Cinema
Charlot contro il fascino dell’«uomo della provvidenza»
Charlot sotto inchiesta, propone il verbale dell’interrogatorio da parte dell’FBI nell’aprile 1948.
Riletto oggi, pensando alla macchina costruzione di quell’interrogatorio vengono in mente molti precedenti. Si potrebbe andare dai processi per stregoneria, a quelli svolti dalla GPU alla NKVD sovietica tra anni ’20 e anni ’60. Per chi non avesse voglia, il riferimento alle Le vite degli altri consente di ripercorrere sinteticamente un modulo molto sperimentato nella storia moderna e contemporanea.
Del resto, il meccanismo è molto semplice: si mettono insieme degli elementi che hanno un contesto, si prendono delle frasi o anche delle espressioni (nell’interrogatorio di Chaplin è per esempio il fatto che egli abbia aperto una riunione pubblica rivolgendosi al pubblico chiamandolo “Compagni”) e poi si confeziona una sceneggiatura che inevitabilmente porta a una conclusione: cittadino pericoloso. Sorvegliare con attenzione. Possibilmente: isolare, recludere, rieducare.
Come sappiamo nel caso di Chaplin la cosa andò diversamente: una volta che il procedimento a suo carico divenne un fatto pubblico, non potendo essergli garantito il rientro negli Stati Uniti da “uomo libero” (in quel momento egli si era imbarcato sulla “Queen Mary” in viaggio tra New York e la Gran Bretagna per il lancio di Luci della ribalta (1952) egli semplicemente decide di non rientrare. In effetti da quel momento fino alla morte (25 dicembre 1977) egli risiede in Svizzera.
Perché conviene riprendere quelle pagine?
Quell’interrogatorio non ci dicono di più di quanto già non sappiamo sia su come si comporta il potere di fronte a coloro che erige a sospetti, sia di come ciascuno di noi può agire spesso con atti che autorizzano altri a “ricostruire “la nostra biografia e a renderla funzionale alla battaglia che intendono condurre in nome della loro idea di libertà e della difesa del proprio mondo che avvertono minacciato.
Non che non serva ni tanto un ripasso (anzi e forse proprio di questi tempi).
Tuttavia, quel profilo e quel testo è bene tenerlo presente anche per altro. Per quel tratto di disponibilità al mondo che aveva estratto nel monologo de Il grande dittatore, in cui al centro stava l’umanità dei cittadini, spesso senza fede in se stessi, non stava il grande uomo da cui ogni tanto ci aspettiamo che ci cavi dai guai (anche questo un tratto molto forte in questi giorni).
Un appello contro l’immaginario della salvezza garantita da Superman. Un tratto che Hannah Arendt aveva intuito con grande sensibilità in tempo reale, in un ritratto dal titolo Charlie Chaplin il sospetto, che pubblica nel 1944 e che in cui scrive a proposito di Chaplin :
Nel piccolo ebreo Schlemihl egli vide il suo simile, vide la figura grottescamente esagerata che lui stesso, come ben sapeva, rappresentava un poco. Ed ha potuto ancora per lungo tempo ridere candidamente su se stesso, sulla sua malasorte e i sui modi comici e astuti di scamparla, per tutto il tempo in cui non conosceva ancora l’estrema disperazione sotto forma di disoccupazione, per tutto il tempo in cui non aveva incontrato un ‘destino’ di fronte al quale fallivano tutte le astuzie individuali sapientemente escogitate. Da allora la popolarità di Chaplin è caduta rapidamente; non tanto a causa del crescente antisemitismo, ma perché il suo profondo sentimento umano non vale più nulla, perché la fondamentale liberazione umana non aiutava più ad attraversare la vita. Il piccolo grande uomo aveva deciso di trasformarsi in ‘grande uomo’.
Non Chaplin, ma Superman è diventato ora l’idolo del popolo.
Appunto la ricerca dell’“uomo della provvidenza”. Di nuovo: siamo così lontani da questo fascino?
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