Cinema
Il teatro invade il cinema alla Mostra di Venezia
Che teatro e cinema si siano sempre parlati, corteggiati, schifati, litigati, inseguiti, sedotti è storia nota. Ma fa sempre piacere quando i “cinematografari” si ricordano dei “teatranti” (e viceversa). Ovviamente va tutto a favore della qualità, lo sappiamo bene. Rispetto agli sbiascicamenti fintoveristi del cinemino neorealista contemporaneo, un attore o un’attrice che sanno il fatto loro si nota subito.
Ovviamente, ci sono attori e attrici di cinema che volentieri e bene calcano le tavole del palcoscenico, con estremo gradimento del pubblico. Così come ci sono uomini e donne di teatro che interpretano film o si cimentano con la macchina da presa e ottengono risultati notevoli. Ma il dialogo è spesso faticoso. Si sa, sono linguaggi diversi, servono tecniche diverse, però, quando le cose si intrecciano, capitano belle sorprese. O addirittura radicali novità.
Basti evocare la rutilante produzione cinematografica di Carmelo Bene, e la presenza veneziana con quella Nostra signora dei Turchi, alla Mostra del 1968: vinse il Leone d’Argento, con grande disappunto del Genio apparso più volte alla Madonna che schifò letteralmente quel riconoscimento troppo modesto per lui.
Ma, lasciando gli episodi storici, (altri esempi si potrebbero fare) è bello notare quanto e come il teatro sia presente alla prossima Mostra del Cinema di Venezia. A partire dall’attesissimo nuovo film dell’adorata Emma Dante, che porta sullo schermo quello piccologrande capolavoro che è stato Le sorelle Macaluso, sono tanti le conferme di una vivace curiosità del cinema per il mondo del teatro.
Tra le tante segnalazioni che potrei fare, mi piace – anche per coinvolgimento personale – ricordare alcuni appuntamenti della coraggiosa e interessante sezione Giornate degli Autori.
Il primo è con i Leoni AntonioRezzaFlaviaMastrella (mi piace scriverlo una volta così, tutto attaccato, tanto sono inscindibili creativamente i due).
Coppia folgorante della iconoclastia contemporanea, Rezza e Mastrella presentano al Lido il loro sulfureo “SAMP”, epopea di un killer ingaggiato per uccidere i tradizionalisti. Immaginiamo già il terrore in sala (il 10 settembre) tra gli immarcescibili reazionari, di fronte a questa pellicola che ci aspettiamo spiazzante, originale, dissacratoria, romantica, allucinante, divertente, incomprensibile, sfuggente, caustica come tutto il teatro di Rezza Mastrella. Un film, dicono gli organizzatori, sospeso tra roadmovie (in Puglia) e performance, che il duo ha iniziato a girare ben 19 anni fa e che oggi trova finalmente il suo compimento.
Altro andamento “itinerante” ha l’imperdibile “Nuovo Vangelo” di Milo Rau. Di questo gigante, che sta cambiando le estetiche e le politiche teatrali internazionali, abbiamo scritto tanto, su queste pagine (dove pure sono apparsi scritti originali del regista svizzero), seguendo anche alcune fasi di lavorazione del film-documentario. The new Gospel girato tra la Basilicata, la Puglia e Roma, a partire da Matera Capitale della Cultura 2019, si è adesso concretizzato. Sospeso tra fiction e realtà, The new Gospel è la rilettura aspramente politica che Rau ha fatto del Vangelo. Evoca Pier Paolo Pasolini, nel cast anche Enrique Irazoqui che fu il Gesù nel Vangelo Secondo Matteo (tra l’altro presentato proprio a Venezia), e Mel Gibson, con la straordinaria Maia Morgenstern che era nella truculenta Passione dell’americano. Ma Milo Rau dà una sua personalissima e attualissima lettura delle sacre scritture.
Rau affida il ruolo di Gesù al sindacalista, Yvan Sagnet e, in un cast che affianca professionisti come Marcello Fonte a non professionisti e persone prese in diretta dalla strada, fa dei dodici apostoli altrettanti testimoni dello sfruttamento del lavoro nero nel Sud Italia, denunciando aspramente il caporalato e le connivenze politiche. Storceranno il naso i cinefili? Il rischio c’è, perché i codici creativi di Milo Rau sono complessi, giocano con l’ambiguità, con la sovrapposizione smaccata di ricostruzione storica e pura finzione, in cui l’unico fatto vero è l’esito scenico (o qui filmografico) che chiama direttamente in causa lo spettatore. Accompagnato da Vinicio Capossela, autore delle musiche, questo Gesù contemporaneo sbarca alla Mostra il 6 settembre. Un film sicuramente da vedere e su cui discutere.
Arrivo all’ultimo appuntamento che mi sento davvero di segnalare. Come gli amanti del teatro sanno, lo storico festival di Santarcangelo ha compiuto, nel 2020, i suoi cinquanta anni. Un traguardo, ben festeggiato lo scorso luglio con una edizione vivacissima e giovanissima, diretta da Enrico Casagrande e Daniela Nicolò della compagnia Motus. Ma
Santarcangelo è stato ed è anche luogo di passioni teatrali, di litigi, di scoperte, di incroci linguistici e culturali, di invenzioni sprecate e di generosi slanci verso il futuro: un festival che ha segnato la storia recente del teatro di ricerca, non solo italiano. Per questo si preannuncia preziosissimo il documentario realizzato dagli ottimi documentaristi Michele Mellara e Alessandro Rossi, titolato semplicemente “50-Santarcangelo Festival“. Con testimonianze di direttori storici come Antonio Attisani, Roberto Bacci, Silvio Castiglioni, Ermanna Montanari, Mariangela Gualtieri, Silvia Bottiroli e naturalmente dei Motus, video d’archivio, ricordi, suggestioni, scorci di un borgo che è nel cuore di tutti coloro che amano il teatro. Un bel pezzo della nostra storia, a forte rischio commozione. Il documentario è in programmazione il 6 settembre.
Insomma, in mezzo a tanti film, alle star internazionali, ai leoni ruggenti, è bello trovare l’appassionata famiglia dei teatranti. Per info: www.giornatedegliautori.com
(Nella foto di copertina: Leo De Berardinis direttore del Festival di Santarcangelo dal 1994 al 1997)
Devi fare login per commentare
Accedi