Cinema
Il cibo è un sentimento
Il gusto delle cose. Al cinema. Fine ottocento francese. Spazi di una grande villa in campagna. La camera pedina il cucinare. Inquadra forni maestosi, segue pentoloni, padelle, casseruole in ottone, forse rame: fumo denso che sale, fuoco sottofondo, acqua che versa, salse che colano; coltelli che sfilettano, calici che si riempiono. Poi indugia sugli sguardi dell’assaggio. No fast, ma nemmeno slow, food. Qualche spiegone di troppo, da Masterchef, ma qui non c’è gara né saltimbanchi. E sbircia la poesia. Il cibo veicolo del sentimento: si cucina e si serve, per darne. Una scena, per tutte: la bambina assaggia una caverna di sfoglia flambé, ripiena di gelato, e quando Juliette Binoche (Dio santo!), che l’ha cucinata con le guance arrossate e la cura di Battiato, le chiede com’è, la piccola non sa che dire, non ha le parole, ma sa che le viene da piangere. Poi ci sta anche chi prenderebbe il pillolino dell’astronauta, piuttosto che farsi la sbatta di cucinare. Ma qui parliamo d’amore. Perché alla fine, dai, di che altro vuoi parlare?
PS Chiusa in prestito da Canzoni contro la paura. Brunori sas.
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