Cinema

Una sfida tutta in rosa

12 Aprile 2021

Siamo a un paio di settimane dalla cerimonia degli Academy Awards. Gli Oscar del cinema, come siamo più comunemente abituati a chiamarli. A Los Angeles le premiazioni per le migliori pellicole dello scorso anno si terranno lunedì 26 aprile, in un evento abbastanza desueto, com’è inevitabile in tempi di pandemia.

Negli USA la campagna vaccinale procede bene e il presidente Joe Biden è molto ottimista sulla sua conclusione – parla di estate per l’immunità di gregge, che sarebbe un grandissimo risultato per un Paese che fa 330 milioni di abitanti e che fino al 20 gennaio è stato governato da un uomo che suggeriva di iniettarsi candeggina nelle vene, tra altre idiozie che facevano accapponare la pelle alla comunità scientifica mondiale. Ciononostante, sarà impossibile presenziare alla cerimonia di persona. Meglio prevenire che curare, in fin dei conti.

Foto di Mohamed Hassan da Pixabay

Un’atmosfera nuova con le emozioni di sempre

L’anno 2020 – e anche il primo quadrimestre 2021 – saranno sicuramente ricordati a lungo dal mondo del cinema. Non saranno però belle memorie. Quella del grande schermo infatti è un’industria congelata, in stand-by, le cui perdite economiche si fanno più cospicue mese dopo mese, settimana dopo settimana, giorno dopo giorno da quando è stata decisa – pressoché in ogni angolo del mondo – la chiusura delle sale.

Un noto proverbio recita che la miseria di un uomo diventa la ricchezza di un altro, chiedere alle piattaforme di streaming. L’intera quota di mercato dei cinema è stata intercettata dai vari Netflix, Amazon Prime Video, Disney+, HBO e chi più ne ha più ne metta. Non ci è neppure dato sapere se, quando sarà possibile riaprire i cinema, questa quota sarà recuperata dalle sale o resterà agli studi online. Inevitabilmente, dunque, anche agli Oscar a farla da padrone saranno le piattaforme che lavorano in rete, il che contribuirà a creare un’atmosfera nuova, per molti versi inedita, a Los Angeles.

Il comitato organizzatore ha garantito che la serata sarà esattamente come quelle che la hanno preceduta negli anni passati, anche se non tutti gli appassionati di cinema sono d’accordo. Numerose persone sostengono che assistere ad una prima visione sul grande schermo non sia esattamente come stare due ore davanti al pc o alla smart tv in salotto. Chi scrive è tra queste. Ritengo sia rivedibile l’affermazione secondo la quale i premi per il cinema saranno coinvolgenti come sempre, in un anno nel quale, di fatto, il cinema è stato fermo. Ma tant’è, questa è la nuova normalità con la quale conviviamo da circa 15 mesi e lo spettacolo, si sa, deve comunque continuare.

Una sfida densa di implicazioni

Tra le numerose sfide degne di nota di questi atipici Academy, ho voluto concentrarmi particolarmente su una. Per le analisi e la presentazione di pellicole e artisti rimando alla stampa specializzata; questo articolo non vuole essere una recensione di film e prove di recitazione, bensì un approfondimento su una statuetta che può valere ben più del semplice prestigio di portarsi a casa un cimelio dorato.

Dal rosa all’oro

La gara sulla quale desidero richiamare l’attenzione è quella per la migliore attrice protagonista. Viviamo in un momento nel quale la lotta per l’emancipazione femminile, l’equità tra i sessi e i diritti delle donne sono cronaca quotidiana. In quest’ottica, quale significato assume la sfida per l’Oscar alla migliore attrice?

Hollywood_oscars
Foto di Cameron Venti su Unsplash

Partiamo da un esame delle donne candidate. Tra le ricche nomination troviamo mostri sacri della recitazione contemporanea: Viola Davis è candidata per la sua interpretazione di Ma Rainey (di cui abbiamo diffusamente parlato qui) in Ma Rainey’s Black Bottom mentre Andra Day lo è per il suo ruolo nei panni dell’indimenticabile Billie Holiday in The United States vs Billie Holiday. Due grandi attrici, Day è una cantante ma ha evidentemente del talento anche per la recitazione, per due grandi pellicole che si occupano di una coppia di tasselli angolari nel mosaico della cultura afroamericana ma anche mondiale, data l’importanza di queste due cantanti straordinarie per l’evoluzione della musica.

Accanto a loro troviamo Frances McDormand, protagonista di Nomadland, film le cui quotazioni sono altissime in seguito al successo ai BAFTA, i premi del cinema britannico. A Londra il film della regista Chloé Zhao si è aggiudicato quattro awards: miglior fotografia, miglior attrice alla McDormand, miglior film e miglior regia. Questi ultimi due premi, se replicati a Los Angeles, lancerebbero la regista cinese dritta nella storia; ricordiamo infatti che, finora, una sola regista si è aggiudicata l’Oscar per il miglior film, quello più importante, ovvero la maestra Kathryn Bigelow con un capolavoro assoluto come The Hurt Locker, il più pop tra i film di guerra. Ovviamente Bigelow è americana mentre Zhao è cinese e questa dinamica geopolitica non va certo sottovalutata. Frances McDormand, l’antidiva per eccellenza a Hollywood, ha già in bacheca due statuette come migliore attrice grazie alle sue memorabili interpretazioni in Fargo e Tre manifesti a Ebbing, Missouri. In Nomadland interpreta una donna di terza età che deve reinventarsi insieme ad altri coetanei e ci dà una chiave di lettura nuova del sogno americano.

Ha una nomination anche Carey Mulligan, londinese classe 1985, protagonista di un interessante revenge movie – commedia nera coprodotta dalla golden lady Margot Robbie: Il film si intitola Una donna promettente e narra le vicende di una trentenne che punisce a modo suo gli uomini pronti ad approfittare di donne vulnerabili. È un tema interessante e curioso, assolutamente attuale negli anni di Me Too e NiUnaMenos. Come ha affermato la stessa Mulligan: “Senti che la storia parla di traumi e vite reali.” Già questo motivo è sufficiente a valere la candidatura probabilmente, perché richiama l’attenzione su un aspetto drammatico della vita di ogni donna.

Vanessa Kirby, classe 1988, è la quinta nominata per l’Academy come migliore attrice protagonista. Il film che la vede competere si chiama Pieces of a Woman ed è già disponibile su Netflix. Fresca dell’interpretazione della giovane principessa Margaret nella produzione schiacciasassi sui Windsor, The Crown, Kirby veste qua i difficili panni di una madre che deve riprendersi dalla scomparsa della sua neonata figlia. La pellicola di Kornel Mundruczo non è certo leggera da digerire ma l’attrice dà prova di un’abilità recitativa rara e travolgente, che vedremo se sarà ritenuta da Oscar.

Non c’è una chiara favorita, anche se qualcuno si sta sbilanciando su Viola Davis. Le cinque storie narrano di 5 donne molto diverse, che attraversano fasi diverse della loro vita e possiedono caratteri profondamente differenti. Naturalmente i film si focalizzano su alcuni aspetti della vita dei personaggi di cui ci parlano – non possono fare molto di più in un paio d’ore – e tratteggiano soltanto i principali risvolti nella psicologia di queste donne. Ciascuna delle lettrici di questo pezzo si riconoscerà più in una che nelle altre e sarà portata a empatizzare con lei.

Indipendentemente da chi vinca, consiglierei di guardare tutti questi film, alcuni devono ancora uscire in Italia, e ricavare un ritratto composito, prendendo pregi – e imprescindibili difetti – di ognuna di queste eroine.  Sebbene le loro storie non siano tutte ambientate nel nostro tempo, restano attualissime e capaci di fornirci spunti e stimoli quantomai utili per affrontare le problematiche della contemporaneità. Questo non vale solo per le donne.

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