Cinema
Dark
Durante la visione delle prime due stagioni di Dark, ho pensato di assistere alla versione tedesca di Stranger Things. O meglio, mi sono immaginata una prima prova d’esame, in cui il tema richiesto fosse stato un racconto con protagonisti dei bambini/adolescenti, una scomparsa misteriosa in un piccolo paesino in cui si conoscono tutti, una porta che collega due mondi e gli anni ’80.
Ebbene, i fratelli Duffer hanno eseguito a quattro mani questo compito per primi e nel modo più americano possibile, raccontando di un gruppo di ragazzini che ci ricorda le innumerevoli pellicole che hanno forgiato la nostra infanzia, da Stand By Me ad E.T., fino alla Storia Infinita, che diventano i piccoli eroi di una grande storia in cui il Bene vince sul Male, il mostruoso Demogorgon viene ricacciato nel mondo dell’Upside Down e la porta richiusa nel laboratorio segreto di Hawkins. Metteteci poi i Sovietici, una colonna sonora che è un continuo amarcord, Winona Ryder e la potenza magnetica della bellissima Undici, personaggio tramite dei due mondi ed ecco confezionato un prodotto che dal 15 luglio 2016, giorno di uscita della prima puntata, mi ha fatto riconsiderare il senso di guardare Netflix.
Ma ora torniamo all’esame: al banco opposto a quello dei Duffer, ci sono Baran bo Odar e Jantje Friese, lo schieramento tedesco. Il paesino in cui ambientano la loro narrazione non si chiama più Hawkins ma Walden e presenta molti più dettagli rispetto al cugino in Indiana, con la scuola e la stazione di polizia intorno a cui la sfera privata e quella pubblica degli abitanti si intrecciano, si scontrano e si evolvono costantemente. La porta di collegamento al fondo delle grotte è quella di una Centrale Nucleare da cui risuona l’eco di Chernobyl e che non apre al Male, all’ Upside Down, ad un qualcosa da uccidere o di cui liberarsi, ma al passato, che è anche il futuro, in un bivio che grazie ad una perfetta narrazione matematica ci pone davanti le tre linee temporali principali: 1953, 1986 e 2019.
Utilizzando una struttura dei viaggi nel tempo identica a quella di Ritorno al Futuro, secondo cui un’interazione nel passato cambia anche il domani, Dark si muove apparentemente sulla filosofia determinista oltre che materialista, per cui le azioni umane hanno un’importanza fondamentale. Ma fondamentale per cosa? Per fare accadere le cose esattamente come sono (già) accadute, in un paradosso che fa andare in loop lo spettatore.
E’ proprio questa dimensione di oscurità a donare interesse e profondità nel racconto, facendoci riflettere su come non esistano un Male ed un Bene assoluti, in ogni singolo individuo, e che spesso, nell’agire con le migliori intenzioni, si finisce per distruggere ogni cosa. Aggiungete pulsioni represse, segreti inconfessabili e una violenza che sembra sempre sul punto di esplodere ed il compito teutonico è pronto per essere consegnato.
E se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l’abisso scruterà dentro di te
Friedrich Wilhelm Nietzche
Durante il lockdown, il sito Rotten Tomatoes ha lanciato il sondaggio su quale fosse la migliore serie di sempre. In semifinale con Black Mirror e Stranger Things, Dark, ha sbaragliato tutti dopo essersi lasciata indietro titoli come The Crown e Peaky Blinders.
Da sempre tifosa delle produzioni inglesi, il risultato che mi ha spinta ad inaugurare la visione della serie uscita vittoriosa dalla sfida e che si prepara alla stagione conclusiva in uscita il prossimo ventisette giugno, non mi trova d’accordo. Il motivo è molto semplice: non basta fare un compito perfetto, senza errori di ortografia e ripetizioni. Non si tratta di completare una funzione algebrica di primo grado.
In Dark mi è mancata qualsiasi empatia con i personaggi: l’indifferenza che si prova per il poliziotto Egon Tiedmann è pari all’affetto sconfinato per lo sceriffo Hopper oltreoceano, giusto per fare un esempio. Non è esistito alcun coinvolgimento emotivo, forse solo per un secondo in un paio di scene, come quella in cui ho shazzammato il bellissimo brano The World Retreats, e quella sensazione di calore e divertimento è stata sostituita da un’atmosfera metallica e a volte troppo didascalica.
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