Cinema
Salvatores e Favino presentano “Napoli – New York”
La sera di giovedì 21 novembre, Gabriele Salvatores e Pierfrancesco Favino hanno presentato al Cinema Barberini di Roma la prima visione ufficiale del film Napoli – New York. I due si sono presentati alla fine del film, quando ormai il pubblico lo aveva apprezzato.
La sera di giovedì 21 novembre, Gabriele Salvatores e Pierfrancesco Favino hanno presentato al Cinema Barberini di Roma la prima visione ufficiale del film “Napoli – New York”. I due si sono presentati alla fine del film, quando ormai il pubblico aveva avuto l’occasione di apprezzarlo.
La genesi del film
Il film è infatti uno dei migliori del regista vincitore del premio Oscar nel lontano 1992. Sono andato in sala con qualche dubbio, perché in adolescenza ho adorato la sua trilogia della fuga, tanto che “Turné”, “Marrakech Express” e “Mediterraneo” sono parte integrante della mia formazione cinematografica.
Ma ho sempre fatto fatica con tutti i suoi lavori successivi. Ho apprezzato tanti suoi film come “Quo vadis, baby?”, ma non mi hanno mai catturato. Come se Salvatores rimanesse un ottimo regista a cui fosse stato tolto quel qualcosa in più che rendeva uniche le sue opere.
“Napoli – New York” ha però una genesi particolare. Infatti, Salvatores ha ritrovato un soggetto scritto da Federico Fellini insieme a Tullio Pinelli, a cavallo degli anni ’40 e ’50. Quando ancora collaborava con altri registi, il giovane Fellini scrisse questa storia che è rimasta nel cassetto per tanti decenni.
Dopo il ritrovamento, Salvatores ha riadattato la sceneggiatura per renderla contemporanea. Lo ha fatto con intelligenza, caricando la storia di tante tematiche diverse senza però appesantire la visione. Ha inoltre allestito una bella colonna sonora, su cui svetta la versione di Bruce Springsteen della canzone popolare “Pay me my money down”.
Napoli – New York
Il film inizia nella Napoli del 1949. Due orfanelli, Celestina e Carmine, vivono di espedienti, finché non riescono ad imbarcarsi in maniera rocambolesca su una nave diretta a New York. In America, Celestina vuole cercare la sorella Agnese, l’unica persona rimasta nella sua famiglia. Il commissario di bordo Domenico Garofalo, interpretato da Pierfrancesco Favino, inizialmente vuole essere duro contro i due giovani clandestini, ma finisce presto per intenerirsi.
Una volta arrivati a New York, il film prende una piega sociale. Si concentra su come la popolazione tratta gli immigrati italoamericani, nella consapevolezza che c’è sempre qualcuno a cui va peggio, come gli afroamericani. C’è anche un’interessante parentesi sul rapporto tra la giustizia, i media e la politica, con Antonio Catania che fa da mattatore, nei panni del direttore di un giornale rivolto alla comunità italoamericana.
Il film si trasforma in una denuncia al razzismo e al sessismo, aiutando il pubblico a ricordarsi di quando gli immigrati eravamo noi italiani.
Una fiaba onirica
Non lo fa certo in modo realistico, ma fiabesco, come in un lungo sogno di due ore. In questo viaggio, lo spettatore incontra scene memorabili e simpatiche, come quando Carmine si sveglia a Little Italy e non capisce perché tutti parlano in napoletano. Quando chiede al poliziotto “perché parli italiano?”, lui risponde “perché sono di Caserta!”.
Salvatores omaggia splendidamente il cinema italiano degli anni in cui Fellini scrisse il soggetto. Celestina riesce a entrare al cinema per vedere Paisà di Roberto Rossellini, ma presto viene cacciata perché troppo emozionata a rivedere su quello schermo di New York gli stessi personaggi della sua Napoli.
Bisogna ammettere che, come tante recensioni hanno sottolineato, i personaggi non sono caratterizzati, perché possiedono tutti un animo buono. Inoltre, il film riprende tanti stereotipi sugli italiani in America. Ma tutto ciò appare consapevole, come se il regista volesse piegare la sceneggiatura al messaggio e alle tematiche che gli interessano. Non si percepisce un tentativo di realizzare un capolavoro realista, ma quello di accompagnarci in un viaggio onirico che ci fa ragionare sui temi sociali.
L’incontro in sala
Terminato il film, inizia il breve incontro. Salvatores si presenta come una persona ormai anziana dal sorriso intelligente. Non perde il vezzo di indossare, sulle sue lunghe dita, due grandi anelli con una visibile pietra incastonata. Favino è invece un elegante cinquantenne dallo sguardo esperto e furbo.
Il saluto si concentra sull’emozione di lavorare su una sceneggiatura di Fellini e Pinelli, cosa che non capita tutti i giorni, e sulle difficoltà di realizzare un film che deve completamente ricostruire la New York degli anni ’40. I ringraziamenti ai produttori non possono quindi essere mai abbastanza, data l’onerosità della scenografia. Infine, Salvatores ha ringraziato il suo aiuto regista Roy Bava, presente in sala insieme al più noto padre Lamberto.
Favino ha rivendicato una cosa intelligente, ovvero il diritto a essere buonisti in un mondo che ci vuole sempre più cattivi. Mi ricordo allora di aver visto un film che è stereotipato ma piacevole, che ci ricorda che possiamo preferire il buon cuore alle offese, all’egoismo, al razzismo e al sessismo. In pratica, arriva alle stesse conclusioni di un altro bel film recente, “Il ragazzo dai pantaloni rosa”, malgrado un percorso completamente diverso.
In conclusione, credo che il Salvatores della trilogia della fuga non tornerà più, ma “Napoli – New York” potrebbe affermarsi come il suo lavoro migliore da quei tempi.
Foto di Hua WANG
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