Cinema
“Caro Massimo” la tua grazia nel raccontare i sentimenti ti rende immortale
30 anni fa ci lasciava il grande Massimo Troisi, attore, sceneggiatore e regista indimenticato. Uno dei figli più importanti di Napoli. Un poeta ed un uomo gentile che sapeva come far risplendere d’amore la vita
Il 4 giugno del 1994, ci lasciava il grandissimo Massimo Troisi, uno dei figli più importanti di Napoli, attore, sceneggiatore e regista che con la sua grazia nel raccontare i sentimenti, si è conquistato l’immortalità nella mente e nel cuore di chi resta.
Leggero, acutissimo, pungente e dotato di un senso dell’ironia fuori dal comune, ha saputo celebrare l’amore per la vita in ogni sua fase, compresa quella della malattia che lo ha strappato via a soli 41 anni.
L’adorazione per Napoli, la cui malinconia mista ad “allerìa” lasciava trasparire dagli occhi neri come due chicchi di uva appena vendemmiata nelle giornate assolate e frizzanti di settembre; l’odore del sale ed il mare inseguito, contemplato e abbracciato nelle scene mozzafiato del film, Premio Oscar per la miglior colonna sonora, “Il Postino” e quel legame indissolubile con l’Universo femminile, inteso come parte complementare della vita di Massimo, abile maestro capace di fotografare nevrosi, paure e contraddizioni delle relazioni umane, degli afflati amorosi, delle amicizie, del mondo che lo circondava, con cui ha incarnato una genio creativo, intellettuale ed interiore impossibile da emulare. Di Massimo Troisi, ne è nato solo uno, e la sua rarità era impossibile che non impressionasse.
Le radici salde, con la propria Terra, sia quella natale, San Giorgio a Cremano, che con la madrepatria Napoli, bagnata da quel golfo che si staglia dinanzi alla “Muntagna”, in gergo stretto partenopeo, con i suoi monumenti, con la sua sofferenza e gioia colorata, contagiosa, culla del teatro, dove con un maschera puoi diventare un altro, con in sottofondo la melodia di un mandolino ed in bocca il sapore afrodisiaco della pizza, manna dal cielo per il mondo intero. La venerazione per la famiglia, le amicizie storiche, come quelle con Pino Daniele, altro figlio d’oro di Napoli, con Lello Arena ed Enzo de Caro, con i quali portò in giro la sua arte grazie al trio teatrale “La Smorfia” che ha consegnato alla storia sketch esilaranti. Quella con Renzo Arbore e la storica firma del giornalismo Gianni Minà, uno dei pochi eletti intervistatori privilegiati di Troisi, al quale raccontava la sua passione viscerale per il Napoli Calcio e per Diego (Maradona), il re della città, negli anni incantati degli scudetti. Un altro sodalizio sul set cinematografico e nella vita, quello con Roberto Benigni, come non ricordare il film “Non ci resta che piangere”, in quel di “Frittole”. E ancora, con una magnetica Francesca Neri in “Pensavo fosse amore invece era un calesse”, ritratto ineluttabile delle falle e delle estasi amorose; oppure “Ricomincio da Tre” in cui Massimo era protagonista e regista al contempo. Ma la pellicola che lo ha consacrato nell’olimpo del cinema di tutti i tempi, rimane sicuramente “Il Postino”, al fianco di Maria Grazia Cucinotta, nel ruolo di Beatrice, donna amata ed idealizzata da Troisi, nelle vesti di un postino analfabeta ma ricco di così tanto amore per la poesia e per la bellezza della vita, da rimanere folgorati. Con la partecipazione anche di Philippe Noiret, nei panni del poeta Pablo Neruda approdato sull’isola di Procida alla ricerca di una ispirazione perduta.
Quel film, l’ultimo di Troisi, morirà infatti il giorno dopo aver finito le riprese, per la regia di Michael Radford, vinse il Premio Oscar per la migliore colonna sonora di Luis Bacalov, ispirandosi proprio all’omonimo romanzo “Il postino di Neruda”, dello scrittore Antonio Skármeta.
E infine…Massimo Troisi e le donne. Un incastro di storie, volti, passioni brucianti, magia e tanta tanta ironia che lo hanno da sempre reso uno degli uomini più affascinanti in circolazione. Da Anna Pavignano, sua storica compagna, passando per Jo Champa, Clarissa Burt, per finire con una giovanissima Nathalie Caldonazzo, al suo fianco nel momento tragico della morte a causa di una insufficienza cardiaca che si trascinava da diversi anni.
Come affermò lo stesso Massimo a proposito dell’amore e delle pene, proprie degli uomini “Forse non c’è una definizione dell’amore, ma c’è l’amore. E l’unica certezza, l’unica cosa provata, è che la sofferenza d’amore, prima o poi finisce. Ci vuole carattere, bisogna avere la pazienza di aspettare. Non si muove per amore, si muore per impazienza“.
Oh, Caro Massimo, quanta verità…
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