Cinema
Laura Antonelli fu uccisa molti anni fa dalla legge sulla droga e dai perbenisti
È morta Laura Antonelli ed è facile immaginare la retorica di regime, intellettuale e politico, farla da padrona con i ricordi di una donna che incise sull’immaginario collettivo di un paese maschile che iniziava a farsi le pugnette sfogliando Postal Market.
Di tutta questa gente pochi o nessuno riusciranno a ricordare e a ricostruire la vera morte dell’attrice che non ha coinciso con quella biologica ma, molto prima, con il pensiero moralistico e perbenista che l’ha condannata all’infamia e all’abbandono per avere, summa colpa, dedicato parte della sua vita alla droga. Cocaina, nella fattispecie.
Consumava, la bella attrice. In solitudine senza ferire nessuno o, forse, ferendo la sfera più intima e vicina delle proprie relazioni familiari e sociali. Nessun pericolo per la società della cera nei pavimenti e delle pattine, più attenta al parquet sfregiato che non all’anima ferita. Una società che, nel profondo, odia le condotte fuori misura perché tarata sul misurino di qualsiasi comportamento privato che oltrepassi il limite della propria miseria individuale. Una società che codifica nel diritto penale i principi morali facendo del codice penale l’abbecedario dei buoni comportamenti.
Miserabili sono stati i politici che hanno licenziato la legge che equipara il consumo a vero e proprio atto criminale (tale miseria persiste ancora oggi) e miserabile è una società che accetta che tutto ciò avvenga. Più in generale miserabile sarà colui che oggi ricorderà l’Antonelli nelle sue sottovesti tacendo che l’attrice celava oltre il bel corpo, una sensibilità profonda. Ferita dalla vita e da amori finiti male. Ferita dal tradimento di un carabiniere fintosi amico e dalla ipocrita, ma normale, presa di distanza di colleghi e conoscenti proni nell’allinearsi alla morale dominante.
Cose già viste che scandiscono il sublime squallore di cui si alimenta la società: anche quando è civile. Quindi, cara Laura,che la morte ti porti sollievo. Quel sollievo che hai smarrito per leggi, uomini, atti e parole, di chi, intorno o meno, ti ha abbandonato. Il lento scivolare nel delirio mistico e paranoico, l’abbandono della vita prima ancora che la vita venisse meno, nel tuo gigantesco dolore è stata la più grande lezione che hai dato: hai attraversato la sofferenza inchiodando tutti noi alle nostre inutili e vanagloriose certezze da piccoli uomini.
In copertina, l’attrice Laura Antonelli in “L’Innocente” di Luchino Visconti (1976)
© Kicks – da Flickr
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