Cinema

Cinecittà e gli 80 anni di Italia nelle foto dell’Istituto Luce e dell’Ansa

20 Dicembre 2017

Dal 20 dicembre al 7 maggio 2018, il Teatro 1 di via Tuscolana a Roma ospita la mostra fotografica “Cinecittà – Fatti e personaggi tra il cinema e la cronaca“, ideata e organizzata da Istituto Luce-Cinecittà, Ansa e Cinecittà si Mostra: un percorso affascinante per raccontare gli 80 anni degli Studios attraverso più di 150 fotografie degli Archivi dell’Istituto Luce e dell’Ansa, curato da Elisabetta Stefanelli e allestito da Alida Cappellini e Giovanni Licheri  (in collaborazione con Pasquale Ricciardi della Asc).

Che cosa c’entra la Città del cinema, capace di creare e guidare i sogni, con la maggiore agenzia di stampa italiana, che racconta ogni giorno quello che accade nel mondo? La storia comune: la storia d’Italia”, spiega Luigi Contu, direttore Ansa.

Il viaggio nel racconto del Paese inizia dalla posa della prima pietra nel gennaio del 1936: dopo appena 15 mesi di lavori, il 20 aprile 1937 si aprono le porte del progetto di Benito Mussolini. Splendida, per portato emotivo e capacità di sintesi, l’immagine del Duce in visita su un set, pronto a intervenire sulle immagini per usarle come arma di propaganda (“il cinema come arma più forte“, secondo il suo motto).

Scandita in 8 decadi – dagli anni Trenta al Duemila – l’esposizione segue due binari paralleli: attualità e cinema. Gli anni Trenta sono la “Hollywood in camicia nera” dei film dei telefoni bianchi, delle dive dell’autarchia come Assia Noris, Maria Denis, Clara Calamai, dei kolossal di un paese povero, del gigante Primo Carnera. La guerra significherà una battuta d’arresto e porterà profughi e sfollati a vivere anche dentro Cinecittà.

Di lì  a poco nascerà il Neorealismo italiano, con le immagini di Anna Magnani, Aldo Fabrizi, “Roma città aperta“, De Sica, Visconti; accanto le bellezze maggiorate dell’epoca: Gina Lollobrigida, Sophia Loren, Silvana Mangano. L’immaginario italiano sta per esplodere; non c’è foto che lo testimoni meglio di quella di Audrey Hepburn in lambretta nelle sue “Vacanze romane“; accanto, quella di Charlton Heston ugualmente romano sulla biga di Ben Hur. È la Hollywood sul Tevere, l’epoca dei divi e dei capitali statunitensi: Kirk Douglas, Ava Gardner, Liz Taylor, l’epica dei peplum (chiamati “sandaloni“). È l’Italia in Cinquecento e Cinecittà è al centro del mondo. È il paese de “La dolce vita”.

Sophia Loren nel mitico spogliarello di “Ieri, oggi e domani” (1963), accanto all’urlo alienato di Lou Castel ne “I pugni in tasca” (1965) di Marco Bellocchio stanno a rappresentare le contraddizioni del post-boom: gli anni Sessanta si aprono con un ballo in un night di via Veneto e si chiudono con una Cinquecento in fiamme davanti all’Università La Sapienza. Passano Alberto Sordi americano a Roma, Salvatori e Lorella De Luca poveri ma belli, Gagarin e Togliatti, Clint Eastwood cowboy e Richard Burton in attesa della sua Cleopatra, Gassman/Brancaleone e Maria Callas/Medea per Pasolini.; un decennio lungo, che si gela nella fotografia di Moro sequestrato e nel primo piano di Volontè cittadino al di sopra di ogni sospetto.

Silvio Berlusconi inaugura una tv con Mike Bongiorno, Pertini con una coppa del mondo e Zoff, il terremoto in Irpinia, sono emblemi degli anni Ottanta. Fellini in “Ginger e Fred” e Scola ne “La famiglia” prendono a picconate un tempo che cade con il Muro di Berlino. Il cinema italiano arriva oltreoceano con “C’era una volta in America“, “Ultimo imperatore”, “Nuovo Cinema Paradiso” e negli anni Novanta arriva per ben tre volte sul tetto del mondo degli Oscar, con Tornatore, Salvatores, Roberto Benigni. L’Italia, intanto, assiste a un traumatico confronto con il reale: sono le immagini di Capaci, dello sbarco della nave Vlora con 20.000 cittadini albanesi, e le manifestazioni milanesi di Tangentopoli. Un reale cui rispondono i fotogrammi di autori come Nanni Moretti e Gianni Amelio o il finale di “Nestore ultima corsa“, di Alberto Sordi.

Il lungo finale del film del secolo che termina con un millennio è consegnato a una carrellata di eventi, contraddizioni, successi, che hanno visto spesso in Cinecittà un luogo delle trasformazioni: in casa del “Grande Fratello” o del “Medico in famiglia“; nello Studio 5, la casa-ufficio di Federico Fellini visitata da Benigni per recitare la nostra Costituzione, in Chris Martin dei Coldplay in concerto davanti al set di “Rome“. E poi i funerali mediatici di Giovanni Paolo II, Federica Pellegrini che vince un’Olimpiade, Dario Fo un Nobel; Lampedusa, porta delle contraddizioni d’Europa, che Gianfranco Rosi porterà a Berlino e alla notte degli Oscar.

La porta di Cinecittà, restaurata a nuovo splendore nel 2014 con il sostegno di Chopard (maison legata al cinema da oltre vent’anni) è l’immagine finale del percorso.

Un nuovo look per gli Studios di Cinecittà, a cominciare da una nuova insegna e una nuova facciata alla vigilia della nona edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, 14 ottobre 2014. ANSA

Negli ultimi 80 anni dentro Cinecittà – chiosa Roberto Cicutto, Presidente e Ad Istituto Luce-Cinecittà – sono accaduti non pochi fatti reali, non di rado specchio dei fatti reali del paese. In questo anniversario, Cinecittà è tornata sotto la gestione pubblica. Al di là di motivi, passaggi, volontà che hanno determinato questo ritorno, ci pare che esso significhi non solo l’interesse della sfera pubblica per l’arte cinematografica, ma il riconoscimento di una loro coincidenza, del sentire che la vita pubblica è anche il suo cinema, e in esso non solo si rispecchia e si ricorda, ma disegna la forma che vorrebbe avere. Questa mostra credo racconti a tutti questa felice coincidenza e uno speciale guardare retrospettivo al nostro presente e futuro“.

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