Cinema

I film che tua madre non ha mai visto (e forse neppure tu)

4 Agosto 2022

I FILM CHE TUA MADRE NON HA MAI VISTO (E FORSE NEANCHE TU)

1) TWO THOUSAND MANIACS (1964, Herschell Gordon Lewis)

 

trama: Tre coppie di turisti di passaggio a Pleasant Valley, cittadina del sud degli Stati Uniti, vengono invitati a trascorrervi un week-end dagli abitanti del posto, i quali festeggiano un misterioso centenario. I protagonisti, Tom e Terry, appena vengono a conoscenza del fatto che Pleasant Valley fu distrutta durante la guerra di secessione, cercano di fuggire. (fonte: wikipedia)

 

RECENSIONE: benchè a molti il nome di Herschell Gordon Lewis non dica un tubo in realtà la sua figura cinematografica è di capitale importanza. E non per chissà quali qualità artistiche. Lewis è stato colui che ha sdoganato e definito la violenza grafica nel cinema una volta per tutte, coniando letteralmente il termine gore per definire questo genere in cui l’atto violento viene ripreso nei minimi particolari, insistendo proprio nei punti più trucidi e cruenti laddove al contrario dovrebbe vigere la poetica del rifiuto di rappresentare la morte e le sue declinazioni violente, un limite che si pensava invalicabile. Senza i film di Lewis forse oggi non avremmo tutto un genere cinematografico in cui si vede. Si vede tutto, si vedono budella, lingue mozzate, grumi (gore, appunto) di sangue, volti estasiati dal compiere l’atto sadico. “Two thousand maniacs” è uno dei film più rinomati di questo ex professore di lettere, poi convertitosi al cinema e che dopo una passata militanza nel genere “nudie”, cioè film di gente che pratica il nudismo di cui era regina incontrastata Doris Wishman, quella di “La chiamavano Susy Tettalunga”, passa alla violenza grafica. Riprendere nudisti è la morte del concetto di nudo innocente sottostantte la filosofia nudista; la Wishman era davvero maliziosa. “Two thousand” è effettivamente la copia scellerata del musical “Brigadoon” di Vincente Minnelli film che da ragazzino amavo, con Gene Kelly che si trovava in un paese scozzese ottocentesco, catapultato in un sogno. Brigadoon era un paese che appariva una volta all’anno per poi svanire. Il Pleasant village del film di Lewis ogni cento, ma non troviamo belle scozzesi e buontemponi in kilt, bensì una masnada di redneck sudisti incazzati e assetati di sangue che ne faran passare di tutti i colori ai malcapitati di turno. Si fa festa a Pleasantvalley, c’è il circo, ci sono le giostre. I fantasmi dei sudisti non possono esimersi dal ficcare un tizio in una botte di chiodi, aprire una poveretta su un tavolo, legarne un’altra sulla giostra del tiro al bersaglio con conseguente ricaduta del peso sul suo corpo. Oppure legare uno a dei cavalli che poi vengono mandati in direzioni diverse, di modo che il signorino viene aperto in due pezzi. E come si divertono! Le loro facce estasiate e inebriate alla vista del sangue e degli smembramenti! L’allegria nei loro occhi! Le allegre musichette eseguite al banjo. Il film di Lewis, come tutti gli alrri del regista (capitale resta Blood Feast, che inaugura la filmografia gore, girato nel retrobottega di un negozio) è a dir poco rozzo e gratuito. Non c’è classe né raffinatezza; qui si vuol vedere la merce, urla il popolo dei drive in, luogo dove i film di Lewis erano destinati e che comunque ebbero successo. Il regista oltrepassa una linea da cui non si è più tornati indietro e che ancora oggi la fa da padrona in un universo cinematografico dove il pudore davanti alla resa al cospetto della morte sembra ormai dimenticato. Ma il cinema è anche e soprattutto l’arte di guardare anche ciò che non si dovrebbe guardare, come farà Stan Brackhage nel suo “The act of seeing with one’s own eye”, con altri intenti. (Ne parlerò). Certo in Lewis è tutto gratuito, si deve trovare un pubblico che sborsi soldi per vedere ciò che nella realtà non si vorrebbe vedere. E il sadismo compiaciuto della cinepresa la dice lunga sull’aberrante finalità di questo film monnezza. Ma è anche vero che forse, nel 1964, il cinema stava inevitabilmente calando in un’altra dimensione e la tensione desiderante nell’andare oltre è un fil rouge che ha percorso parallelamente tutta la storia della settima rte sin dagli albori, come la pornografia. Il fatto è che Lewis lo ha reso mainstream e in parte, chissà se volontariamente o meno, “2000 maniacs” ci mostra con ben altri occhi lo spirito selvaggio e violento di un paese che, a dispetto della sua facciata di eterni buoni, ha seminato morte e distruzione per tutto il pianeta.

 

NOTA: il titolo del film ha ispirato il nome della band 10.000 maniacs

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