Cinema
Matteo, Joker e il déjà vu
“Freedom just around the corner for you
But with the Truth so far off, what good will it do?
La Libertà proprio dietro l’angolo ti attendeva
ma con la Verità così lontana, cosa te ne verrà di buono?”
Jokerman – Bob Dylan
Nel fine settimana sono finalmente andato a vedere Joker (già sento orde di fan di Marco Giallini/Schiavone commentare l’inizio di questo pezzo con un bel “e sti ca##i?”) e mentre mi godevo (si fa per dire…) la pellicola diretta da Todd Phillips c’era qualcosa che mi rimbombava in testa, ancor più della superpompata prova attoriale di Joaquim Phoenix.
Avete presente quanto una parola non vuole uscirvi dalla bocca, vi impegna ad uno sforzo lessicale immane per raggiungerla e poi, quando finalmente ce l’avete fatta, vi guarda dicendo “Bè? Che c’è? Io è un pezzo che ti aspetto qui…”. Ecco, ero messo così.
Guardavo Phoenix gigioneggiare con un personaggio più grande di lui (in un film inconsistente come una critica cinematografica ritagliata sulla cartella stampa fornita dalla produzione) e mi chiedevo: “che parola mi manca per definirlo?”. Ad un certo punto, l’illuminazione. La parola o, meglio ancora, il concetto era: déjà vu.
Il film che mi trovavo davanti era uno zibaldone di concetti presi da film del passato, un mix irrefrenabile di storie vecchie ma buone per ogni occasione. E non parlo solo di Re per una Notte (un omaggio che sa di plagio) ma anche di Un giorno di Ordinaria Follia, di una spruzzatina di V for Vendetta e di un ciccinino di Psycho*. Dentro uno stile di ripresa che una volta, quando erano di moda, si sarebbe definito “da videoclip”.
Attenti, non scrivo queste cose per far sfoggio di conoscenza cinematografica ma per sottolineare un altro aspetto, a mio avviso ancor più inquietante, della pellicola che mi ha portato via due ore di vita. Queste pellicole non erano citate nel film a proposito ma solo, come dire, per titoli quasi a dover supportare con la loro presenza l’inconsistenza della sceneggiatura. In fondo, se invece di Joker, questo film si fosse intitolato “Arthur Fleck”, staremmo tutti a parlarne? Più che un omaggio ad un personaggio conosciutissimo, l’uso spregiudicato di un franchise.
Ma questo conta poco, lo spettatore ignaro si godeva la storia per enunciati, quello maturo i rimandi, tutti contenti. E, naturalmente, la “gran prova” di Phoenix/Joker. Insomma era come leggere un Dylan Dog gestione Sclavi, quello a cavallo degli anni ’90. Anzi, no. Era come leggere uno dei suoi infiniti cloni dell’epoca, perchè Sclavi non avrebbe mai fatto un guazzabuglio così raffazzonato.
E siccome l’associazione di idee è una brutta bestia, immediatamente dopo a “déjà vu”, mi è venuta in mente la Leopolda. Proprio vero, come dicevano i nostri nonni, che la mente è un filo di capello. Però a pensarci bene, cos’è stata l’ultima Leopolda se non un enorme déjà vu collettivo, con Renzi rappresentabile come un Joker/Phoenix al lampredotto? Pezzi di programma tirati via, comprimari sovraeccitati, il protagonista superpresente. Ah, a proposito: non pensate che anche lui dovrebbe girare con un biglietto plastificato su cui è scritto “scusate ma ho una condizione patologica che mi costringe a parlare continuamente del mio governo come il migliore che ci sia mai stato”? (se temete spoiler sul film non guardate qui). La Leopolda, nata come evento politico ad alto valore contenutistico (almeno così la spacciavano negli anni scorsi, coi tavoli programmatici e gli ospiti ad alto valore aggiunto), trasformata in una convention sguaiata che pensa più ai numeri degli iscritti e degli ingressi che alla qualità degli interventi.
E in più la comunicazione di tutto l’evento è stato un continuo aggrapparsi a segnali già presenti, in una gara isterica a rendersi riconoscibile (e quindi affidabile). Ma, esattamente come il Joker cinematografico, senza alcun costrutto unitario se non il richiamo a quanto già conosciuto. Un toccasana, forse, per chi lo apprezza. E l’illusione, per chi non lo conosce, di assistere a qualcosa di nuovo. Mentre è solo un frullato di déjà vu.
* a proposito di quest’ultimo film, vi consiglio il volume appena uscito da Adelphi a firma Guido Vitiello
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