Cinema

“Blonde” (2022, Andrew Dominik) cronaca di un disastro inaspettato

12 Settembre 2022

“Blonde”

r. Andrew Dominik

con: Ana de Armas, Bobby Cannavale, Adrien Brody, Julianne Nicholson

in concorso alla 79ma Mostra del cinema di Venezia

Dieci anni di lavorazione a partire dalla riscrittura per lo schermo del romanzo omonimo di Joyce Carol Oates; un’impresa titanica per restituire sullo schermo la doppia “verità” di una delle stelle più luminose, tetre, misteriose del cinema. Norma Jean/Marilyn procedono a passo alterno nell’ultimo film di Andrew Dominik (“Chopper”, “L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Tom Ford”, “One more time with feeling”). Risultato di quest’impresa: un fallimento quasi integrale. Sin dalle prime scene, relative alla dura infanzia di Norma Jean e al rapporto con una madre disperatamente attaccata al sogno di un marito mitizzato il regista australiano presenta tutta la grevità di una messinscena sonnambolica e ridondante di ellissi poetizzanti di cattiva poesia, di cinema pesante e pedante. E a questo registro si conforma tutta la pellicola, di quasi tre ore; il blocco inscalfibile di un film solo apparentemente mutevole e sfuggente come un’anguilla. Un ossimoro in cui convivono malissimo sincretismo e ridondanza, supponenza e umiltà verso la donna/diva-ossessione introspettiva e snodi narrativi pedestri, testacoda tra interiorità ed esteriorità delle due donne in una. proprio quando il regista crede di volare alto ecco irrompere la banalità scenica che non sa sublimare la prosaicità del fatto saliente che fa precipitare il precario castello di carte truccate che si affida alla fotografia e ai salti colore/bianco e nero. L’Everest di tutta questa maldestria lo si raggiunge nella scena della fellatio a Kennedy, che non è tanto “pornografica” quanto ridicola. Sia per la scelta del primo piano della bocca della diva che pratica il rapporto orale, che non si riesce a reggere, sia per il montaggio analogico tra atto erotico e immagini televisive dei razzi delle missioni spaziali. Cose che erano spassose in “Gola profonda” ma che qui delineano tutta l’immaturità di un regista altrove efficace e pure notevole. In “Blonde” tutto è ipertrofico e francamente sfibrante; persino la pur brava Ana De Armas. L’imitazione perfetta della voce suadente di Marilyn alla fine diventa stentoreo birignao, caratterizzazione, perdita di universalità di una delle più mitologiche creature dell’immaginario novecentesco. Per non dire di tutte le immagini del feto dei bambini che Marilyn non poté avere e con cui a un certo punto dialoga, finendo dalle parti di “Senti chi parla”. Ci sarebbe voluto più azzardo e meno presunzione, più controllo e più delirio. Marilyn è un “oggetto” montato e smontato più volte nel corso del secolo appena alle spalle e che continua ad essere elaborato, indagato, riproposto ancora oggi. Prima icona della modernità del divismo al femminile, che ruppe il legame con le artiste che la precedettero, presentando una sessualità esibita e disponibile; il flm di Dominik vorrebbe restituircela finalmente umana ma alla fin fine ritroviamo, con delle forme anche più voluttuose del corpo dell’attrice, il solito piagnisteo privo di ombre sulla stessa Norma Jean/Marilyn. Piagnisteo evidenziato dai rapporti con gli uomini, siano essi compagni di matrimonio (Joe Di Maggio/Bobby Cannavale, Arthur Miller/Adrien Brody degno più da contest di sosia o un Billy Wilder/Ravil Isyanov davvero limitante per la personalità del grande regista)Nel 1996 Tim Friwell girò un film per la tv con Ashley Judd e Mira Sorvino intitolato, fatalità, “Norma Jean e Marilyn”. C’era una prima Marilyn e una seconda Marilyn. Con tutti i limiti del prodotto si aveva almeno una doppia natura dell’artista che non censurava certo tutta la componente arrivistica e cinica di una delle tante ragazze in cerca di fortuna, cercandola anche con mezzi “impropri”. Qui, per sintetizzare l’abuso sul corpo della futura artista abbiamo cosa? Una scena di sodomizzazione che nulla dice di niente che non sia ovvietà. la “povera ragazza”. Restiamo sull’attrice che è meglio e lasciamo il lavoro di interpretazione a chi davvero ha il coraggio di farlo. E così Netflix si ritrova una bella patata bollente, non tanto per il vietato ai minori di 17 anni, a causa della fellatio presidenziale e alcuni nudi della De Armas, quanto per la delusione che provocherà a molti spettatori che probabilmente, vedendolo in tv, si appisoleranno un bel po’.

Ana De Armas è Marilyn nel film di Andrew Dominik
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