Cinema

Cento anni con Federico Fellini

20 Gennaio 2020

Er Romagnolo de Roma

Si apre il 20 gennaio, fino al 28 febbraio 2020, a Roma, nella Biblioteca Angelica, la mostra fotografica dedicata a Federico Fellini nel centenario della nascita. Un riminese celebrato anche a Roma. La città che tra l’altro ha dato al Paese le interpretazioni di uno dei suoi attori preferiti Alberto Sordi, er Romano de Roma. I cult-movie “I Vitelloni” e “lo Sceicco Bianco”, con la regia felliniana, diedero a Sordi quella caratura magistrale che poi lo ha distinto nella sua carriera, con interpretazioni che non erano solo pennellate romanesche ma l’incarnazione dello stereotipo dell’italiano medio nei suoi pregi e nei suoi difetti.

Fellini lascia Rimini nel 1939 e si cala nella realtà di una Roma che è sempre stata inclusiva, una vecchia feconda, calda lupa che tutti ha allattato e nutrito. Se, nella sua metafora onirica di Amarcord, Fellini rievoca la gioventù romagnola, dedita al piacere ed al momento fuggente, nei suoi successivi anni romani, dà della Roma degli anni sessanta la lettura più consapevole della Città che riemerge dalle macerie e apprezza la libertà nel piacere della “ Dolce Vita”.

La vita di provincia de “I vitelloni” si trasforma, prima, nella “Dolce Vita” romana, dando a Mastroianni un ruolo più consapevole ed aderente ai tempi. Poi la metafora onirica diventa “8 1/2”. E qui probabilmente il film lascia lo scenario provinciale di Rimini o della  arricchita Capitale e diventa dramma. Nel film “8 e ½” emerge la crisi esistenziale di Fellini che rende consapevole lo smarrimento antico dell’anima che ricerca sè stessa, in contrasto con l’esistenza quotidiana e del lavoro. Un onirico, fatato affresco di immagini, fatto di alternanze tra il protagonista e personaggi di contorno tra cui spiccano: un intellettuale, la moglie, l’amante.

Un gioco sensuale degli specchi in cui fa capolino il sesso dalle forme rotonde e francamente pervasive della tabaccaia di “Amarcord”. Una sensualità che pervade ogni film e che si sposa con la Roma grande, grassa, feconda che allatta tutti e che di tutti è Madre e Amante.

Fellini “ er Romagnolo di Roma” è il cantore di questa Roma trimalciana, opulenta, impossibile da non amare e da non ergere a Fata della vita, simbolo del piacere e della goduria. Ma al di là di questo è il canto dell’Amore, della freschezza di una Anita Ekberg che urla “ Marcello come here”, una sorta di inno che neanche la magistrale Edith Piaf avrebbe potuto cantare meglio.

Fellini incarna dunque non tanto il romagnolo, neanche il romano, incarna l’animo mediterraneo del piacere, dello smarrimento quando questo finisce, del sogno ancestrale nel quale tutti noi vorremmo nebulizzarci per dimenticare il quotidiano e vivere eternamente nella dimensione irreale onirica e sessuale.

La mostra si concluderà il 28 febbraio. Da non perdere, non tanto per l’ottimo e inedito set fotografico quanto per il ricordo immortale del Regista del Mito Umano

, che il Ministero dei Beni Culturali, promotore dell’iniziativa, ha voluto organizzare.

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