Cinema
Perché ho mollato True Detective 2
A Settembre, rientrati dalle vacanze col sole addosso e i nervi distesi, abbiamo stilato una lista di obiettivi per iniziare al meglio la stagione 2015/2016. E allora, tanto per incominciare, abbiamo mollato True Detective 2, con buona pace di Colin Farrell. Basta con la negatività, col cinismo, e con i trucchi narrativi ad alzo zero. Jovanotti docet: in culo ai bulli e ai fondamentalisti.
Molto semplicemente: sono due i motivi per i quali ho abbandonato la seconda serie di True Detective all’inizio della seconda puntata e nessuno dei due c’entra con discorsi da nerd seriali riguardanti la tecnica il montaggio la storia e tutte ste menate da segaioli che nei festival per i blog awards si divertono ad andare in giro insieme con la stessa tshirt. No. I motivi sono questi.
Uno. Gli escamotage narrativi mi hanno scassato la minchia. Con tutto il rispetto che posso avere nei confronti di Nic Pizzolatto, lo sceneggiatore della serie, io non ce la faccio più a sorbirmi scene come quella di Vince Vaughn disteso sul letto che guarda due macchie di umidità sul soffitto e da qui parte per un monologo in cui – con voce spezzata e occhi sgranati – racconta la storia della sua vita e dice a te telespettatore lobotomizzato il perché e il percome delle sue paranoie.
nessuno dei due motivi c’entra con discorsi da nerd seriali riguardanti la tecnica il montaggio la storia e tutte ste menate da segaioli
Quello di inquadrare un particolare (le macchie di umidità) e fargli fare da leva per scoperchiare paure, ansie, passato di un protagonista è un trucco tipico presente ovunque ormai. Nei film, nelle serie, nei libri. Prendete le biografie, da Open di Agassi a qualsiasi altra fortunata bio uscita in questi anni: si parte con un episodio e poi bum, flash back per ricominciare dall’inizio. Altro tipico esempio di stratagemma narrativo. Sa, sanno, di artificio, mi allontanano dalla verità. Fanno sentire un intervento autoriale di cui mi sono stancato. Beato chi questo filtro riesce a eliminarlo. Mille volte meglio Life di Keith Richards. Comincia con un episodio ma è un episodio quasi buttato lì. Un capitolo intero che non ti spieghi perché sia proprio lì, all’inizio, e poi pensi che la vita va così, è un flusso continuo e i momenti cardine non li scegli te, li capisci a posteriori. Il lavoro dell’autore è quello di individuarne uno e di renderlo simbolico e caricarlo di valore? Probabile. Per molti autori editori e produttori sicuramente. Per me è una via troppo battuta, troppo facile, troppo sicura ormai.
Due. Sarà che una serie come True Detective va vista quando fuori piove e il mondo è buio e non quando c’è luce fino alle 9 di sera ma mi sono stancato anche di tutti sti personaggi che con la vita non hanno mai fatto pace e non fanno altro che propagare negatività su negatività. Proposito per il rientro: POSITIVITÀ. Circondarsi di persone positive. La positività è la migliore arma, di marketing e non solo. Questo agosto ho ascoltato bene l’ultimo di Jovanotti (davvero notevole come album, davvero notevole) e la canzone che si intitola Il Mondo è Tuo dice: in culo ai bulli e ai vittimisti, ai fondamentalisti. Prendete i politici: vince chi sa dare una visione, chi parla un linguaggio dove i NON sono pochi, dove i ma e i però sono delle eccezioni. Prendete i personaggi televisivi o gli sportivi: funzionano quelli che trasmettono ironia, follia, che comunicano carisma e una bella dose di umanità.
Apritevi, desiderate, che ha ragione chi sostiene che la volontà è categorica, e imperativa
Poi ci sono quelli sotto che fanno rumore, che reclamano un posticino in tribuna, che rosicano, che contribuiscono al caos. Ma queste sono le comparse, che ciancicano, commentano sui Social, fanno le parodie. Che trovano le giustificazioni. Il Mondo è di chi se lo prende, dice appunto Jovanotti. Di chi affronta le battaglie col sorriso, di chi fa ballare e divertire. Non di chi ha opinioni su questioni di cui in realtà ne sa un cazzo, niente, zero. Apritevi, desiderate, che ha ragione chi sostiene che la volontà è categorica, e imperativa, chi vi consiglia che deve essere il futuro a condizionarvi, non il passato, in culo agli psicologi. Ha ragione chi è felice: lo diceva Tolstoj. POSITIVITÀ, gente. Buon settembre, buon rientro.
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