Cinema
Un altro giro, l’inno alla vita del regista danese Thomas Vinterberg
Esiste una teoria secondo cui l’uomo nascerebbe con un contenuto di alcol nel sangue troppo basso, un deficit di 0.05 che lo renderebbe meno reattivo e più teso. E se bastasse colmare quel deficit per essere più rilassati, brillanti e appassionati?
È quello che vogliono scoprire i quattro protagonisti di Un altro giro, splendido film del regista danese Thomas Vinterberg che nel 2021 ha vinto l’Oscar come miglior film straniero.
Quattro amici e colleghi, insegnanti di liceo, si trovano a cena per festeggiare i quarant’anni di uno di loro. Chi più chi meno, sono tutti un po’ spenti, da tempo seduti sulle proprie vite, famiglie, ruoli. Il festeggiato, in particolare, insegna svogliatamente la Storia ai suoi ragazzi, vive la relazione con la moglie come un’anonima abitudine, ha quasi dimenticato i tempi in cui era un giovane promettente e prendeva lezioni di danza jazz. È la storia di infiniti film, fra i tanti Revolutionary Road, e di tante esistenze. Ci si può immaginare un’Isola che non c’è per fuggirne, e quel qualcosa che manca, quello 0.05 di alcol, sembra coincidere con il “talento per imparare ad invecchiare senza diventare adulti” di cui parlano Franco Battiato e Jacques Brel nella Canzone dei vecchi amanti.
Ed ecco la scommessa: i quattro amici decidono di sperimentare la teoria su di sé. Si tratterà di mantenere il livello alcolico sempre oltre quello 0.05, bevendo tutto il giorno fino alle otto di sera, mai la sera e mai il weekend. E funziona, eccome se funziona. Con un poco di zucchero, e di alcol in questo caso, si può ritrovare la passione per l’insegnamento, la chiave giusta per raccontare la Storia o per motivare un ragazzino, l’iniziativa per coinvolgere la famiglia in una gita in canoa e la pienezza di fare l’amore con la propria compagna. Può anche succedere che si esageri, che si perda il controllo, che subentri l’angoscia, che se non tutto molto vada per il verso sbagliato. Quel che conta è che l’esperimento, più che l’alcol in sé, fa da miccia, da “treno che fischia” e risveglia alla vita.
Un altro giro ha la freschezza e la potenza di un film non moralista, non c’è elogio e non c’è demonizzazione dell’alcol, e neppure dell’esagerazione, neppure degli errori. Non si può dire finisca bene, ma certo finisce col sorriso, e anzi con una danza, tanto spumante e molta speranza. Niente giudizio, solo sete di vivere (e anche di bere), e soprattutto la bellezza di non lasciarsi inabissare dalla vita e di accettare sempre un altro giro.
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