Cinema
Il cinema dopo Dio: The Rider
Spiegare il tempo? Non senza spiegare l’esistenza. Spiegare l’esistenza? Non senza spiegare il tempo! Svelare la profonda connessione tra tempo ed esistenza? Un compito per il futuro. *
Essere un nativo bianco americano, vivere nell’incanto della riserva Pine Ridge nel South Dakota, abitare in una roulotte malandata tra un padre col debole per il gioco d’azzardo e una sorellina autistica, una madre prematuramente scomparsa e cavalli da addestrare o domare. E’ la vita di Brady Blackburn (Brady Jandreau) protagonista di The Rider che interpreta se stesso per raccontarsi nel film di Chloé Zhao, cineasta cinese che con la storia di questo ragazzo con la testa rotta dal calcio di un cavallo racconta la vita intorno ai rodei.
Brady, che non può proseguire la sua carriera, si trova costretto a rinunciare ai suoi sogni e a ridare un senso alla sua vita e, anche se questo basterebbe a spiegare il film, ecco dalla pellicola emergere una domanda tagliente: quando finisce davvero la vita?
Se per un cavallo un infortunio ne comporta l’abbattimento, per una persona un grave incidente significa doversi rassegnare a vivere alla bell’e meglio, ma queste amare conclusioni del giovane protagonista, una volta condivise con noi, trasformano la visione della vicenda in una elaborazione post traumatica.
Chloé Zhao ha dichiarato che per il suo The Rider non si può parlare di docu-film poiché solo per il 50% si tratta di cronaca, mentre la rimanente metà sarebbe una realtà aumentata, e se Fellini tagliava la noia dalla vita per farne cinema, si può dire che Zhao della vita voglia condividerne la scintilla di disperazione dalla quale risalire.
E questo avviene attraverso due poli: la solidarietà della condi-visione del dolore di Brady con noi e il suo infinito amore per i cavalli con cui il ragazzo spartisce la terra sulla quale cammina o cavalca.
Ma è il tempo a diventare il vero protagonista del film, il tempo infinito delle Badlands o quello meccanizzato del supermercato dove Brady finirà a lavorare, il tempo del sogno contrapposto a quello del rimpianto e il tempo di testimoniare più che di guardare il film che scorrendo diventa una sorta di terapia incrociata che guarisce chi lo fa e lenisce chi lo vede.
The Rider è un film sacro, delicato e potente, che resterà.
*Con queste parole nel 1967, John Wheeler, fisico coautore della prima equazione priva della variabile tempo, rimanda ai posteri il compito di interpretare un mondo, quello quantistico, dove bisogna rinunciare alla freccia del tempo.
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