Cinema

Le lenzuola di James Bond si fanno a Burano

23 Ottobre 2016

Le lenzuola di 007 si fanno a Burano. Un accessorio di fondamentale importanza nella vita di James Bond: vedi alla voce «rotolarsi nelle» e, naturalmente, non da soli. Una straordinaria storia di genio e inventiva italiani quella che ha portato Emilia Burano, una ditta familiare dell’isola della laguna veneta nota per i merletti, a collaborare con l’Aston Martin, ovvero la casa automobilistica più amata dall’agente segreto britannico.

Tre anni fa ci sono stati i primi contatti tra i produttori di auto di lusso e la famiglia Ammendola, merlettai da quattro generazioni (Emilia era la bisnonna). Poi l’accordo e da due anni la commercializzazione della biancheria da casa: lenzuola, tovaglie, accappatoi, asciugamani. Tra breve uscirà l’AM37, la prima Aston Martin del mare: barca veloce convertibile da un milione di sterline. Tutta la dotazione di biancheria di bordo sarà di Emilia Burano.

L’unica caratteristica di questa linea è la qualità: cotone egiziano, filato e tessuto in Italia. Non si vedono marchi (salvo su qualche fodera) soltanto nell’etichetta interna, dove ci sono le istruzioni per il lavaggio, si legge: «Emilia Burano per Aston Martin». È il vecchio understatement, il ritorno al dandismo britannico che non segue la moda, ma l’eleganza attraverso la sobrietà: concetti non molto in auge, ultimamente.

Spiega Lorenzo Ammendola, designer della ditta buranese, che la filosofia di fondo che ispira le due società, pur così diverse per prodotti e dimensioni, è la medesima. «Noi operiamo da quattro generazioni, loro fanno le auto ancora in parte a mano. Abbiamo una clientela simile, noi avevamo acquirenti che guidavano una Aston Martin già da prima dell’accordo, siamo in grado di produrre accessori in linea con le esigenze dei loro clienti». Per quanto riguarda le lenzuola, i prezzi partono da mille euro a set, e si vendono soprattutto nei tradizionali poli del lusso: Stati Uniti, Londra, Emirati, Estremo oriente.

 

La famiglia Ammendola

 

La storia dei merletti di Burano si perde nella notte dei tempi. Le prime notizie certe sono di fine Quattrocento, un secolo dopo la dogaressa Morosina Morosini istituisce un laboratorio con 130 merlettaie e quando il Re Sole ordina al suo ministro Jean Baptiste Colbert di creare le manifatture reali francesi, questi arruola merlettaie buranesi portandosele a Parigi. La spettacolare tradizione una ventina di anni fa stava perdendosi, le merlettaie rimaste erano poche, erano anziane e l’arte rischiava di scomparire assieme a loro. Invece una nuova generazione ha saputo ridare fiato a una produzione ormai asfittica. «Stiamo combattendo, finché ci siamo noi ci sarà il merletto, lo abbiamo adattato ai tempi, sia come filo usato, sia come possibilità di lavaggi» osserva Ammendola. In effetti Emilia Burano può contare su due punti vendita sull’isola e su un altro nell’hotel Cipriani, alla Giudecca (tra l’altro questo albergo, un 5 stelle, utilizzale le lenzuola di 007).

Gli Ammendola, si diceva, hanno a che fare con i merletti da quattro generazioni almeno. La mamma di Lorenzo (Emilia, come la bisnonna) è una merlettaia, tutta la famiglia – una sorella, due fratelli, madre e padre – è impegnata in quest’attività; il fratello gestisce un ristorante all’interno del quale ha allestito un museo del merletto, tanto per non smentirsi. La loro vicenda è una tipica storia di intraprendenza all’italiana: subito dopo la guerra il nonno con moglie e due figli andava fino a Rimini con una bicicletta dotata di motorino. Lì vendeva i merletti sulla spiaggia del Grand Hotel, quello di Federico Fellini, dove la clientela internazionale apprezzava quei capolavori di artigianato artistico. Una volta un vigile urbano gli ha sequestrato la bici a motore e nonno Ammendola era disperato perché non sapeva come sarebbe tornato a Burano. La faccenda si è conclusa con la restituzione della bicicletta e un invito a cena per tutti e quattro a casa del vigile. Lorenzo, 46 anni, si ricorda quando, da bambino, aiutava la mamma che gestiva un banchetto di merletti a Torcello, accanto alla Locanda Cipriani (ancora una volta clientela di lusso). Ora è designer, ha lavorato per l’automotive (Alfa Romeo, Bentley) e fa sì che la produzione odierna alterni al disegno classico temi più contemporanei e in grado di rispondere al modificarsi del gusto. La strada sembra essere quella giusta, visto che negli ultimi cinque anni hanno progredito di un 20 per cento all’anno.

L’accordo con Aston Martin, si diceva, si regge su una sorta di no logo del made in Italy, con quest’ultimo a garantire la qualità del prodotto. Lorenzo Ammendola racconta che la produzione è suddivisa tra diverse tessiture, e ricorda di averne visitata una, prima che l’accordo fosse chiuso, dove le macchine erano ferme e i titolari ammazzavano il tempo leggendo il giornale. Questi lo hanno guardato con sospetto e gli hanno chiesto: «Non è che ci fa fare un campione e poi andate a produrre in Cina?» No, si produce in Italia, perché la manifattura italiana è sinonimo di alta qualità, e ora quei macchinari sono di nuovo in funzione.

Lavorare da Burano, ostinarsi a mantenere la testa dell’azienda a Burano, non è facile. Per chi non la conoscesse, si tratta di quell’isola di pescatori dalle casette tutte colorate a intense tinte pastello. Pittoresco, non c’è che dire, ma lontano da tutto: il più vicino approdo di Venezia è a quaranta minuti di motonave. Mentre parla al cellulare, Lorenzo sta portando un carretto di tessuti che caricherà prima in barca e poi in auto. Per spedire un pacco negli Stati Uniti ci vuole una settimana: quattro giorni da Burano a Mestre, e tre da Mestre alla destinazione oltre oceano. Il corriere passa due volte alla settimana, in barca, se il tempo lo permette, altrimenti salta il giro.

L’ostinazione però paga: la prossima tappa sarà impreziosire la biancheria da letto Aston Martin con inserti di merletto buranese. Chissà se 007, amante del bello, avrebbe mai arruolato Emilia tra le sue bond girl.

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