Cinema

Guida ai premi Oscar 2015

27 Gennaio 2015

Il 15 gennaio sono state diffuse le candidature per ogni categoria degli Academy Awards, i cui vincitori saranno annunciati nella cerimonia di premiazione, l’87esima, che sarà presentata da Neil Patrick Harris e si terrà il 22 febbraio presso il Kodak Theatre di Los Angeles.

L’Academy of Motion Pictures Arts and Sciences fu fondata nel 1927 con l’obiettivo di promuovere il progresso dell’industria cinematografica. Dal 1929 ha assegnato premi al merito nei diversi campi del cinema, gli Academy Awards: il nome Oscar cominciò a essere usato da quando, secondo una delle storie più accreditate, Margaret Herrick, direttrice dell’Academy dal 1943 al 1971, affermò che la statuetta le ricordava suo zio Oscar.

Non sono noti i nomi degli oltre 6000 membri dell’Academy: si può diventare membri solo se invitati dal Board of Governor, l’organo di direzione dell’Academy, formato da 51 esperti di cinema, divisi per disciplina. L’attuale presidente del Board of Governor è Cheryl Boone Isaacs, che si è occupata negli anni di film marketing per Paramount Pictures e New Line Cinema, mentre il vicepresidente è John Lasseter, fondatore della Pixar: tra i 51 del Board ci sono gli attori Tom Hanks, Ed Begley Jr., Annette Bening ed è presente anche un italiano, il direttore della fotografia Dante Spinotti.

Sono i voti dei 6000 membri dell’Academy a decidere quali film si meriteranno un Oscar: ecco quindi una lista non di chi vincerà (per quello ci sono i bookmaker), ma di chi avrei votato io se fossi dell’Academy, e perché.


 

Miglior trucco e acconciatura
Lavoro eccezionale sia di Dennis Liddiard e Bill Corso, che in Foxcatcher hanno letteralmente cambiato i connotati a Steve Carell, trasformandolo nel pazzo John Dupont, che di Frances Hannon e Mark Coulier in Grand Budapest Hotel, complice l’attenzione maniacale ai dettagli del regista Wes Anderson (quasi irriconoscibile Tilda Swinton). Ma il mio voto va a Lizzie Yianni-Georgiou e David White per I Guardiani della Galassia: per il trucco di Zoë Saldana non è stata usata la CGI (che in Avatar l’aveva fatta diventare completamente blu), ma ha dovuto sottoporsi a sessioni di 5 ore prima di ogni giornata di riprese. Stesso discorso per il wrestler David Bautista, che è così potuto diventare Drax il Distruttore.

Migliori costumi
Colleen Atwood, customista di fiducia di Tim Burton, ha ottime possibilità per il suo lavoro nel fantasy prodotto da Disney, Into the woods, adattamento dell’omonimo musical, ma voto un’altra leggenda, Milena Canonero, per Grand Budapest Hotel. Non si può fare a meno di notare, anche in questo caso, il tocco wesandersoniano: già l’abbigliamento dice qualcosa sui personaggi.
Per Canonero è la nona nomination agli Oscar e se lo vincesse sarebbe l’italiana ad averne vinti di più, quattro, a pari merito con De Sica e Fellini.

Miglior montaggio sonoro
Il montaggio sonoro (sound editing) è il processo con cui si creano i suoni, si registrano gli effetti sonori e i rumori di sottofondo, mentre il mixaggio sonoro (sound mixing) è il modo in cui si mettono insieme questi elementi, i dialoghi e la colonna sonora. Per questo motivo, in questa categoria sono candidati film come Lo Hobbit – La Battaglia delle Cinque Armate, in cui è stato necessario procurarsi il suono di un colpo d’ascia o il verso di un’aquila che fossero realistici, o Interstellar, con tutti i rumori dell’astronave Endurance. Il mio voto per questa categoria va ad American Sniper: se le scene di guerriglia sono così vere è anche grazie agli spari e a tutti quei rumori di sottofondo che proiettano lo spettatore all’interno della scena.

Miglior sonoro
Nel mixaggio sonoro quindi troveremo film in cui tutte le parti dell’audio sono bilanciate alla perfezione: non stupisce che tre dei cinque film siano candidati anche al miglior montaggio sonoro, e cioè American SniperInterstellar e Unbroken. Ma penso che il premio sia conteso tra Birdman e Whiplash. Birdman ha una colonna sonora quasi perenne, e soprattutto va riconosciuta la bravura in un lavoro difficile come quello richiesto dal coordinare gli effetti sonori nei vari piani sequenza. Merita poi una menzione speciale la scena in cui Riggan Thompson (Michael Keaton) cammina per Broadway (con la banda che suona, la folla che lo riconosce e lo insegue e tutti i rumori di New York in sottofondo). Whiplash è un film (anche) sulla musica jazz: le scene in cui si suona uno strumento sono particolarmente complicate dal punto di vista tecnico. In Whiplash sono eccezionali, ed è per questo che lo voto.

Migliori effetti speciali
Forse il premio tecnico per eccellenza, particolarmente difficile da giudicare, soprattutto a questi livelli, per chi non lavora in questo specifico settore. Dennis Muren, supervisore degli effetti speciali in Guerre Stellari e vincitore di 8 premi Oscar, disse qualche anno fa che gli effetti speciali devono essere di servizio alla storia e aiutare a creare un effetto emotivo: non basta il solo artificio tecnico. Seguendo questo criterio, penso che Interstellar meriti l’Oscar.

Miglior cortometraggio d’animazione
Feast, prodotto da Disney e proiettato nei cinema prima di Big Hero 6, è la storia del rapporto tra un cucciolo di cane e il suo padrone, raccontata attraverso il cibo che condividono i due: quando il ragazzo si fidanza, mutano anche le sue abitudini alimentari e la vita del cucciolo cambia radicalmente. Me and my Moulton racconta le vicende di una ragazzina norvegese di 7 anni e delle sue sorelle, quando chiedono una bicicletta ai propri genitori, persone fuori dal comune. In A Single Life un vinile dà il potere a una donna di viaggiare nel tempo attraverso gli anni della sua vita. Il protagonista di The Dam Keeper invece è un maialino solitario che ha il compito di controllare il mulino a vento della città ed è costantemente vittima di atti di bullismo da parte dei suoi compagni di classe. The Bigger Picture, la storia delle difficoltà di due fratelli che devono occuparsi delle cure sempre maggiori richieste dalla madre, colpisce per la tecnica con cui è realizzato: animazioni a grandezza d’uomo in una realtà che unisce il 2D e il 3D.

Miglior cortometraggio
The Phone Call ha vinto 9 premi in giro per il mondo lo scorso anno, tra cui il Tribeca Film Festival di Robert de Niro, ed è molto probabile che vinca anche l’Oscar: la protagonista lavora presso un call centre di un telefono amico e riceve una chiamata da un uomo. Aya, corto franco-israeliano, è la storia di due sconosciuti che si incontrano all’aeroporto. Boogaloo and Graham è ambientato negli anni ’70 a Belfast: la vita di due bambini cambia quando i genitori fanno loro un annuncio importante. In Parvaneh, un ragazzo afgano che vive in un centro rifugiati in Svizzera non riesce a trasferire dei soldi alla sua famiglia, e chiede aiuto a una donna. La lampe au beurre de Yak, che ha vinto la placca d’oro del Chicago International Film Festival come miglior cortometraggio di uno studente, nasce dall’idea di un fotografo di fotografare gli abitanti di un villaggio Tibetano davanti a diversi sfondi, in inquadrature che ricordano molto un film di Wes Anderson.

Miglior cortometraggio documentario
Due documentari polacchi: Joanna (donna malata terminale che comincia a scrivere un blog in cui descrive se stessa, i suoi sogni, le sue aspirazioni perché il figlio un giorno possa leggerlo) e Nasza klatwa (il regista e la moglie affrontano una malattia incurabile del figlio appena nato). La Parka è messicano: il regista esplora la relazione di Efrain, che lavora da oltre 25 anni in un mattatoio, con la vita e la morte. Completano la lista delle candidature Crisis Hotline: Veterans Press 1, sulle vite dei veterani e le difficoltà che incontrano tornando dalla guerra, e White Earth, sul duro inverno in North Dakota fronteggiato da una donna immigrata e i suoi tre figli.

Miglior documentario
Citizenfour, sulla vicenda di Edward Snowden, uscirà un giorno dopo la cerimonia. Molto interessanti due documentari che hanno come tema la fotografia. I negativi delle fotografie di Vivian Maier, che per tutta la vita aveva lavorato come bambinaia, sono stati scoperti per caso dal giornalista John Maloof solamente nel 2007, due anni prima che Vivian morisse e che venisse riconosciuta come una delle più grandi fotografe di sempre: Alla ricerca di Vivian Maier ripercorre questa storia. Il Sale della Terra racconta la vita del fotografo brasiliano Sebastião Salgado: alla regia ci sono Juliano Ribeiro Salgado, suo figlio, e Wim Wenders. Rory Kennedy, figlia di Bob, ha diretto Last days in Vietnam, documentario sulle ultime settimane della guerra in Vietnam. Infine, Virunga, il cui produttore esecutivo è Leonardo DiCaprio, è la storia di un gruppo di persone che rischia la propria vita per salvare gli ultimi esemplari di gorilla di montagna in Congo, nel mezzo della guerra civile e della corsa alle risorse naturali del paese.

Migliore canzone
Purtroppo Hero di Family of the Year, presente in Boyhood, non era candidabile non essendo stata scritta appositamente per il film, mentre mi ha stupito l’assenza di Big Eyes, cantata da Lana del Rey per l’omonimo film. Tra le cinque canzoni candidate, invece, c’è I’m not gonna miss you di Glenn Campbell, ultima canzone scritta dallo storico cantautore americano, a cui nel 2011 fu diagnosticato l’Alzheimer, presente nel documentario sulla sua vita; Everything is awesome è la canzone di The LEGO Movie, cantata da Teagan and Sara, il gruppo indie rock formato dalle due sorelle canadesi, e The Lonely Island, famosi per i loro rap comici; Lost stars, dal film Tutto può cambiare, cantata da Adam Levine, nel film scritta da Greta, il personaggio di Keira Knightley; Grateful, scritta da Diane Warren (che ha scritto anche I don’t wanna miss a thing per gli Aerosmith) e cantata da Rita Ora per il film Beyond the Lights; e Glory, che voto, cantata da John Legend e il rapper Common per Selma, candidato anche come miglior film.

Migliore colonna sonora
Manca purtroppo la colonna sonora di Gone Girl di Trent Reznor e Atticus Ross (che vinsero il premio oscar per The Social Network), ma è comunque una sfida tra titani e tutti e cinque i candidati hanno ottime possibilità di portare a casa la statuetta. Gary Yershon ha fatto un bel lavoro per Turner. Le musiche di Jóhann Jóhannsson per La Teoria del Tutto sono davvero un capolavoro. La doppia candidatura di Alexander Desplat dimostra quanto sia un genio e la sua abilità a confezionare una colonna sonora perfetta, su misura, ogni volta: e vale anche questa volta sia per Grand Budapest Hotel che per The Imitation Game, con musiche fantastiche che creano un’atmosfera magica. È una scelta difficile, ma voterei Hans Zimmer per Interstellar: le musiche sono da brividi e danno grande intensità al film. Per dirne una: pensate alla scena dell’attracco. Quello è Cinema.

Miglior montaggio
Il montaggio è una fase fondamentale: montaggi diversi delle stesse scene hanno risultati totalmente differenti. Il montaggio adrenalinico, a tratti frenetico, di Whiplash potrebbe valere l’Oscar a Tom Cross, ma anche il lavoro di Joel Cox (fedelissimo di Clint Eastwood) e Gary Roach per American Sniper ha un’ottima possibilità. Il mio candidato è Boyhood, anche considerando che Sandra Adair ha dovuto lavorare con materiale girato nell’arco di 12 anni, eppure non sembra mai che ci siano delle “cuciture”.

Miglior scenografia
Bellissimi i lavori di Dennis Gassner (progettazione) e Anna Pinnock (decorazione set) per Into the woods, Nathan Crowley (progettazione) e Gary Fettis (decorazione set) per Interstellar e Adam Stockhausen (progettazione) e ancora Anna Pinnock per Grand Budapest Hotel. Propendo per quest’ultimo: è innanzitutto la scenografia a creare quel clima caratteristico del film.

Miglior fotografia
Senza nulla togliere a Roger Deakins, direttore della fotografia di Unbroken, e Dick Pope (e non Poop), direttore della fotografia di Turner, la sfida è, secondo me, tra Robert Yeoman, collaboratore strettissimo di Wes Anderson e direttore della fotografia anche in Grand Budapest Hotel, che è visivamente sbalorditivo, ed Emmanuel Lubezki, per Birdman. Lubezki, a cui, dopo una scelta difficile, va il mio voto, fa un uso impeccabile delle luci e delle ombre e la fotografia è parte viva del film. Per lui sarebbe il secondo Oscar di fila, dopo averlo vinto l’anno scorso per la fotografia di Gravity.

Miglior film d’animazione
Ancora un mistero l’assenza di The LEGO Movie, probabilmente Dragon Trainer 2 sarà il terzo film della DreamWorks a vincere in questa categoria (finora solo 5 volte non ha vinto un film Disney o Pixar). In ogni caso la partita resta aperta: hanno infatti buone possibilità anche gli altri quattro film, il giapponese La storia della principessa splendenteSong of the Sea, tratto da un mito celtico, Boxtrolls, della Universal realizzato in stop-motion, e Big Hero 6, il film Disney ispirato a una serie di fumetti Marvel.

Miglior film straniero
Italia assente da questa categoria dopo la vittoria dell’anno scorso. Dopo il trionfo a Cannes e ai Golden Globe, Leviathan, film russo, è il più quotato per portare a casa la statuetta. Ida, polacco, ha qualche chance, mentre Storie pazzesche, film argentino diretto da Damián Szifrón e co-prodotto dai fratelli Almodóvar, potrebbe essere l’outsider.

Miglior sceneggiatura non originale
Assente anche da questa categoria Gone Girl, inspiegabilmente snobbato dall’Academy, che gli ha preferito film dalla sceneggiatura decisamente più debole (La Teoria del Tutto, per esempio). Whiplash (considerata adattata perché tratta dalla sceneggiatura di un cortometraggio, che aveva scritto comunque lo stesso sceneggiatore, Damien Chazelle) è di gran lunga la miglior sceneggiatura presente in questa categoria: Chazelle riesce a tenere incollato lo spettatore allo schermo per tutta la durata del film, con dei colpi di scena che non risultano mai banali. In aggiunta, oltre alle scene dal ritmo più veloce, anche quelle dal ritmo più lento sono perfettamente scritte: le scene in cui è presente il padre di Andrew e quella dell’appuntamento con Nicole in pizzeria, per esempio, hanno il compito di inquadrare il carattere del ragazzo e ci riescono egregiamente nella loro tenerezza così reale.

Miglior sceneggiatura originale
La sceneggiatura di Foxcatcher è in alcuni tratti troppo lenta e paga alcuni buchi di trama (per esempio: come fa John Dupont a convincere David Schultz a unirsi alla sua squadra?). Per il resto, in questa categoria ci sono tutte sceneggiature interessanti, a cominciare da Nightcralwer, scritta da Dan Gillroy, che è qualcosa di totalmente geniale e delirante, e si ha spesso la sensazione che Gillroy sia completamente pazzo, quasi ai livelli del protagonista del film, lo sciacallo Lou Bloom, interpretato da Jake Gyllenhaal (trovate un estratto della sceneggiatura nella photogallery). La storia di Boyhood potrebbe all’apparenza sembrare “semplice” da raccontare, ma la sceneggiatura, scritta dallo stesso regista Richard Linklater, riesce proprio nel compito, difficilissimo, di catturare in ogni anno raccontato un momento fondamentale nella crescita di Mason. La sceneggiatura di Grand Budapest Hotel è scritta da Wes Anderson, e si nota: la trama, i personaggi, le atmosfere, i dialoghi sono quelli a cui ha abituato i suoi fan. Birdman, scritto da Iñárritu, Giaconobe, Bo e Dinelaris, inizia con una citazione di Raymond Carver (dal cui racconto “Di cosa parliamo quando parliamo d’amore?” è tratta l’opera teatrale che il protagonista Riggan Thomson sta preparando) e già questo mi aveva conquistato in partenza. Ma, oltre questo, la sceneggiatura evidenzia perfettamente il conflitto interiore di Thomson, con la scelta ingegnosa di far sentire, prima, e mostrare, poi, il suo alter-ego Birdman. Altre cose belle, in ordine sparso: i discorsi tra Emma Stone ed Edward Norton, il volo di Birdman, lo sfogo di Thomson alla critica teatrale, la scena finale.

Miglior attrice non protagonista
La diciannovesima candidatura per il mostro sacro Meryl Streep. Meritano veramente Emma Stone, che in Birdman è strepitosa e Patricia Arquette, che per la sua interpretazione della madre di Mason in Boyhood guadagna il mio voto. Con la sua bravura riesce a trasmettere allo spettatore l’evoluzione del suo personaggio attraverso tutte le fasi della maternità e durante i dodici anni di riprese.

Miglior attore non protagonista
Ethan Hawke, anche lui in Boyhood, è altrettanto bravo, forse il migliore del cast, ma è capitato in un anno sfortunato: oltre a lui, infatti, ci sono anche Edward Norton (Birdman) e J.K. Simmons (Whiplash). Tre interpretazioni di altissimo livello: scelgo Simmons perché è strabiliante e si merita un riconoscimento per come impersona il tremendo insegnante di musica Terence Fletcher.

Miglior attrice protagonista
La vittoria di Julianne Moore (Still Alice) è quasi scontata, ma secondo me la statuetta la meriterebbe Rosemund Pike (Gone Girl), che è veramente da applausi: dire che la sua è un’interpretazione straordinaria sarebbe riduttivo. Inutile aggiungere che Marion Cotillard (Due giorni, una notte) è eccezionale come sempre.

Miglior attore protagonista
Ancora una volta sbalorditivo Bradley Cooper, questa volta per la sua interpretazione del cecchino Chris Kyle in American Sniper (anche se la sua migliore interpretazione finora rimane quella in Come un tuono), Steve Carell sorprende in Foxcatcher e Benedict Cumberbatch è una garanzia in The Imitation Game. L’Oscar però se lo giocano Eddie Redmayne, che è Stephen Hawking in La Teoria del Tutto e Michael Keaton, che entusiasma nei panni del protagonista di Birdman. Voto il primo perché era difficile dare spessore a un personaggio recitando in quelle condizioni senza diventare una caricatura, e ci è riuscito.

Miglior regia
La regia di Birdman è una regia sublime: Iñárritu ha praticamente girato un film come se fosse un unico piano sequenza, che è una cosa difficilissima dal punto di vista tecnico e riuscirci come ci è riuscito lui significa essere bravissimi. Ma quest’anno il premio bisogna darlo a Wes Anderson (Grand Budapest Hotel). Premiare Wes Anderson significa premiare il suo stile peculiare, che non è solo “inquadrature simmetriche e poi partono i Kinks” (anche, ma non solo). È precisione tecnica, composizione accurata, meticolosa, quasi maniacale delle inquadrature. È scelta di costumi, di scenografie, di trucco, di acconciature, di oggetti di scena, di musiche che inquadrino un’atmosfera precisa. È simmetria, inquadrature dall’alto in POV, carrellate. È utilizzo di schemi e colori luminosi e saturati. È trasformazione degli attori nei personaggi del suo universo immaginario. È l’uso del font Futura.
Wes Anderson è un maestro della narrazione, sta facendo la storia del cinema ed è giusto che gli sia riconosciuto anche dall’Academy.

Miglior film
Tra i candidati, sono quattro i film che mi sono veramente piaciuti: Birdman, Grand Budapest Hotel, Whiplash e Boyhood. Birdman è una storia sull’ambizione, sulla fragilità umana e sulla ricerca dell’approvazione, oltre a essere uno dei migliori film degli ultimi anni.
Grand Budapest Hotel racconta di uno di quei “deboli barlumi di civiltà lasciati in questo mattatoio barbaro che una volta era conosciuto come umanità”: un’amicizia che nasce tra due persone coinvolte in una folle avventura, di quelle tipiche di Wes Anderson, in un universo fiabesco non poi molto diverso dalla realtà.
Qual è il costo di inseguire un sogno? Whiplash pone questa domanda: da una parte c’è un insegnante di musica che vuole scoprire la prossima leggenda, ed è disposto a tutto per farlo, dall’altra c’è un ragazzo che vuole diventare una leggenda, ma non sa ancora cosa gli aspetta. 
Boyhood
è un film semplice eppure straordinariamente universale. Non è solo la storia della crescita di un ragazzo: è la storia della crescita di sua madre, di suo padre, di sua sorella, di ognuno di noi. È la storia del tempo che scorre velocemente, degli avvenimenti della vita che ci hanno cambiato e continuano a cambiarci, di come diventiamo quello che siamo. È una finestra sul passato che permette di riflettere sulla propria vita e in questo sta la sua grandezza. Fa venire nostalgia guardandosi indietro, soprattutto a chi è cresciuto negli stessi anni di Mason e ha guardato i suoi stessi film, i suoi stessi cartoni, ascoltato le sue stesse canzoni e letto i suoi stessi libri. Fa paura, perché la vita è breve e spesso difficile. Ma tranquillizza, perché dopotutto la vita è meravigliosa. Perciò Boyhood è il miglior film dell’anno.

 

 

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