Cinema
Sulla Mia Pelle: la violenza non ha ragione
Ci sono poche parole per descrivere Sulla Mia Pelle di Alessio Cremonini: duro e crudo. La storia prima di tutto non vuole essere una critica allo Stato, alle forze dell’ordine, al sistema giudiziario ecc.. il punto di vista da cui parte la pellicola è molto più schietto e semplice: è Stefano, nel suo corpo, nella sua umanità, davvero nel suo corpo – umano.
Il discorso è proprio questo: finire per un errore nelle mani di un sistema che si appropria della tua persona fisica (il corpo) e ne dispone come vuole: picchiandoti, sbattendoti in giro fra una prigione e l’altra, rendendo difficile le visite ai tuoi genitori e trattandoti da muto, quando chiedi di parlare con il tuo avvocato. Solo da qui lo spettatore attento inizia l’analisi dello Stato e delle sue componenti; è un messaggio derivato, diretto e chiaro. Si fa appello alla propria umanità così da trarre le conclusioni.
Per rendere tutto ciò vivo e consistente viene in aiuto l’interpretazione di un Alessandro Borghi che non sfigura con i nomi blasonati internazionali, una preziosa figura attoriale nel contesto italiano. Il lavoro fisico per mostrare la fragilità corporea di Stefano è impressionate (Borghi di suo ha un fisico molto più grosso), per non parlare della fragilità emotiva di un ragazzo trentenne che si vede oppresso e sfiduciato, reso impotente, da una macchina che lo comprime. Questa privazione dell’umanità e il suo doloro psico-fisico, grazie all’attore, appaiono nei movimenti, difficili per le botte subite la notte dell’arresto.
Viene scelto, credo non a caso, di non mostrare esplicitamente la violenza perché di per sé è il fatto più conosciuto e diffuso fra l’opinione pubblica; il lato assurdo e pietrificante è pure un altro: il sistema omertoso che nota le violenze subite da Cucchi e non denuncia, semmai al massimo pone timidi cenni a ciò. Questa è la testimonianza (forse) di un qualcosa di più grande che non funziona come dovrebbe.
Come potete leggere, a Stefano viene ridata umanità in quanto persona prima di tutto, nei suoi pregi ed errori, elementi che potrebbero essere comuni anche ai nostri amici o fratelli. Successivamente però ne deriva un pensiero sensibilizzatore sui temi raccontati e mostrati, ed è davvero dura non lasciarsi prendere della rabbia, dallo sconforto e dall’impotenza, sentirsi, anche se solamente spettatori, marginalizzati dal succedersi degli eventi. La tesi più equilibrata, alla fine, senza fare di tutta l’erba un fascio, potrebbe essere che, in un sistema che dovrebbe rappresentare la Legalità, una sua componente, e sottolineo una sua componente, è impazzita in maniera sistemica andando contro la sua stessa missione.
A noi rimane il corpo martoriato e morto di un ragazzo di 30 anni: la mia età, la tua età, una storia che per un motivo o per l’altro il futuro ci potrebbe riservare, perché la violenza non parte mai davvero da una ragione logica e non è accettata in un Paese civile; ogni scusa è buona per colpire come pure ogni persona, soprattutto per nascondere e sfogare il marciò dentro sé.
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