Cinema

RIP Joel Schumacher

23 Giugno 2020

Quando ieri ho letto della dipartita di Joel Schumacher dopo una lunga lotta contro il cancro, il dispiacere è stato accompagnato dalla sensazione che la notizia non avrebbe suscitato grandi moti di emozione e celebrazioni varie come accade a quasi tutti i grandi del cinema.

Joel Schumacher

Questo è sicuramente dovuto al fatto che la sua prolifica carriera da regista è stata azzoppata quando negli anni novanta ha diretto i due Batman peggiori della storia, dove, nel vestire i panni di Bruce Wayne, un anonimo Val Kilmer prima ed un grasso George Clooney poi, capitombolavano nel ridicolo insieme a tutti i vari personaggi.

A poco è servito il successo di alcuni drammi da tribunale tratti dai romanzi di John Gisham, che andavano per la maggiore in quel periodo, penso a Il Cliente con Susan Sarandon o a Il Momento di Uccidere con Matthew McConaughey e Sandra Bullock, e nemmeno l’aver regalato a Nicholas Cage la miglior pellicola della sua carriera dopo Cuore Selvaggio, se ricordo 8mm Delitto A Luci Rosse.

C’è poi un altro elemento che probabilmente non gli ha fatto conquistare le simpatie dei più: il fatto che, pur essendo dichiaratamente omosessuale, non sia mai diventato un attivista ed un sostenitore della causa attraverso le sue pellicole, ma, al contrario, la sua produzione si sia distinta per il machismo e la violenza tipici di un repubblicano conservatore piuttosto che di un gay democratico. Se da un lato amo le contraddizioni, dall’altro non credo che dovesse essere punito così severamente per non essersi fatto paladino di ciò che lo riguardava in prima persona.

Detto questo bastano i suoi due cult assoluti per assolverlo da qualsiasi colpa, se mai ne abbia avuta alcuna…Il primo è St Elmo’s Fire, che battezzò Demi Moore, Rob Lowe ed Emilio Estevez come gli esponenti principali del Brat Pack, ovvero quel gruppo di golden boys che divennero gli idoli della gioventù degli anni ’80 grazie a film manifesto di un’intera generazione.

Il neologismo fu coniato da David Blum in un articolo che scrisse sul New York Times proprio nel 1985, anno di uscita della pellicola di Schumacher, giocando con l’espressione rat pack con cui, a cavallo fra gli anni ’50 e ’60 Lauren Bacall aveva soprannominato la sua cerchia ristretta di colleghi ed amici. Frank Sinatra, Humphrey Bogart, Spencer Tracey, Judy Garland e Dean Martin erano accomunati da anticonformismo e indifferenza a qualsiasi tipo di critica, amavano divertirsi fino a tarda notte come per urlare al mondo la loro indipendenza, l’ammirazione reciproca e l’avversione per la noia.

Presentato in concorso al Festival Di Cannes, nel 1993 Schumacher sigla uno dei capolavori del cinema di quegli anni: ” Un Giorno Di Ordinaria Follia”.

Falling Down

Grazie alla perfetta interpretazione di Michael Douglas, il protagonista che si muove in una Los Angeles rovente e arroventata dalla rabbia, dall’emarginazione e dalla disuguaglianza sociale, delinea uno dei ritratti più riusciti degli Stati Uniti e dell’ Angry White Male, misogino razzista intollerante, traghettato verso l’odio ed il rancore perchè vittima a sua volta di ingiustizia.

Falling Down, questo il titolo originale, è una discesa agli inferi che continua ad essere incredibilmente attuale e, come accade alle perle rare, scava e nutre gli angoli bui dei nostri animi.

Questa sera lo riguarderò per l’ennesima volta e sarà forse il modo migliore per salutare un grande del cinema.

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