Cinema
Christian Loubutin: L’Exhibitioniste
Profondamente rattristata dalla notizia della scomparsa di Michel Piccoli, interprete magistrale che ha dialogato con eleganza nelle pellicole manifesto del cinema d’oltralpe e di quello italiano, mentre il Paese è alle prese con i primi giorni delle riaperture, io mi sono commossa sullo slow motion di The Shot che Michael Jordan segnò a 5.2 secondi dalla fine del game6 delle finali contro gli Utah Jazz, consegnando il sesto titolo NBA ai Chicago Bulls nel 1998.
L’episodio conclusivo della serie Netflix The Last Dance mi ha riproposto una scena che ho rivisto decine di volte negli anni e l’immagine più emblematica della storia dello sport rimanda sempre alla stessa domanda: quanto siamo consapevoli delle “ultime volte”?
In quella frazione di attimo in cui rubò la palla a Karl Malone e andò a canestro, MJ si rese conto che si trattava dell’ultimo tiro della sua carriera? Quante volte accade nella vita di compiere un gesto ordinario, naturale, abituale ed di avere la sensazione che i successivi non saranno più come prima o non ci saranno affatto?
Sull’onda lunga di questa riflessione, oggi ho scaricato le foto scattate alla mostra di Christian Loubutin il marzo scorso. Sono passati esattamente due mesi che hanno il peso di due anni almeno e l’ostinazione con cui avevo attraversato la città per raggiungere la Porte Doréequella domenica uggiosa di una fine inverno parigino era il mio modo per metabolizzare la consapevolezza che quella sarebbe stata l’ultima mostra che avrei visto, almeno nel modo in cui sono stata abituata ad assistervi da sempre.
Lo spartiacque tra il “prima” e il “dopo” era negli occhi straniti dei partecipanti che passavano il loro sguardo sospettoso sulla mia mascherina e sui guanti che ero l’unica ad indossare, mentre percorrevo gli spazi in cui era stata ricreata l’atmosfera di una chiesa.
In questo tempio sacro dove si celebravano le suole rosse dello stilista francese, dalle celebri Pigalle passando per le creazioni più eccentriche, vere proprie opere d’arte, fino alla collezione Nudes che ha abbattuto qualsiasi barriera di genere e tipo, mi sono lasciata incantare e sorprendere dalla bellezza.
La Salle Du Trèsor era uno scrigno in cui ammirare gioielli consacrati all’altare del tacco alto, i video nello spazio Dan’s L’Ateliers spiegavano, come in un film dei fratelli Marx, i prodigi di un artigiano che confeziona il paio di scarpe perfetto per i sogni di ogni donna, la Théâtre Bouthanais metteva in scena uno spettacolo affascinante per interpretare la connessione e la commistione delle arti come fonte inesauribile d’ispirazione e movimento.
Cinema, moda, arte, sport, teatro e musica…una magica immersione nella fantasia ad occhi aperti…
Se Il Pop corridor era una divertente passeggiata scarlatta in cui ritrovare i propri idoli a spasso con le Loubutin, la galleria Fetichisme racchiudeva l’ossessione di velluto nero che la fotografia di David Lynch ha tradotto in immagine nel 2007…
Poi ancora schizzi a mano libera e bozzetti, pezzi unici e dettagli preziosi, perchè un paio di scarpe ha da offrire molto più di una semplice camminata 😉
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