Cinema
Viaggi piccolissimi – Nuovo Cinema Dolceacqua
Che bello è vagabondare tra i vigneti e gli uliveti del ponente ligure? Lo sapeva bene il pittore Claude Monet che nel 1884 si spinse fino a Dolceacqua, un borgo medievale della Val Nervia dominato dal castello Doria, dove “vi è un ponte che è un gioiello di leggerezza”. È il Ponte Vecchio, che con la sua elegante (e unica, 33 m) campata a schiena d’asino collega i due abitati della cittadina. Percorrendo oggi la via principale ci si imbatte in un’insegna d’altri tempi, quella del cinema Balbo.
La sala, chiusa nel 1975, era in funzione già nel 1905 ed veniva gestita da Ubaldo, figura mitica nella memoria di più di una generazione di dolceacquini. Leggendo le poche testimonianze viene fuori tutta la poesia del signor Ubaldo, che essendo anche il barbiere del paese era capace di lasciare il malcapitato cliente con mezza barba rasata (così non se ne poteva andare) per correre ad aggiustare qualcosa che non funzionava nel suo cinema. Raramente funzionava tutto. La caldaia si rompeva spesso ma anche la pellicola andava continuamente assistita, e così prima della seconda guerra mondiale per vedere un film intero finivi per andare al cinema un mese.
Ubaldo non era solo nel suo regno, c’erano con lui la mamma Genoveffa, destinataria di mille goliardie (se il film era in “cinemascope” qualcuno appendeva ai lampioni della sala delle vere scope), e alla cassa le ragazze più belle del paese. La sala era sempre piena e quando i ragazzini che non potevano permettersi il biglietto riempivano il vicolo egli apriva le porte a film già iniziato per farli entrare comunque. Dai film storici alle grandi pellicole, dai successi natalizi al teatro, tutto accadeva da Ubaldo che era pure dotato di due televisori per poter seguire i grandi eventi dell’epoca, dallo sbarco sulla luna agli incontri di boxe. Nei ricordi di tutti Ubaldo è colto, generoso, disponibile, amante della lirica ed è soprattutto quello che, se lo spezzone del finale di un film era rovinato o mancante, saliva sul palco e diceva “adesso vi racconto io come va a finire”.
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