo caso) provenienti dalla comunità afroamericana. Il fondo servirà a finanziare la produzione di nuovi programmi da rendere disponibili sulla piattaforma e di contenuti video originali.

Wojcicki ha motivato la scelta attraverso un post, lungo e ben articolato, pubblicato sul blog aziendale. L’ad ha scritto: “Siamo impegnati a fare meglio come piattaforma, per amplificare voci e prospettive degli afroamericani e dare loro centralità.” Destinatari del fondo sono tutti i creatori afroamericani che utilizzano YouTube per dare immagini alla propria visione del mondo e della realtà.

Video contro il razzismo

Nel suo post, una sorta di lettera aperta a chiunque faccia uso di YouTube, Wojcicki ha voluto sottolineare l’impegno del sito contro il razzismo. “Negli ultimi mesi abbiamo vissuto enormi tragedie e gravi perdite. Le persone in tutto il mondo hanno avuto a che fare con l’impatto devastante della crisi legata al Covid-19. Abbiamo affrontato malattie, solitudine, disoccupazione e abbiamo accudito i bambini in casa. Nelle ultime settimane ci siamo addolorati perché la comunità nera ha subito atti di violenza insensata. Tragedie come queste sono un persistente promemoria del danno causato dal razzismo sistemico. Questi atti hanno aggravato il bilancio della pandemia, che ha avuto un impatto sproporzionato sulle comunità di colore negli Stati Uniti e all’estero. Su YouTube crediamo che le vite delle persone di colore contino. Tutti dobbiamo fare di più contro il razzismo. Ci uniamo per protestare contro gli omicidi di George Floyd, Breonna Taylor, Ahmaud Arbery e i molti altri prima di loro.” La posizione della piattaforma di video è chiara.

Nell’ambito della decisione di finanziare i contenuti creati da afroamericani, è già andato in onda il primo progetto che ha beneficiato dell’iniziativa. Si tratta di uno speciale intitolato Bear Witness, Take Action – in italiano: sii testimone, fai qualcosa – uscito su YouTube alla mezzanotte italiana dello scorso 13 giugno. Lo speciale ha visto la partecipazione di noti attivisti per i diritti umani delle persone di colore, tra i quali Jemele Hill, il cantante John Legend e Roxane Gay. Il video si è posto l’obiettivo di raccogliere fondi per la Equal Justice Initiative. Questo piano ha l’ambizioso obiettivo di porre fine alle ingiustizie economiche e razziali negli Stati Uniti e nel mondo intero.

Black Lives Matter protests

Tutti impegnati

A seguito dell’uccisione di George Floyd, numerosi giganti del digitale hanno intrapreso iniziative simili a quella di YouTube. Dapprima Apple ha lanciato un piano per favorire la giustizia e l’equità razziale. Si stima che ammonti a circa 100 milioni di dollari. In seguito Google, all’infuori del fondo di YouTube, ha reso noto che sosterrà economicamente varie organizzazioni che si battono contro il razzismo sistemico. Poi è stato il turno di Amazon e Facebook, le quali hanno fatto eco alla grande G, annunciando che avrebbero sostenuto organizzazioni occupate nei campi della giustizia razziale e sociale. Ultima in ordine di tempo – ma non è detto che non si aggiunga più nessun altro – è stata PayPal, la quale ha preparato 530 milioni di dollari per attività economiche di proprietà di afroamericani e membri di altre minoranze etniche sul territorio statunitense.

Le proteste di Black Lives Matter sembrano essere riuscite a coinvolgere persone ed aziende, illuminando la società sulla questione del razzismo sistemico. La questione è drammatica negli USA ma non pensiamo che più vicino ai nostri confini non si viva lo stesso dramma.

La riscossa dei diritti umani

Naturalmente, ogni tipo di iniziativa che abbia l’obiettivo di aiutare i più sfortunati è benvenuta. Possiamo rallegrarci che attori di questo calibro si interessino finalmente della questione razziale. Siamo però sicuri che questa importante mobilitazione cambi qualcosa? Possiamo dirci certi di non trovarci soltanto di fronte ad un tentativo di cavalcare l’onda delle manifestazioni? Questi colossi dell’economia non potrebbero essere semplicemente interessati a farsi pubblicità e liberare una parte del capitale dall’interesse del fisco?

Il dubbio è lecito. Ci auguriamo che il 2020, tra le tante insidie che ne hanno contraddistinto la prima metà, possa portare davvero una riscossa dei diritti umani sullo scacchiere mondiale, si tratterebbe di un appuntamento con la storia che stiamo rimandando da decenni. Per portare un concreto cambiamento, occorre che chi ha a disposizione capitali li metta a disposizione delle comunità, soprattutto di chi non può permettersi nulla per migliorare la propria condizione di vita ed è rimasto indietro da tempo. Inevitabilmente, dunque, dobbiamo guardare con positività a queste iniziative.

Black Lives Matter protests 2

Ciò non toglie che il razzismo sistemico continui ad essere un cancro del nostro tempo. Non passa settimana senza che vi sia un nuovo caso di discriminazione razziale nei soli Stati Uniti, spesse volte a questi episodi segue la morte della vittima di colore. Il problema c’è ed è serio. La soluzione invece ancora non si vede. Gli ultimi 40 giorni di manifestazioni ininterrotte, nonostante la morsa del nuovo Coronavirus, però, lasciano ben pensare.

Nell’auspicio che l’assistenza dei miliardari del digitale sia la più disinteressata possibile, osserviamo con interesse le manifestazioni nel mondo. Non vorremmo certo perderci l’eventuale riscossa dei diritti umani delle minoranze.

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