Cinema
Non solo Bridgerton: 5 period drama per non andare in astinenza
In quest’epoca di streaming e pandemia, un’occasionale dieta a base di piumone e binge watching non è più qualcosa da vivere con vergogna, ma una sorta di dovere morale per arrivare alla fine del weekend rosso/arancione con ancora un po’ di sanità mentale. E i veri esperti nella nobile arte dell’ozio non avranno dubbi nel decretare il genere di visione più adatta all’escapismo: il period drama, ovviamente.
Di questo settore della serialità, che ha cementato la fama delle fiction targate BBC e decretato la fortuna oltre Atlantico di servizi streaming a pagamento come BritBox, si comincia a parlare un po’ di più in Italia dal fenomeno Downton Abbey e dopo l’infatuazione collettiva per The Crown, ma a decretarne il definitivo arrivo nel mainstream è stata ovviamente la factory Shondaland, che in un tripudio di arroganza distributiva e celebrazione dell’intrattenimento puro ha deciso di rilasciare, tocca ormai adattarsi a questo orribile calco dell’inglese “release”, il suo primo lavoro targato Netflix, il giorno di Natale 2020.
Parliamo di Bridgerton, ovviamente, il focoso, gioioso, fantasioso tuffo nel Regency secondo lo sguardo cialtrone ma affettuoso dell’americano medio. Bridgerton su cui è già accesissimo il dibattito (“Troppo sesso!”, “È antistorico!”, “I period drama lasciamoli agli inglesi!”) e su cui, quindi, tacciamo subito, per non unirci al già foltissimo coro. Parliamo invece del momento crudele in cui avrete finito di divorarlo, e vi ritroverete improvvisamente orfani di balli a corte e fanciulle aggraziate che chiamano mama (pronunciato “mamà”) la genitrice.
C’è una soluzione per tutto: quelli che seguono sono i migliori prodotti inglesi – inglesi veramente: abbi pazienza Shonda – che hanno ingentilito, affinato e celebrato il glorioso genere period drama negli ultimi 20 anni o giù di lì. Tra adattamenti letterari, gioiose frivolezze e tocchi gotici, sono 4 miniserie di alto livello e un film quasi storico su cui riversare senza vergogna tutto il vostro bisogno di comfort streaming, per arrivare dritti al 7 gennaio con una voglia pazza di ripassare le buone maniere e di allenarvi nella Received Pronunciation. Buona visione.
Sanditon (2019, 8 episodi)
Non di sola BBC vive il period drama britannico di derivazione letteraria. Questo adattamento targato ITV fa rivivere niente meno che un romanzo incompiuto di Jane Austen, quel Sanditon che, per una volta, usciva dalle piccole beghe dell’aristocrazia di campagna per abbracciare un panorama nuovo, se non addirittura – parola forse sgradita alla nostra Jane – “moderno”. La serie narra le vicende di Charlotte (Rose Williams), campagnola innocente che si ritrova ospite nella piccola comunità di una località marina in costruzione, la Sanditon del titolo, che punta a diventare il buen retiro dei Londinesi alla moda. Il romanzo originale (interrotto nel 1817 poco prima della morte dell’autrice) si ferma al dodicesimo capitolo, non prima di avere introdotto il personaggio di Miss Lambe (Crystal Clarke), ricca ereditiera di origine caraibica a cui la serie dedica un amore contrastato e una solida alleanza con la protagonista. I puristi di Jane Austen e period drama hanno storto il naso davanti alle scene di sesso e di nudo, ma sul web abbondano i fan che chiedono a gran voce una seconda stagione.
Vanity Fair (2018, 7 episodi)
Questo gioiellino di produzione ITV porta ancora una volta sullo schermo il capolavoro di William Thackeray, autore vittoriano che però ambienta la sua storia tra i fasti della Reggenza. Tra passeggiate notturne a Wauxhall, giardini di delizie dell’aristocrazia dell’epoca, e citazioni storiche che coprono anche la battaglia di Waterloo, scorrono parallele le storie della mite Amelia Sedley (interpretata da Claudia Jessie, che invece in Bridgeton è la frizzante proto-femminista Eloise) e dell’esuberante Becky Sharp (Olivia Cooke). È in quest’ultima, già portata al cinema negli anni ’30 da Miriam Hopkins e nei 2000 da Reese Witherspoon, che risiedono il fulcro e il fascino della storia. Tanto ambiziosa e amorale quanto simpatica e divertente, Becky incarna il fascino di un’era di ottimismo e frivolezze, e lo spirito ambiguo di un romanzo dove “All is vanity, nothing is fair”.
Belle (2013, lungometraggio)
Sola eccezione a questa lista di miniserie per il film che si ispira alla vera storia di un personaggio poco conosciuto. Parliamo di Dido Elizabeth Belle Lindsey, figlia di una donna africana tenuta in schiavitù nelle cosiddette “Indie Occidentali” (gli attuali Caraibi) e di un ufficiale britannico, rimasta orfana e allevata ad Hampstead dal conte di Mansfield, Lord Chief Justice, cresciuta come una nobildonna e ritratta nel 1779 dal pittore David Martin in un quadro tuttora custodito in Scozia, allo Scone Palace di Perth. Poco altro si sa tanto del quadro quanto dell’ereditiera. Il film allora cuce addosso all’affascinante Belle una storia di passione e politica, facendo coincidere il suo oggetto d’amore con un aspirante avvocato che si batte per una giusta sentenza nella triste vicenda del Zong Massacre (l’omicidio di massa di oltre 140 prigionieri africani gettati in mare dalla nave schiavista Zong, con conseguente richiesta di risarcimento da parte degli armatori che consideravano “merce” gli schiavi uccisi), un passaggio storico importante, dove davvero ebbe rilevanza il verdetto del tutore di Belle, Lord Chief Justice, per arrivare allo Slave Trade Act del 1807, che sancì l’abolizione della tratta degli schiavi in Inghilterra.
Jane Eyre (2006, 4 episodi)
Dal capolavoro di Charlotte Brontë un intensissimo adattamento targato BBC. Gotico, cupo e appassionato, porta sullo schermo la storia dell’amore maledetto tra una sfortunata, tenace e talentuosa istitutrice e il suo burbero, misterioso e “danneggiato” datore di lavoro. Nel libro è ricordato come né la protagonista Jane né il suo ombroso oggetto d’amore fossero in possesso di una bellezza tradizionale, la serie invece si affida all’indiscussa sensualità dell’eclettica Ruth Wilson (The affair, Luther) e ai lineamenti cesellati di Toby Stephens (che tra parentesi è figlio di Maggie Smith, la Lady Violet di Downton Abbey per intenderci). Se volete uscire un po’ dalla vivacità delle feste Regency per abbracciare un romanticismo ombroso e tetro, questa bellissima miniserie fa per voi.
Pride and prejudice (1995, 6 episodi)
Impossibile non menzionare l’iconico e citatissimo adattamento BBC di Orgoglio e Pregiudizio. E non solo perché protagonista di un geniale corto circuito pop, prima con Helen Fielding che lo cita nel suo romanzo Bridget Jones, sovrapponendo l’austeniano Mr Darcy con il personaggio di Mark Darcy, e poi con il Bridget Jones cinematografico che usa lo stesso attore della miniserie, ovvero Colin Firth, che da allora, grazie soprattutto a una certa camicia bagnata, diventa icona a sua volta. Citazioni pop a parte, dicevamo, questa trasposizione televisiva del più celebre romanzo di Jane Austen regge benissimo alla prova del tempo ed è ancora un incantevole esercizio di grazia e leggerezza, oltre che un campionario di interpretazioni impeccabili: indimenticabile la “Lizzie” di Jennifer Ehle, i cui occhi intelligenti traducono alla perfezione le sfumature del personaggio di Elizabeth Bennet, eccezionale David Bamber nei panni dell’untuoso Mr Collins, adorabile e mai abbastanza citato il Mr Bingley di Crispin Daniel Bonham-Carter (che di Helena è solo un lontano cugino: non gridate al nepotismo). E poi, sì, c’è Colin Firth.
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