Cinema
L’elefante nel vaso di Pandora: lo scandalo Weinstein a Hollywood
“Vuoi diventare una star di Hollywood? Bene. Devi prima fare una cosa…”
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Ecco, questa frase credo sia stata inventata circa centoventi anni fa, non di certo negli ultimi vent’ anni e non di certo da Harvey Weinstein. Lui, vecchio maniaco potente e influente, ha sfruttato questa formula magica per portare (o tentare di portare) nelle sue stanze fior fior di ragazze, future star (o alcune no) di Hollywood.
Questo grande elefante, simile al corpulento Harvey, si è aggirato tra i cristalli del cinema fin dall’ inizio dei tempi, stando bene attento a non rompere niente, ma ora ha spaccato numerosi fragili oggetti, spaventato dall’ esplosione del vaso nelle mani della signorina Pandora.
Ma analizziamo la vicenda per bene: Rose McGowan, Lena Dunham, Amber Tamblyn non sono nomi di grandi attrici hollywoodiane riconosciute in tutto il mondo e con carriere fantasmagoriche. Sono donne coraggiose che dopo essersi viste insabbiare qualsiasi cosa per vent’anni, alla fine sono riuscite a far sentire la propria voce. Il gigante è caduto. Uno degli uomini più potenti e influenti del cinema è capitolato e nessuno fa nulla per dargli una mano. Nemmeno sua moglie, che l’ha lasciato da un giorno all’altro. E nemmeno suo fratello, che lo ha licenziato dalla società. Giusto così, direi.
Ah, lo sapevate che Alfred Hitchcock molestò a lungo Tippi Hedren e davanti ai suoi ripetuti rifiuti le stroncò la carriera cinematografica? Sì, proprio la bionda de “Gli Uccelli” e “Marnie”. Ma torniamo al presente.
Facciamo bene attenzione alla distinzione tra accuse di molestie verbali, molestie fisiche, tentativi di stupro e stupro compiuto: sono cose ben diverse, ma gli organi di informazione accomunano tutto nello stesso calderone. I telegiornali italiani si stanno scagliando contro Weinstein con tanta veemenza: per gli italiani lui è un orco che ha stuprato tutte. Dove sono finiti però i titoli e le indagini sui carabinieri italiani che hanno violentato due turiste straniere? Già nel dimenticatoio? Un potente americano in California è più importante di un reato gravissimo nel nostro Paese attuato dalle forze dell’ordine? Certo, perchè uno scandalo a Hollywood tiene in piedi il telegiornale per una settimana intera e c’è un solo motivo: diventa tutto gossip. Questi pettegolezzi non sono alimentati solo dai giornalisti, ma soprattutto dagli attori stessi. Ben Affleck, che ha vinto un Oscar per un film prodotto da Weinstein, non ha preso immediatamente posizione contro il suo produttore, quindi Hilarie Burton ricorda che lui le ha toccato il seno in pubblico e lo accusa di molestie, paragonandolo a Weinstein. Poi tirano in ballo il fratello Casey Affleck che ha ricevuto in passato accuse analoghe. Gli Affleck corrono ai ripari e tramite Twitter si scusano. Nel frattempo Gwyneth Paltrow accusa Weinstein e corre in suo aiuto l’ex marito Brad Pitt, che però non difende anche l’altra ex Angelina Jolie, a sua volta vittima di Weinstein. Poi arriva un attore che dice di essere stato molestato da Weinstein davanti alla propria moglie. Allora partono opinioni e litigi sui social, scattano le opinioni violente degli haters, i tabloid impazziscono di gioia, tutti parlano e scrivono di tutto senza informarsi e si perde completamente il focus della vicenda.
E’ inutile chiedere alla McGowan o ad altre vittime perchè abbiano taciuto per vent’anni, innanzi tutto perchè non hanno taciuto, poi perchè bisogna capire chi fosse Harvey Weinstein. Quest’ uomo ha avuto in mano la produzione hollywoodiana (politicamente ed economicamente), l’ Academy e i favori politici per trent’anni. Ha lanciato nell’ Olimpo del cinema gente del calibro di Quentin Tarantino (che al momento ha detto di essere in pausa riflessiva e a breve si esprimerà sulla vicenda) e con i film che ha prodotto con Miramax e The Weinstein Company ha collezionato più di 300 nominations. Tutti sapevano del suo vizietto, incluso il fratello e i colleghi della propria società di produzione. Da chi è stato sapientemente coperto quest’ uomo fino ad oggi? Indizio: è stato finanziatore delle campagne di Barack Obama e di Hillary Clinton. Altro indizio: è sempre stato il collante tra l’ Academy e il Partito Democratico. Aggiungo che, lette le varie dichiarazioni, sembra che la sua personalità e il suo carattere potessero mettere in soggezione anche Vito Corleone. E quindi chi ha il coraggio di lanciarsi pubblicamente contro di lui? Una singola donna senza seguito? Se tutti hanno paura, una donna da sola contro questo colosso fa sicuramente una brutta fine.
Poi ci sono quelli che usano a proprio favore questa vicenda per scagliarsi contro la casa di produzione Miramax togliendosi dalle scarpe sassolini rimasti lì dal 1997, tipo Guillermo Del Toro con le sue esternazioni prive di senso. Poi ci sono quelli che paragonano Weinstein a Trump e vedono in questo modello di uomo il declino degli Stati Uniti. Poi ci sono quelli che tirano in ballo gli amici di Weinstein per ottenere vendette private, tipo Isa Hackett che ha fatto sospendere il capo di Amazon Studios Roy Price. Poi c’è il figlio di Woody Allen e Mia Farrow che, volente o nolente, è sempre in mezzo a vicende di questo tipo. Poi ci sono quelli che ne vedono un’ opportunità per far tornare il proprio nome nei titoli dopo anni nel dimenticatoio e si buttano sul carro degli accusatori.
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Mi viene in mente un episodio: vi ricordate quando nel 1993, approfittando dei gravissimi guai giudiziari di Michael Jackson, Al Bano decise di tornare alla ribalta accusando di plagio il Re del Pop? Un’ idea folle, ma che ebbe un successo gigantesco nel nostro povero Paese, visto che la maggioranza degli italiani ignora tutt’oggi come sia finito quel processo (e Al Bano si guarda bene dal raccontarlo). Risultato: tutta l’Italia ad acclamare il ritorno di Carrisi. Sono operazioni che funzionano molto bene mediaticamente.
Parlando di Italia, una delle vittime di Weinstein è stata Asia Argento e a quanto pare si è trattato di qualcosa di più di semplici molestie. E tornando agli “amici” di Harvey, negli Usa si sta parlando molto delle sue serate in Italia con i produttori a base di prostitute e attrici (o presunte tali). Non c’è da meravigliarsene, visto che nel nostro Paese se fai queste cose diventi Primo Ministro e la folla ti acclama nelle urne elettorali.
E poi si arriva al ridicolo: la famiglia Clinton si dichiara disgustata dal comportamento di Harvey Weinstein. Lo credevano un amico e un fidato finanziatore, invece faceva il prepotente con le ragazze di nascosto dalla moglie. Che schifo. Ah, avete letto bene: Clinton. Ora buttate via tutte le dietrologie e i complotti sugli hacker russi: Trump ha vinto le elezioni grazie alla famiglia Clinton.
Per tirare le somme di questa vicenda che si protrarrà ancora per un po’: sembra che negli Usa abbiano scoperto l’acqua calda, i grandi produttori che usano il proprio potere per avere favori sessuali dalle attrici in cambio di ruoli nei film. Weinstein farà una brutta fine, forse anche in galera, le sue vere vittime avranno finalmente giustizia, anche se tardi. Qualcuno tornerà nel dimenticatoio, qualcuno che ne ha approfittato per farsi notare farà varie ospitate nei talk show americani e poi tornerà alla sua “normale” vita. Weinstein si è recato in Europa per dimostrare a tutti che è deciso a disintossicarsi dal sesso in una clinica specializzata: mi auguro per lui che non sia a Villa San Martino ad Arcore, altrimenti alle prossime elezioni ce lo ritroveremo Presidente del Consiglio.
In onore delle donne che hanno subito molestie o abusi da questo tizio e che ora hanno la possibilità di far venire tutto alla luce, faccio notare come uno dei film da lui stesso prodotti e di maggiore successo gli si possa ritorcere contro. Siamo all’interno di una roulotte, davanti a noi in primo piano il profilo di un uomo, il cui nome è Bud. Ha un cappello da cowboy. Sullo sfondo una sezione sfocata di deserto. Suo fratello ne ha fatte di tutti i colori al genere femminile: Bud lo sa ed è stato complice. Guarda il deserto e dice “Quella donna merita la sua vendetta. E noi…meritiamo di morire.”
Fade to black. The End. Titoli di coda.
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