Cinema

Perché “SANPA” va assolutamente visto

2 Gennaio 2021

E’ il primo docufilm italiano prodotto da Netflix: “Sanpa: luci e tenebre di san Patrignano”.

Cinque puntate lunghe un’ora circa per raccontare la comunità di san Patrignano, ormai diventata una città con numerose attività produttive attive, nei pressi di Coriano, in provincia di Rimini. Fondata nel 1978 da Vincenzo Muccioli, annuncia, nel suo sito, di aver restituito alla libertà dalla dipendenza, in tutti i suoi anni di vita, 26mila ragazzi strappandoli alla droga.

L’impianto costruttivo e narrativo è quello dei documentari di stampo anglo-americano: assenza esplicita di un narratore, montaggio emotivo,  mancanza di performance attoriali, accostamento di immagini di repertorio ai ricordi degli intervistati.

L’intenzione degli autori è chiara: niente giudizi, ma esplicito primato alla narrazione.

L’accoglienza del docufilm ha suscitato anche importanti rigetti di questi propositi.

La comunità di san Patrignano ha emesso un duro comunicato di rifiuto del racconto perché  ciò che vi «emerge è sommario e parziale, con una narrazione che si focalizza in prevalenza sulle testimonianze di detrattori, per di più, qualcuno con trascorsi di tipo giudiziario in cause civili e penali conclusesi con sentenze favorevoli alla Comunità stessa, senza che venga evidenziata allo spettatore in modo chiaro la natura di codeste fonti».

Red Ronnie, da sempre vicino a Muccioli e alla comunità, compare nel docufilm e  prima ha prestato del materiale in suo possesso,  poi ha preso le distanze dal risultato promettendo chiarimenti.

Per altro nei titoli di coda di “Sanpa” vengono indicati i nomi delle persone che hanno rifiutato di rilasciare la loro testimonianza.

Il film secondo me va assolutamente visto.

Racconta una storia che non è un passato ormai estinto.

Tutt’oggi in Italia alle comunità residenziali sono affidate le sorti di numerose persone bisognose di accoglienza e di percorsi di riabilitazione: minori, mamme con bambini, tossicodipendenti, malati psichiatrici, adulti in difficoltà, minori stranieri non accompagnati e non ultimi anche i richiedenti asilo arrivati dal mare.

Il modello organizzativo delle origini di san Patrignano oggi non è più replicabile in alcun modo in Italia, neppure san Patrignano oggi lo riproduce.

Non è più pensabile una comunità di vita costruita sulla chiusura rispetto ai servizi territoriali e che non verifica  i propri metodi e teorie in una totale assenza di un sano confronto con il mondo medico e scientifico.

Oggi è universalmente giudicato inaccettabile un isolamento e un antagonismo verso la società e lo stato funzionale al rinforzo del patto comunitario e soprattutto al potere carismatico del fondatore.

Ma il dibattito sul modello educativo è ancora una questione assai aperta.

San Patrignano alle origini è stata certamente una comunità di vita dove hanno prevalso pratiche educative direttive che hanno prodotto, come racconta il docufilm, valenze spersonalizzanti e sottomissorie fino all’esplodere della violenza. E da qui possono cominciare considerazioni che superano i confini delle pratiche educative delle comunità residenziali. Possono iniziare riflessioni che riguardano il nostro vivere civile, sociale e politico in Italia.

Come ha ben dichiarato Carlo Gabardini, uno degli autori, “Sanpa” «è una storia attualissima, utile, sul potere degli uomini, delle sostanze, della fede o del bisogno di averne una, della politica, della famiglia e dell’ambiguità. Una storia sul nostro bisogno atavico dell’uomo forte che risolve lui senza farci sapere troppo. Una storia che spiega l’Italia e che non è mai stata raccontata dall’inizio alla fine, forse nella speranza che nessuno facesse troppe domande».

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