Cinema

Smart realismo (selfie)

3 Luglio 2019

Prendere un fatto: 2014, Napoli, Rione Traiano, un carabiniere scambia un sedicenne per un latitante e lo uccide. Farci sopra un docu-film in presa diretta con protagonisti altri due sedicenni del quartiere che si riprendono a vicenda con i loro cellulari.

Ci sono tutte le premesse perché Agostino Ferrente realizzi un film denuncia utilizzando quello che definirei smart-realismo, vista ormai l’ondata di film girati o parzialmente girati con gli smartphone.

Viene fuori, invece, un grande film che è il ritratto palpitante dell’età acerba, la registrazione puntuale di quella  stagione della vita che è l’adolescenza, coi suoi tratti insieme esplosivi ma anche delicati e inquietanti.

Paragonabile a quello che hanno fatto registi come Sébastien Lifshitz in Presque rien o André Téchiné ne Les roseaux sauvages, Agostino Ferrente ci ricorda che c’è un momento della vita in cui tutti gli adulti, e sottolineerei tutti, hanno una responsabilità nel rappresentarsi come esempi davanti alle nuove generazioni indipendentemente dal loro essere o non essere genitori.

Alessandro e Pietro sono due teenager fusi nella tipica amicizia di formazione adolescenziale. Il loro riprendersi vicendevolmente sembra evidenziare con grande finezza il tipico gioco adolescenziale di imitarsi e sperimentarsi nell’altro fino alla scissione identitaria dell’età adulta. Scambiandosi paure e desideri, esattamente come in una divisione cellulare, i due protagonisti attraversano il delicatissimo passaggio all’età adulta anche attraverso la promessa di un’amicizia che durerà per sempre.

Nei loro occhi sono riflessi i mali della società adulta: il culto fascista del corpo che porta Pietro a definirsi uno schifo, perché obeso; l’inesistenza dell’ascensore sociale che fa fare a Alessandro un monologo inappellabile sulle possibilità di un futuro diverso; la sparizione del lavoro, che fa sparire anche Pietro, come tanti altri ragazzi segregati in case che diventano prigioni e anche unici teatri di vita possibili.

Il film è un capolavoro di cinema e proprio nel suo esistere ai limiti delle forme prospera e gronda senso.

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