Cinema

Soul, ovvero come spiegare Heidegger a chi non lo ha letto

29 Dicembre 2020

Il nuovo film di animazione Pixar, Soul, così come altri titoli della casa, è rivolto solo in apparenza a bambini e ragazzi, finendo invece con l’affrontare temi complessi e comprensibili solo da un pubblico più adulto. Il film è un vero e proprio compendio di temi e riflessioni dell’esistenzialismo, divenendo una sorta di introduzione alla filosofia in forma di pellicola d’animazione. La critica e i commenti di alcune testate hanno sottolineato questo aspetto, arrivando talvolta a parlare di un film per ragazzi che sconfina nella metafisica. 

Nel film, il protagonista Joe Gardner muore proprio qualche ora prima di realizzare il suo sogno di diventare un musicista jazz affermato; trovandosi nel mondo ultraterreno, riesce a passare nell’antimondo, dove si trovano le anime che devono ancora nascere in un corpo. Il tentativo di tornare nel suo corpo e realizzare la sue ambizioni lo porta a conoscere Ventidue, un’anima che da millenni si rifiuta di incarnarsi perché non sente nessun particolare stimolo verso la vita. Mentre cerca di tornare sulla Terra, il suo rapporto con Ventidue fornisce a Gardner l’occasione per riflettere su quanto la sua vita sia stata rivolta al raggiungimento di determinati obiettivi professionali, e su come la frustrazione di questi abbia determinato un giudizio di valore su tutta la sua esistenza.

La trama del film è una storia piacevole e narrata in maniera comprensibile per dei bambini, ma è facile vedere come i temi affrontati e le domande che sollevano non permettano di categorizzare Soul in una storia per bambini in senso stretto.

Proprio questo aspetto ha fatto parlare alcuni di “metafisica”, ma in Soul in realtà non si notano molto Tommaso d’Aquino o Duns Scoto. Pixar riesce a trattare la vita e la morte, i sogni e i fallimenti senza mai chiamare in causa Dio (l’ente sommo nella scolastica medievale). Anche la presenza dei personaggi delle anime lungo tutta la pellicola non approda a una caratterizzazione dell’anima che sia metafisica in senso classico, e infatti non è tematizzata nella sua provenienza o nelle sue caratteristiche ontologiche.

Piuttosto, pur nella vaghezza con cui è delineata, l’anima manifesta da subito un rapporto strutturale (trascendentale?) con la vita: essa viene a esistere proprio per essere calata in un corpo, e le piccole anime che vediamo nell’antimonio sono impazienti di essere paracadutate sulla Terra.

È evidente che le anime non vengono definite nelle loro caratteristiche formali, ma introdotte subito su un piano esistenziale, più che metafisico. Proprio questa considerazione manifesta una certa connessione di Soul con il pensiero di Martin Heidegger e con la sua analitica esistenziale. 

Più volte, nel film, si vede come compito delle anime sia capire il loro scopo nel mondo, cioè quella passione, sogno o missione che da alla vita un senso e un orizzonte. Si tratta di qualcosa che non viene assegnato nell’antimondo, ma che va trovato “sul campo”, nella vita stessa.

L’anima va nel mondo, senza scegliere tempo, luogo, contesto e da lì deve costruire la sua vita: è difficile immaginare qualcosa di più in linea con l’essere-nel-mondo di parla Heidegger in Essere e Tempo, quella condizione di “essere gettato” (Geworfenheit) di cui ognuno di noi fa esperienza semplicemente vivendo, e che diventa il piano esistenziale da cui costruiamo, heideggerianamente, quel “pro-getto” (Entwurf) che la è nostra esistenza. In Heidegger queste considerazioni sono destinate a sfociare nell’ontologia, mentre nel leggere il film ci si può limitare a rimanere su un piano più esistenziale. Ciò che conta, però, è il tratto comune di un’esistenza che non è definita a priori, ma che si struttura vivendo, che prende forma progettandosi, e non aderendo a una qualche idea platonica situata in un iperuranio.

Il personaggio di Ventidue, l’anima che non vuole incarnarsi, è emblematico in questo senso: non sente attaccamento alla vita perché non sente di avere un progetto. Ma solo all’interno della vita stessa è possibile pro-gettarsi, solo all’interno dell’essere-nel-mondo la vita e il progetto si compiono, in maniera diversa per ognuno.

Ventidue si trova quindi nel paradosso di voler vivere prima di vivere, di voler esistere senza essere nel mondo: a risolvere la situazione ci penserà un’incarnazione accidentale, a conferma del fatto che – per quanto sembri banale – solo all’interno della vita si può esistere davvero. Non c’è ideale a cui conformarsi, non c’è impronta metafisica che stabilisca a priori la concretezza dell’esistenza.

In Soul c’è più ermeneutica che teodicea, più esistenzialismo che scolastica, più concretezza esistenziale che definizione formale dell’anima. Lasciamo da parte la domanda se sia un film per bambini o un cartone per adulti: Soul è un Essere e Tempo per chi non ha letto Martin Heidegger.

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