Cinema

Un uomo e una donna

17 Febbraio 2024

Pomeriggio tardi del venerdì. Lo spaziotempo più bello della settimana. In tutta la sala siamo una manciata, noi quinta fila, in mezzo. Ci piace questo cinema perché è sulla testa di un centro commerciale, il parcheggio è grande e sempre semivuoto, e dulcis sono le poltrone ruffiane: tastino che distende, postura su misura.
Past Lives. Celine Song, al debutto, 36 anni: una ragazza. Romantico. Ma Coreano. E pensato a New York.
Penelope ha il mestruo e tiene la bottiglietta d’acqua appoggiata alla tempia.
Vorrei prendermi io il tuo mal di testa, dico, mentre ci sono i trailer a volume assordante.
Ma papo, non è niente di che. Sto già meglio così comoda. Meglio il cinema, che dormire, alla fine.
Non c’è competizione: il sogno a occhi aperti, forever.
La regia è elementare. Inquadrature su loro due, quasi sempre strette. Qualche panoramica, per dirci dove siamo, qualche dettaglio del paesaggio urbano, simbolico, fotografico. Brevi, i dialoghi, solo l’utile. Sentimento, e risentimento. Volti, espressioni, sguardi che parlano. Gli altri esseri umani ombre, di passaggio.
Un uomo e una donna, è il binario. Il film francese della mia infanzia, mi ricorda. Ognuno ha le sue deviazioni.
Nell’intervallo, con i 5 minuti che gocciolano in basso a sinistra sullo schermo, c’è l’omino con la bancarella portatile. Penelope sa che detesto i popcorn al cinema, qui barattoloni che spumeggiano e la gnagnera delle mandibole, e quindi si compra i Mikado, più discreti. O forse saranno gli intensi lineamenti asiatici sullo schermo (lo so, li vediamo somiglianti, tutti, ma non in questo film) a farglieli preferire.
L’amore si cementa nei primi dodici anni di vita. Bambino e inesorabile. Per altri dodici resta sospeso dalla lontananza. Si riaccende nei monitor portatili. Si disillude per altri dodici anni. Saggezza orientali che ipotizzano scosse emotive prese in vite passate, un gioco a rimando col destino. Per esperienza molto personal, un tuchelin credo a questo solenne sostantivo. Poi c’è il culo, altro sostantivo, ancora meglio.
Necessario, il triangolo: «…una dimostrazione dell’impossibilità di qualunque combinazione amorosa al di fuori della coppia.» dice François Truffaut del suo Jules e Jim. Oui, je suis Maurice. Entrambi amano profondo, lampante, la stessa donna, eppure con totale e sofferta discrezione. Uomini maiuscoli, per me.
E Lei. Sono un razzista estetico, non mi fanno sangue le asiatiche, ma col passare dei minuti si accendeva e quel suo modo di guardare e di sorridere mi ha fatto capitolare.
Un gran finale. Che ti rimane addosso.

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