Cinema
La rinascita di un cinema di provincia
Lo scorso venerdì 8 novembre è stato inaugurato il cinema S.E.Fi. di Venturina Terme (LI). Il ritorno del cinema a Venturina dopo ben 42 anni è un’occasione di festa per la cittadinanza.
Lo scorso venerdì 8 novembre è stato inaugurato il cinema S.E.Fi. di Venturina Terme (LI). Il ritorno del cinema a Venturina dopo ben 42 anni è un’occasione di festa per la cittadinanza. La mia generazione non ha infatti conosciuto il cinema Vittoria. Tanto che non lo abbiamo mai chiamato per nome, ma sempre ricordato con una certa nostalgia, indicandolo come “il cinema dove c’era il bowling”.
Il contesto venturinese
Ma il bowling soppiantò il cinema per poco tempo, tanto che non visitai mai quella sala con le palle e i birilli. Andare al cinema significava recarsi a Piombino, all’Odeon o al Metropolitan, con le loro sale gigantesche, se comparate agli odierni multisala.
Fortunatamente, nei mesi scorsi l’amministrazione comunale di Campiglia Marittima si è accorta che una sala conferenze sottoutilizzata poteva diventare qualcosa di più che un centro a disposizione delle associazioni teatrali. Poteva diventare un cinema.
Quella sala ha una lunga storia, iniziata con l’espansione della zona fieristica di Venturina a cavallo degli anni ’80 e ’90. Grazie ai finanziamenti comunitari, si crearono grandi capannoni per ospitare la fiera mostra economica della Val di Cornia, a cui si affiancò una capiente sala conferenze. Si colloca all’ingresso della fiera, proprio davanti la piazza dove si svolge il mercato settimanale. La società pubblica che gestisce lo spazio fieristico e la farmacia comunale si chiama S.E.Fi. (acronimo di servizi per l’economia e fiere).
Nel corso degli anni, la fiera si è ridimensionata rispetto agli anni della sua nascita, quando era oggettivamente troppo grande per una cittadina di poco più di diecimila abitanti. Ma rimane quella sala che, dopo aver funzionato come centro vaccinale durante la pandemia, si è trasformata in un luogo di prove e studi per le associazioni teatrali.
Il Cinema S.E.Fi.
La S.E.Fi. e l’amministrazione comunale hanno ben compreso che si poteva fare qualcosa di più. Così, è nata una cooperazione con uno dei cinema della mia infanzia, l’Odeon di Piombino. La sala si è popolata di 140 comode poltrone blu che guardano lo schermo posto sopra a un palco di legno. Da lunedì a mercoledì, le associazioni teatrali sono libere di utilizzare come vogliono quel palco. Da giovedì a domenica, si proiettano film in prima visione.
Venerdì 8 novembre la sindaca di Campiglia Marittima Alberta Ticciati, il presidente della S.E.Fi. Alessandro Rivola e la gestrice Patrizia Gualerci hanno tagliato il nastro del nuovo cinema. Ne hanno anche approfittato per offrire un piccolo rinfresco e soprattutto presentare il masterplan dell’area fieristica, un progetto ambizioso di riqualificazione, grazie al quale il comune proverà ad accedere ai finanziamenti necessari a completare l’opera. Come ha ricordato la sindaca, quest’area deve essere valorizzata, perché esistono pochi centri fieristici così grandi in Italia.
Il cinema è conseguenza della cooperazione tra pubblico e privato, che creano sinergie per rendere un servizio alla cittadinanza. Ma il cinema non è solo un servizio, quanto un tratto distintivo, di ciò che è stato e che non c’era più. Il cinema caratterizza e fornisce un pizzico di orgoglio alla cittadinanza. Chiaro segno che amministrare i piccoli comuni non significa solo fare manutenzione, ma comprendere quali piccoli interventi possono avere un impatto significativo sui cittadini.
Insieme ai miei genitori, ho visto il primo film proiettato, “Il ragazzo dai pantaloni rosa” di Margherita Ferri. Subito dopo, è stata la volta di “Berlinguer – La grande ambizione”, film molto adatto a inaugurare un cinema in una valle dall’antica tradizione comunista.
Il ragazzo dai pantaloni rosa
Con qualche dubbio, abbiamo optato per la drammatica storia di Andrea Spezzacatena. La primissima scena, in cui l’attrice Claudia Pandolfi partorisce in modo sofferente, sembra andare nella direzione di un film che si limita a scavare nel dolore. Temevo che il film potesse diventare molto importante ma poco bello.
Invece, la giovane regista riesce a coinvolgere lo spettatore con leggerezza. Ad eccezione delle musiche, che ho trovato un po’ troppo pressanti, per gran parte della durata, “Il ragazzo dai pantaloni rosa” è un leggero racconto di formazione. Di un’adolescenza vissuta a pieno grazie alle passioni, all’intelligenza e alle abilità del protagonista Andrea. Tanto che appare come una storia comune, di un ragazzo che ha successo a scuola e nella musica, mentre scopre se stesso e anche le naturali amarezze della vita, insieme alla sua amica del cuore, Sara.
Solo alla fine del film gli eventi si avvitano e prendono la piega che la regista chiarisce sin dal principio. Gli altri ragazzi prendono di mira Andrea per la sua ricerca di sé, che contiene un mix di esuberanza, passioni, sessualità fluida e l’attrazione che prova per uno dei bulli. Così, il dramma raggiunge il climax e fa sentire tutta la sua forza allo spettatore.
Il film serve a dare una “botta” agli spettatori per far comprendere quanto fanno schifo il bullismo e l’omofobia. Ci riesce perfettamente, anche grazie alla decisione di partire leggero e terminare nella maniera più pesante possibile. Diventa quindi un film che dovrebbe essere proiettato nelle scuole, per i suoi messaggi, anziché essere fermato da qualche genitore o politico pronto a scandalizzarsi.
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