Cinema
Le praterie infinite dei bimbi della DDR
Chiunque sia stato bambino nella DDR, ha amato l’avventura ed i mondi lontani attraverso Winnetou ed Old Shattered, un capo indiano Iowa ed il suo amico guida bianca, due uomini buoni, che assomigliano molto a Tex Willer e Tiger Jack, che sono stati creati dalla penna di Karl May, e che attraverso una serie di romanzi che sono stati un successo pubblicistico mondiale, nella seconda metà dell’800 erano sulla bocca di ogni tedesco.
Karl May aveva comunque una storia personale difficile: studente brillante e poverissimo, è stato arrestato diverse volte per furto e per truffa, e fino ai 30 anni ha fatto dentro e fuori dalle galere, tra Zwickau e Dresda, senza riuscire mai a trovare un impiego sicuro. Ma nel 1874, in seguito all’industrializzazione della stampa ed alle prime scoperte geografiche, Karl May è stato in grado di pubblicare, di guadagnare quanto bastava a mantenerlo, e di trovare un filone di successo: gli indiani buoni travolti dai visi pallidi cattivi che venivano dall’Europa – oggi una cosa normale, ma allora, tra il 1874 ed il 1900, una tesi rivoluzionaria.
Ma il mariuolo Karl May era un pacifista convinto, che ha pagato con dei processi e quasi con la galera la sua posizione pacifista in tutti i conflitti e che, nel 1912, poco prima di morire per avvelenamento da piombo, aveva ammonito dal rischio che la politica seguita dalla Germania e dai regnanti d’Europa avrebbe potuto presto portare ad una guerra di proporzioni inaudite e completamente senza senso. Del resto, da quando aveva avuto successo (anche economico), politici ed intellettuali tedeschi non smettevano di ingiuriarlo, contrastarlo, accusarlo di nefandezze varie, tra cui il plagio.
Al contrario di Salgari, Karl May ha veramente viaggiato nelle terre descritte nei suoi romanzi. Lui e sua moglie Emma hanno passato oltre un anno, tra il 1908 ed il 1909, del Far West di Winnetou, cosa che aumentò la rabbia di Karl May contro l’opera di annientamento culturale (prima ancora del genicidio) delle tribù pellerossa.
A partire dal 1920 diverse case di produzione tedesche hanno comprato i diritti per diverse versioni cinematografiche, tutte realizzate con prodotti scadenti e raffazzonati, finché, alla fine degli anni 50, la casa di produzione Rialto, insieme ai registi della CCC Film di Berlino, non si misero all’opera per realizzare un’intera serie e renderla credibile, usando le foreste e le montagne della Croazia come teatro naturale per le gesta degli indiani sognati da Karl May.
Dieci film, realizzati tra il 1960 ed il 1968, sono il prodotto di questo progetto: un prodotto che sotto ogni punto di vista (sceneggiatura, regia, colonna sonora e pellicola) sono decisamente migliori di quelli della concorrenza americana. Dieci film che venivano proiettati liberamente nella DDR (al contrario dei prodotti americani) e che davano adito a ciascuno di sognare il grande mondo libero degli indiani, una terra bellissima e gentile, calda ed assolata, l’esatto contrario della gelida industrializzazione forzata che avveniva in Germania Est.
Ma è la musica di Martin Böttcher ciò che rende quei film, ancora oggi, unici. Il tema principale dei film apre il cuore, lascia veramente immaginare una terra selvaggia e libera, nella quale esista ancora spazio per l’avventura, l’amicizia, la pace tra i popoli. Pilota della Luftwaffe a soli 17 anni, Böttcher era stato abbattuto durante il suo secondo volo, a soli 17 anni, ed aveva trascorso quattro anni in prigionia, imparando a suonare la chitarra ed il pianoforte per i compagni di prigionia e per gli ufficiali inglesi del campo.
Una fortuna, perché in questo modo, quando è tornato alla vita civile, nel 1949, aveva contatti sia in Europa che in America, ed ha iniziato una carriera di compositore di successo, specie dopo aver ricevuto l’incarico di scrivere la colonna sonora di un’intera serie televisiva sull’opera letteraria di Edgar Wallace. Quando lo hanno chiamato per Winnetou, Böttcher era quindi un autore già affermato che, con queste musiche, è diventato immortale. Perché sono musiche vicine all’eco della musica western che viene dall’America, ma sono profondamente europee, ed esprimono proprio questo bisogno di spazio e di libertà – tutto ciò che nella DDR non esisteva.
Conosco mille di questi ragazzini che hanno sognato cavalcando accanto ai due amici in un West immaginario, combattendo i cattivi visi pallidi in nome di un popolo gentile ed innamorato della natura, che non appare mai abbrutito ed incolto, ma è sempre fiero e tranquillo, in pace con sé stesso e l’universo. Una pace che Karl May non ebbe mai, perché soffriva di turbe psichiche e di claustrofobia, e quindi trovava negli spazi infiniti del suo West immaginario la serenità che, nella vita quotidiana, gli era negata. Forse è anche per questo che lo amiamo, perché siamo anche noi nostalgici di quel mondo mai esistito e che è un mondo popolato da bellissimi indiani, giammai da schifose giacche azzurre.
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