Cinema
I Compagni, come Monicelli ha raccontato le prime rivolte operaie di fine ‘800
A Torino, a fine ‘800 sono tanti a lavorare nell’industria tessile vicino a porta Susa. Uomini e donne, compagni, che devono tirare avanti una famiglia, tutti in condizioni precarie, e che vivono in case che oggi non esisterebbero più o non considereremmo come tali. Ogni giorno la sveglia suona presto e ci sono da affrontare tante ore di lavoro, quattordici, con incidenti che accadono troppo spesso interrompendo la produzione e lasciando attoniti tutti gli altri operai.
Alla fine di ogni turno i lavoratori sono stremati, stanchi, assonnati e affamati. Il loro è un lavoro a dir poco alienante. Tutto cambia dopo l’ennesima disgrazia, con un addetto alle macchine che ci rimette una mano. La situazione diventa insostenibile e alcuni rappresentanti decidono di affrontare l’Ignegnere (Mario Pisu) per esporre il loro problema.
Tuttavia non c’è alcuna organizzazione dietro “i compagni” di lavoro, la loro azione è destinata ad avere poco successo senza una guida che indichi la via. Ed ecco arrivare l’esimio prof. Sinigaglia (Marcello Mastroianni) che quasi per caso scende dal treno dopo una rocambolesca fuga da Genova. Mentre le forze dell’ordine sono sulle sue tracce, il prof. arringa gli operai, sembra convincerli ad unirsi per lottare contro i loro “padroni” o quantomeno sensibilizzarli verso un problema comune: l’orario di lavoro.
È in questo modo che gli operai iniziano a scioperare e sembrano non cedere a nessuna minaccia. Il prof. Sinigaglia è quello che ci voleva per tenerli uniti, per fare in modo che il loro movimento siano meno aleatorio e più incisivo
Mario Monicelli dirige questo bellissimo film sulle prime lotte operaie nel 1963, prendendo spunto da una sceneggiatura originale di Age e Scarpelli che ottiene anche una nomination agli Oscar del ’64. Ne I Compagni viene dipinto un quadro convincente della società italiana a fine Ottocento, una pellicola in cui si respira il dramma di una classe sociale arrabbiata ma dimessa delle cui gesta si riesce anche a sorridere. Il neorealismo c’è, ma Monicelli non transige sull’inserire echi di una commedia triste e veritiera. Bellissimo il personaggio interpretato da Mastroianni, il professore, colui che si fa carico di aizzare la folla contro i padroni e che difende con una filosofia spicciola ma efficace i diritti dei lavoratori, stanchi delle continue vessazioni e della vita da fame cui sono costretti loro malgrado.
Le ambientazioni sono anch’esse degne di nota, soprattutto quando ricreano gli ambienti interni, spicci e raffazzonati, di case popolari al limite dell’abitabilità. Forse è anche per questo che la potenza visiva (la fotografia è curata da Giuseppe Rotunno), assieme ad interpretazioni genuine, rende I Compagni un film decisamente singolare e assolutamente da vedere per capire in quali condizioni si viveva e si lavorava in una Italia ormai lontanissima.
Si dice che Monicelli preferisse questa sua prova alla Grande Guerra nonostante abbia avuto un successo abbastanza tiepido in patria, quello che è vero è che il maestro toscano ci ha lasciato un fulgido esempio di cinema che racconta “la realtà” di un periodo storico rimasto in ombra. Per questo, vedendo I Compagni ci si indigna, si riflette, si ride ma non si può non fare finta di trovare connessioni con quanto accade nel nuovo millennio, dalle fabbriche al mondo iperconesso.
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