Cinema
Carrère racconta al cinema il lavoro precario degli addetti alle pulizie
Poco più di un mese fa la Lettura del Corriere della Sera nominava Emmanuel Carrère scrittore del decennio, secondo il verdetto della sua Classifica di Qualità. In quelle stesse settimane a Repubblica l’autore francese raccontava dall’interno la Russia a guerra appena scoppiata: le manifestazioni contro la guerra, la paura di un futuro interrotto.
Ora è al cinema con un film intelligente, divertente, importante. Al centro, la schiavitù del lavoro precario.
Tra due mondi (Ouistreham) è un film di fiction tratto dal romanzo-inchiesta della giornalista Florence Aubenas: “Come si vive quando ogni giorno si deve trovare un modo per sbarcare il lunario? Come vive chi la ‘grande crisi economica’ che ha colpito l’Europa e il mondo intero la porta impressa sulla pelle? Per sentire il cuore pulsante di questa crisi, Florence Aubenas decide di mischiarsi agli ultimi, come vengono spesso chiamate le vittime del mercato, che però sono tanti” recita la quarta di copertina.
Così nel film Marianne, splendidamente interpretata da Juliette Binoche, è una scrittrice affermata, sta preparando un libro sulla situazione lavorativa francese ed è stufa di conoscere le cose in termini di numeri e statistiche. Vuole vivere sulla propria pelle quel lavoro precarissimo, mal pagato e soffocante, così da poterlo raccontare dall’interno. Lascia Parigi, si trasferisce a Ouistreham (la zona portuale della città di Caen), sospende ogni contatto con la sua vita precedente – o per meglio dire con la sua vera vita – e cerca un impiego come donna delle pulizie su un traghetto che attraversa La Manica. Inventa qualche storia per giustificare il suo essere lì e si cala in questo mondo sconosciutissimo, legando anche profondamente con i colleghi che l’aiutano, accolgono e coinvolgono. E lei si fa coinvolgere.
Fanno sorridere i punti di demarcazione della differenza fra loro. Una battuta ecologista, l’immaginazione lasciata correre a guardare due alberi “come se discutessero fra di loro”, la capacità di concedersi il tempo di perdere tempo – guardare il mare, giocare sulla sabbia: sono questi particolari a renderla strana agli occhi dei suoi nuovi amici. In una serata quasi spensierata ci si immagina cosa si farebbe se si vincesse alla lotteria: chi un tatuaggio da 150 euro, chi un paio di scarpe da 300, solo lei non ci ha mai pensato. Più ancora del tipo di lavoro, i due mondi sono separati da prospettive, speranze e valutazioni economiche lontane anni luce.
Quando la finzione verrà malamente scoperta, chi si era legata più a Marianne reagirà senza sconti: non solo per il tradimento subito, ma perché lo sguardo della scrittrice, per quanto spontaneo e in buona fede, li ha umiliati. Gli altri invece saranno felici del lavoro che ha fatto e crederanno che il libro-denuncia di Marianne potrà davvero cambiare le cose, che arriverà agli occhi dei tanti clienti impudenti che non salutano e lasciano le stanze del traghetto vergognosamente sudicie, e li renderanno più attenti e rispettosi. Anche questo potere, infinitamente superiore alla realtà, che loro le attribuiscono, fa sorridere e riflettere.
Nel titolo scelto in italiano si legge uno dei principali piani su cui gioca il film: la necessità di situarsi. Per un giornalista o scrittore, raccontare “dall’interno” il lavoro precario così come le rotte dei migranti nel Mediterraneo non è possibile: per quanto ci si possa immergere in quel mondo, si è sempre liberi di andarsene, e questa differenza è insormontabile.
Fra i pregi che bisogna riconoscere a Carrère c’è l’attenzione che pone nel problematizzare sempre la posizione dello scrittore/giornalista rispetto a quello che va a raccontare, come accadeva nell’Avversario, ma anche la posizione sociale di bianco occidentale privilegiato come avviene Yoga. Partendo da questa consapevolezza, e non perdendola mai, si può raccontare tutto e lo si può fare al meglio.
Così, proprio mettendo al centro il problema irrisolvibile della posizione, Carrère riesce a fare un ottimo film sul lavoro precario, scevro di paternalismi e buonismi e insieme senza dover ricorrere all’asprezza estrema di Sorry, we missed you (il durissimo film di Ken Loach sull’attività dei corrieri freelance uscito nel 21019). Tra due mondi si concede di essere essere più morbido, sfiora a tratti anche la favola, ma senza perdere nulla in efficacia della denuncia.
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