Cinema

È morto Ugo Fantozzi

5 Luglio 2017

La mattina del 3 Luglio 2017 ricevo una telefonata da mio padre che mi dice: “hai sentito? E’ morto Fantozzi”. Niente di più vero: per la maggior parte degli italiani non è scomparso Paolo Villaggio, ma il ragionier Ugo Fantozzi, matricola 1001/bis dell’Ufficio Sinistri. Eppure Paolo Villaggio in 49 anni di carriera ha interpretato molti personaggi, alcuni importanti come Gonnella in “La Voce della Luna” di Fellini oppure il professor Sperelli in “Io, speriamo che me la cavo” della Wertmuller, altri completamente demenziali e caratterizzati da strani versi piuttosto che da battute usando la voce. In ogni caso, che interpretasse un pompiere, un fumetto, un apprendista ladro, un bagnino o un qualsivoglia personaggio, lui nella mente di tutti era Ugo Fantozzi. E badate bene, si parla di una specie di evoluzione dell’impiegato Giandomenico Fracchia.

Non mi metterò a fare l’analisi universitaria e da intellettuale sulla “maschera italiana” creata da Paolo Villaggio, ci sono già fior fior di libri che lo fanno. Al massimo, posso dire che tra coloro che hanno dato vita ai personaggi riferiti all’italiano medio, tra lui, Sordi e Totò ho sempre preferito lui. Forse solo per background culturale e origine geografica. Conosco tutt’ora a memoria le battute dei primi due film diretti sapientemente da Luciano Salce mentre, salvo “Fantozzi contro tutti”, la sua collaborazione con Neri Parenti è stata una lenta e inesorabile parabola discendente, fino al decimo e ultimo film del 1999. Ma Fantozzi all’interno di questi film era già morto, per poi risorgere in nome degli incassi al botteghino e perchè era una specie di cartone animato, quindi immortale e indistruttibile. Fantozzi era già andato in Paradiso.

Ma che persona era Paolo Villaggio? Ecco, io detesto quando le persone usano l’aggettivo “geniale” riferito a determinati esseri umani, ma nel suo caso questo termine lo spendo volentieri. Ha creato un personaggio davvero geniale, mascherando il suo essere arrogante, presuntuoso, borioso e antipatico, sempre vestito molto “naif”, ponendo davanti a sè un uomo malinconico, sfigato, dolce e simpatico, che faceva un’inevitabile tenerezza a chiunque. Vestito sempre uguale, con quel basco meraviglioso che metteva sulle ventitrè nelle occasioni importanti. E sapeva far ridere da morire. Le sequenze ormai mitiche soprattutto dei primi due film di Fantozzi sono diventate leggendarie, tanto da aver cambiato il linguaggio degli italiani. Quando diciamo “mostruoso”, “pazzesco”, “mega direttore galattico” o incliniamo la voce col suo accento raccontando le nostre vicende sfigate come fossimo narratori esterni, citiamo sempre lui. Villaggio era molto orgoglioso che il termine “fantozziano” fosse entrato nel dizionario della lingua italiana, considerava questo evento come una delle sue più grandi vittorie. I puristi del cinema non gli perdoneranno mai di aver rovinato la memoria di un capolavoro come “La Corazzata Potemkin” del grande maestro Ejzenstejn, ma il suo accanimento contro i radical chic aveva semplicemente preso ad esempio quel film (cambiandone il titolo per rispetto) per creare una situazione grottesca e goliardica. Pochi sanno che questo sketch era stato creato nella vita reale insieme al suo più grande amico genovese, Fabrizio De Andrè. E pochi sanno che, in quarant’anni, ogni aneddoto su Fantozzi da lui raccontato fosse falso, inventato di sana pianta. Ovviamente per raggirare i giornalisti e gli “esperti” di cinema.

Stavolta, a 84 anni, ha preso l’autobus al volo (forse il 77 barrato), ma non tornerà più da Pina e Mariangela e non sta scappando a Capri con la Signorina Silvani. Stavolta sta raggiungendo il geometra Calboni e il ragionier Filini, forse per una nuova notte di bagordi al night club “L’Ippopotamo”.
Buon viaggio, ragioniere. Ti abbiamo amato tanto.

 

 

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