Cinema
Il mistero della creazione artistica ne “La stranezza” di Roberto Andò
Attualmente il cinema italiano, divenuto ormai succedaneo della televisione, è sostenuto dallo stato e prodotto dalla televisione per la televisione e per le piattaforme digitali, visto che le sale cinematografiche, una dopo l’altra, chiudono o sono sempre più vuote. In questo contesto il cinema ha subito mutazioni importanti, sia sul piano espressivo, piegandosi al linguaggio televisivo che impone sovrabbondanza di primi piani e montaggio rapido, sia su quello contenutistico dove sempre più autori e registi profittano delle disgrazie degli altri, per rendere vendibili le loro opere, proponendo temi, quali clima, migrazione, povertà, guerra, sofferenze varie ecc., tutti elementi provvidenziali per il frastornante chiacchiericcio di giornalisti ed esperti televisivi. Si è così solidificata una congrega ristretta di cinematografari che prediligono il cinema di micidiale stampo televisivo. Ciò forse vale anche per il teatro con giornalisti televisivi primi attori e anche in letteratura con l’ipertrofica produzione di libri di giornalisti e vuoti personaggi. Nell’attuale deserto dell’industria culturale vi sono tuttavia alcuni tentativi di ravvedimento operoso, tra questi mi pare sia il caso del film “La stranezza” di Roberto Andò con Toni Servillo insieme a Ficarra e Picone, presentato alla 17ma Festa del Cinema di Roma. Si tratta di un film suggestivo ed emozionante, in grado di farci entrare nella magia del teatro con le sue valenze primordiali di profondo coinvolgimento di attori e pubblico, svelando gli elementi di libertà e ispirazione che per Pirandello sottostanno alla creazione di un’opera d’arte. Pirandello, interpretato dal bravissimo e misurato Toni Servillo, è colto nel momento di maturazione creativa del suo “Sei personaggi in cerca di autore”. Il film mette in luce un aspetto fondamentale della poetica di Pirandello, ovvero la sua percezione che la forza creatrice artistica trascenda la volontà razionale dell’autore che, condotto dalla “servetta fantasia”, disegna personaggi che sembrano agire e brillare di luce propria. Infatti nel film Pirandello, per l’impostazione dei suoi “Sei personaggi….” prende ispirazione, in un paese siciliano degli anni ’20, dalla rappresentazione di una compagnia amatoriale (gli ottimi Ficarra e Picone) dove, per un evento imprevisto, finzione e realtà si mescolano e si fondono in palcoscenico. E ciò concorda con la prefazione al testo della sua commedia in cui Pirandello scrive: << Quale autore potrà mai dire come e perché un personaggio gli sia nato nella fantasia? Il mistero della creazione artistica è il mistero stesso della nascita naturale. Può una donna, amando, desiderare di diventar madre; ma il desiderio da solo, per intenso che sia, non può bastare. (….) Così un artista, vivendo, accoglie in sé tanti germi della vita, e non può mai dire come e perché, a un certo momento, uno di questi germi vitali gli si inserisca nella fantasia per divenire anch’esso una creatura viva in un piano di vita superiore alla volubile esistenza quotidiana. Posso soltanto dire che, senza sapere d’averli punto cercati, mi trovai davanti, vivi da poterli toccare, vivi da poterne udire perfino il respiro, quei sei personaggi che ora si vedono sulla scena…>> Il film termina col fiasco clamoroso della prima rappresentazione dei suoi “Sei personaggi…” al teatro Valle di Roma nel ’21. Un esito a dir poco disastroso che successivamente divenne un grande successo in tutto il mondo, considerato uno dei capolavori del teatro del Novecento.
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