Cinema
Così il documentario ha formato sguardi rivolti al futuro
Se un’azienda intende farsi sistemica ossia colonna vertebrale di una società diviene determinante riuscire a costruire una relazione virtuosa tra industria e cultura. Vero e proprio tassello fondamentale di questa relazione è stata la scelta e l’uso dei documentari come elemento coadiuvante di una comunicazione aziendale che sfondava i limiti del marketing per produrre veri e propri contenuti culturali in grado dare forma e chiarezza ad un brand che dall’Italia stava prendendo il suo spazio sui mercati internazionali.
Due erano quindi le prerogative di Mattei: dare forma ad una compagnia in grado di sostenere e guidare per certi versi anche culturalmente la modernizzazione del paese e far crescere l’idea Eni, il suo brand nel mondo distinguendolo da quello degli altri competitori anche e soprattutto nell’identificazione di un approccio tipico fatto di confronto e di dialogo.
Quindi oltre alle note politiche aziendali di assunzione e di definizione di una classe dirigente giovane e innovativa che farà crescere Eni anche oltre Mattei, fu necessario immaginare una serie di strumenti che evidenziassero la diversità Eni. Fu determinante e obbligatorio dunque il coinvolgimento di figure normalmente estranee ad un’azienda energetica quali sociologi, poeti, giornalisti, antropologi e registi cinematografici. La ricerca non era come si potrebbe immaginare indirizzata verso personalità già note e famose, ma anche nell’ambito culturale l’obiettivo di Eni era quello di valorizzare e dare spazio alle voci nuove capaci di raccontare al meglio il dinamismo di una piccola, ma giovane e intraprendente azienda italiana proiettata nel mercato globale.
I documentari sono a tutti gli effetti uno dei pilastri portanti di una memoria aziendale che dall’esperienza della presidenza Mattei ha sviluppato in Eni una visione globale e consapevole del proprio ruolo di italian brand a tutto tondo.
Durante gli anni di Enrico Mattei furono prodotti 16 documentari più una decina pensati e poi realizzati successivamente. Due erano grosso modo i filoni di sviluppo che s’intrecciavano tra operazione culturale e azione di comunicazione realizzando un unicum per efficacia, qualità del contenuto e compattezza di visione ancora oggi spesso insuperato e di esempio per molti brand anche molto lontani dal business di Eni. Da un lato dunque venivano pensati documentari dal taglio istituzionale che però si avvalevano di nomi autoriali quali Gillo Pontecorvo, Alessandro Blasetti e Bernardo Bertolucci: generazioni e visioni artistiche diverse in grado di completare e raccontare al meglio il senso del lavoro di Eni senza mai derogare alla singola specificità culturale.
A questi si aggiungeva per l’appunto una produzione più tecnicamente documentaria che oggi è in grado di restituire l’essenzialità del lavoro quotidiano come dell’approccio Eni nei territori italiani come nei paesi del Mediterraneo.
Questi documentari rivelano infatti uno sguardo attento alle popolazioni e al loro stile di vita, un atteggiamento accorto e anche obbligatorio per chi come Eni non aveva il peso economico e la tradizione delle altre compagnie petrolifere che comunque a distanza di almeno quaranta anni permette di cogliere appieno la particolarità di film che superano il genere tecnico-industriale mostrando uno sguardo antropologico che fino ad allora era inimmaginabile proposto da una multinazionale.
Tutto questo è patrimonio dell’Archivio storico di Eni e come tale a disposizione di studiosi e ricercatori. La qualità di quanto è riposto negli oltre cinquemila metri delle scaffalature dell’archivio i Pomezia Terme supera di gran lunga l’ambito della storia industriale proponendosi come un’indagine di quel connubio oggi molto più comune, ma allora estremamente tipico tra cultura e industria.
La formula Mattei è oggi interpretabile anche come la capacità di cogliere all’interno di un sistema sociale ed economico quegli spazi utili e necessari all’industria o più in generale al capitale capaci di generare approfondimento culturale, innovazione e apertura creativa. Una visione non ideologica e certamente non banale tanto più nell’Italia degli anni Cinquanta che da Enrico Mattei arriva fino ai nostri giorni tramite il prezioso lavoro di mappatura dell’Archivio offrendoci la possibilità di comprendere meglio come creare relazioni virtuose tra impresa e cultura. I lacci dell’ideologia che ancora spesso permangono in molti ambiti della società italiana non fanno che legare ed impedire ostinatamente la liberazione di contenuti e di investimenti fruttuosi. I documentari in tal senso riassumono a più livelli le possibilità che oggi rischiamo quotidianamente di perdere permanendo dentro confini e trincee ormai prive di ogni senso. Il senso del lavoro di Mattei prende così la forma tramite l’Archivio storico Eni di un futuro possibile e a portata di mano.
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