Cinema

Oliver Stone racconta il caso Snowden

15 Ottobre 2016

Oliver Stone trasforma il caso Snowden in un film, raccontando al cinema la storia del consulente informatico dell’ Agenzia Nazionale di Sicurezza degli Stati Uniti (NSA), che nel 2013 decide di lasciare il suo lavoro e diventare nemico pubblico degli USA, per dire la verità al mondo e cioè: “sì, siamo tutti controllati”. L’ uomo del Datagate, accusato in patria di spionaggio, per molti è un eroe. Tra quelli che la pensano così, c’è senz’ altro il regista settantenne premio Oscar, che con la solita passione anti-sistema, ricostruisce una vicenda che lui stesso definisce complessa, seguendone passo passo lo sviluppo, e facendosi guidare dallo stesso Snowden nel ventre del lavoro e delle pratiche dell’ NSA.

“E’ stato difficile narrare in modo cinematografico la storia di Edward Snowden,” racconta il regista, presentando il suo film alla Festa del Cinema di Roma,  “innanzitutto perché è una storia che si sviluppa nell’ arco di nove anni, ed è una storia per sua natura molto complessa. Le informazioni che ci ha dato lo stesso Snowden erano complesse, il tema era complesso, e quindi speriamo di aver fatto un buon lavoro per rendere tutta questa materia un film. Negli Stati Uniti questo film non è stato accolto in modo trionfale: a qualcuno è piaciuto, altri lo hanno distrutto con le loro critiche, posso comprenderlo: non è un film di spionaggio classico, ma  di certo tratta un tema che ci riguarda tutti.”

Lei oggi si fida ad usare il cellulare, le mail, i social ecc? “Io consiglio di fare attenzione nell’ uso della tecnologia, di internet, degli smartphone e di tutto il resto. Ormai sappiamo che questi strumenti di uso quotidiano possono essere anche strumenti attraverso cui possiamo essere controllati. Bisognerebbe sempre pensare che tutti noi possiamo essere dei ‘sospettati potenziali’, forse non ora, ma in un futuro, forse per un reato che oggi nemmeno esiste, ma esisterà domani, quando, per esempio, il governo deciderà che un certo tipo di protesta diventerà illegale. A quel punto, tutte le informazioni che noi stessi abbiamo dato su di noi, attraverso telefonate, mail, chat, social, potrebbero essere usate contro di noi. Chi può sapere cosa accadrà domani? Viviamo in tempi in cui tutto può accadere. Se dovessi dare un consiglio, direi a tutti di usare servizi che assicurano lo scambio di dati coperti da crittografia. Ce ne sono diversi e, non a caso, dopo le rivelazioni di Snowden, questo tipo di servizi ha registrato un boom, le persone vogliono tenere al sicuro la loro privacy. Anche perché, è molto difficile sapere come si stia comportando l’ NSA con  nostri dati. E su questo, anche il presidente Obama, a parte i proclami, ha fatto ben poco. La realtà è che tutto quello che sappiamo del lavoro dell’ NSA ce l’ ha spiegato Snowden.”

Snowden ha visto il film? “Si, Edward Snowden ha visto il film, ma prima ancora di vederlo, ci ha aiutato moltissimo in fase di lavorazione. Ha letto due volte la sceneggiatura (la seconda era quella riscritta sulla base dei suoi commenti e delle sue indicazioni), ci ha dato molti dettagli sul suo lavoro e sulle procedure dell’ NSA, alla fine ha pubblicamente approvato il film, lo ritiene un racconto realistico della sua vicenda, pur nelle limitazioni che il mezzo cinematografico ci impone: ad esempio, quella di dover condensare in due ore una storia lunga nove anni..

Ci sono analogie tra il percorso personale di Snowden e il suo? Tutt’ e due siete cresciuti conservatori…” Si, forse c’è qualche analogia tra la storia di Snowden e la mia: anche lui è cresciuto da conservatore, esattamente come me. I miei dubbi sono iniziati in Vietnam, ma prima di arrivare a cambiare la mia visione delle cose ci sono voluti molti anni. Quando negli anni 80 ho visto come si comportavano gli Stati Uniti in centroamerica, ho capito che stavano facendo esattamente quello che avevano fatto in Vietnam e poi, studiando la storia, ho capito che le invasioni sono una costante della storia degli Stati Uniti. La mia riflessione dunque, è durata anni. Snowden invece, ha dimostrato un coraggio enorme: è più giovane, e ha vissuto quella che, per certi versi, si può definire anche una storia kafkiana: risucchiato negli ingranaggi del potere si è ritrovato a commettere pratiche illegali richieste dal sistema, senza saperlo.  La sua ribellione è un atto di grande coraggio.

La conclusione del film è che il fatto che l’ NSA spiasse i nostri cellulari, non è collegato solo all’ esigenza di sicurezza e di politiche antiterrorismo

Snowden, come tanti cittadini americani, all’ inizio, è favorevole alle politiche di controllo e sicurezza utili alla lotta contro il terrorismo, ma poi si rende conto che tutto quello che succede, in realtà, non ha niente a che fare con il terrorismo. E d’ altronde, tutte le volte che dei terroristi sono stati catturati, da Boston a Parigi, si è scoperto che queste persone erano già note alle autorità. Quindi, quello che ci ha svelato Snowden è che il controllo dei nostri dati, il nostro essere spiati a nostra insaputa, non ha assolutamente niente a che fare con il terrorismo: il vero scopo è osservare tutto e tutti per recuperare la maggior massa di informazioni possibile, ed usarle per la Causa, cioè è il potere degli USA, che si perpetua, ad esempio, causando cambiamenti di regime in giro per il mondo(Libia, Siria, Brasile, Ucraina) o raccogliendo dati anche in paesi che oggi sono amici ma domani chissà. E’ la cyberguerra, ed è una realtà.

In conclusione, il messaggio più importante che ci dà il caso Snowden  è: ‘Stiamo attenti al potere che diamo ogni giorno, scambiandoci dati e informazioni.’”

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