Cinema

La metafora del “postino”, a oltre vent’anni di distanza

5 Giugno 2020

Per ricordare Massimo Troisi trovo appropriato soffermarmi sulla sua ultima e sofferta fatica, “Il postino”, diretta da Michael Radford. Ispirato al romanzo “El cartero de Neruda”, dello scrittore cileno Antonio Skàrmeta, il lungometraggio rappresenta il capitolo conclusivo del testamento artistico e morale dell’attore napoletano.

Dopo poco più di vent’anni, la favola di Troisi tocca ancora il cuore degli amanti del cinema, restando uno degli esempi più genuinamente poetici della filmografia mondiale, a dispetto di un tempo, quello di oggi, impoetico e troppo cinico per contemplare standard di una simile bellezza immaginifica. Ma la cinematografia è arte, e come tale si rigenera in ogni tempo per assolvere al suo compito di generatore di sogni, regalando immagini e parole che raccontano i momenti incantati dell’esistenza, pregna di speranza, slanci, sofferenza, e qualche volta di felicità.

Il Postino, oggi più che mai come metafora moralizzatrice di un frangente storico segnato dall’oscurantismo dell’animo, dove le relazioni sociali, a qualsiasi livello, dalla politica ai rapporti interpersonali, sono contrassegnate dalla slealtà e a farla da padroni sono i miserabili impulsi dell’egoismo più sfrenato. Il Postino, opera ultima di un curioso ed eterno apprendista nato Maestro, capace come pochi di offrire un infinito intimistico che apre alla tenerezza interminabile, all’invisibile semplicità dell’amore, alla possibilità di assaporare l’autenticità della vita. Il Postino, semi-analfabeta dalla purezza in cattedra, che insegna a dar valore alle piccole cose, che svela l’essenzialità dei sentimenti, che regala una poesia tanto ignorante e genialmente ingenua da raggiungerla nella sua verità più profonda, come nessun erudito saprebbe fare.

Chissà, cos’altro avrebbe potuto creare? Di certo c’è che ci avrebbe sorpreso ancora, spiazzati e graziosamente disorientati, come solo lui sapeva fare. Alla sua maniera, senza strafare, con una naturalezza disarmante, che era acutezza, equilibrio, fantasia.

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