Cinema

Appunti a margine di Café Society

1 Ottobre 2016

Allen in questi ultimi anni sta facendo film come uno sportivo, nel senso che è la sua attività motoria e per allenamento ne fa uscire uno dietro all’altro.

Siamo ancora distanti a mio avviso dal mero esercizio di stile perché comunque, e per quanto auto-celebrativi possano essere, è sempre Woody Allen: la narrazione dei rapporti personali nella società.

Café Society per riassumere gli animi che si chiedono già se ne vale la pena: si, ne vale la pena. Unisce parte dell’introspezione di Irrational Man con l’estetica sognante-retrò di Midnight in Paris. Ha sempre il sarcasmo dalla sua parte, in particolare nei cambi di scena, e ancora più in particolare l’estetica in generare è tremendamente bella: dai costumi, ai colori, agli ambienti. La fotografia cattura tutto quello che deve catturare: mostra immagini emotive.

Sorpassando la storia che potete leggere su Wikipedia, andiamo a considerare il concetto del film, ovvero la fragilità dei rapporti.

Café Society è lo scrigno delle fragilità affettive della Hollywood/New York anni 30, una società sospesa sulle feste e martini. È un sogno protratto nel tempo ma mai approfondito, mai ragionato per paura di romperlo. Quel senso di vertigine che le emozioni forti sono capaci di regalare si cerca non finisca mai, impauriti dallo scontro con la realtà, con le sensazioni deboli e l’amarezza.

Woody fotografa un po’ di noi nel bisogno incessante di novità che non vogliamo avere la forza di comprendere, perché sotto sotto siamo sempre fragili, indeboliti; cerchiamo delle tremende botte di vita per distrarci, sentire comunque qualcosa, sentirci forti.

La realtà però bussa alle porte e lascia esterrefatti senza continuità. Questo è il finale dell’irrazionalità dei rapporti e della fragilità. E’ irrazionale pensare che i rapporti siano solamente dei lunghi balli sbronzi.

Urge un cambio di prospettiva. Un cambio dal basso che sovverta le basi. Bisogna imparare ad esprimersi, a dire le cose, ad apprezzare la realtà e le sue tonalità tenui, settembrine, fragili. Solo quando condivamo quello che siamo ritroviamo la nostra forza e sentiamo quanto forte possa essere la passione provata. Ci sentiamo tranquilli e liberi di analizzare il nostro stato emotivo. Altrimenti è una lunga danza ubriaca che lascia stupiti col naso all’insù a chiedersi: “perché?”.

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