Cinema

Anna, la serie tv che ha colto lo spirito del tempo anticipando il Covid

29 Luglio 2021

È difficile non chiedersi, guardando Anna – la serie tv in sei puntate uscita ad aprile su Sky e Now, scritta e diretta da Niccolò Ammaniti – come sarebbe stato averla vista prima. Chi aveva letto il libro da cui è tratta, dello stesso Ammaniti, uscito nel 2015, e chi magari si trovava sul set della serie nei mesi precedenti al marzo 2020, sarà stato certamente sorpreso dalla coincidenza, o rispondenza, fra la storia che viene raccontata e una realtà che – apparentemente – nessuno si aspettava.

Anna infatti racconta di una pandemia che attacca le vie respiratorie e che ammazza gli adulti. Le riprese sono cominciate sei mesi prima dell’arrivo del Covid 19 in Europa.

“La Rossa”, così si chiama per le macchie che lascia sul corpo, è arrivata prima in sordina, come qualcosa di lontano che tocca solo agli altri, poi sempre più vicina, fino a dividere fra loro questi adulti distratti ed egoisti, che pur di salvare la pelle possono chiudere la porta in faccia al padre dei propri figli morente, salvo fare la stessa fine poco tempo dopo.

In una Palermo devastata, che ricorda il mondo cupo e disfatto della Nube purpurea di Matthew P. Shiel (il romanzo, scritto nel 1901, racconta di una nube venefica che provoca l’estinzione improvvisa dell’umanità), gli unici sopravvissuti sono i bambini: bambini sperduti che non diventeranno mai adulti perché al sopraggiungere della pubertà la malattia ucciderà anche loro.
Si aggirano famelici nella città in rovina alla ricerca di cibo. Alcuni soli, altri in branco. Anna potrebbe avere intorno ai tredici anni. Per proteggere il fratellino Astor, gli ha raccontato che l’aria fuori dai confini del loro giardino lo ucciderebbe: solo lei, grazie a un potere speciale, può avventurarsi là fuori. E là fuori in effetti è una giungla. I Blu – il più ampio e crudele branco – sono il pericolo maggiore. Vivono in un’enorme villa sotto la dittatura della perfida Angelica, si dipingono di blu per mascherare le macchie che prima o poi copriranno il loro corpo e hanno uno speciale prigioniero e oracolo: la Picciridduna, l’unica adulta misteriosamente sopravvissuta perché è “diversa, è uomo e donna insieme”, un’ermafrodita.
Il rapimento di Astor da parte di Blu porta Anna alla sua ricerca e poi con lui a tentare di raggiungere il continente, l’Italia, dove si dice che altri adulti siano sopravvissuti alla pandemia e forse abbiano trovato delle cure.

Certo nel 2019 Ammaniti non immaginava che una pandemia respiratoria mortale (quasi) solo per gli “adulti” si sarebbe scatenata interrompendo le riprese della sua serie tv.
Eppure già c’era, nell’aria, la paura che il mondo come lo conosciamo fosse distrutto all’improvviso: film e serie tv come Melancholia, Children of men o 3%, ma anche libri come La caduta del cielo di Davi Kopenawa e Esiste un mondo a venire? di Viveiros De Castro e Danowski, erano spie di un immaginario e di un’indagine sul tema sempre più condivisa, e già da parecchio era uscito Spillover di David Quammen.
Già c’era, nell’aria inquinatissima e densa delle nostre città e nei polmoni verdi tagliati e bruciati, il timore di non riuscire più a respirare.
Già c’era, nell’aria, anche la frattura generazionale suggerita da Anna: perché la generazione di “adulti” al potere, i cosiddetti “boomer”, erano l’interlocutore contro cui si scagliava la voce dell’adolescente Greta Thumberg, troppo superficiali, egoisti e distratti, troppo attaccati alle loro comodità, abitudini e vita di sempre e dunque responsabili in parte del cambiamento climatico e di tutto ciò che non viene fatto per contenerlo; ma anche incapaci di lasciare la presa dai ruoli e dallo spazio che occupano, destinatari di stipendi prima e di pensioni poi che hanno scavato il vuoto intorno alle generazioni che li hanno succeduti.

Già erano nell’aria, insomma, le due corrispondenze con il Covid che più saltano all’occhio guardando Anna.

Vedendola prima, dunque, forse si sarebbe stati sopraffatti dallo stupore per l’inquietante tempismo premonitore.
Vederla ora, però, aiuta a riconoscere, grazie al gioco di specchi fra finzione e realtà, queste due tematiche che si riflettono da una parte e dall’altra e che, se sono state proposte, e ovviamente estremizzate, dalla finzione poco prima che si manifestassero nella realtà, è perché la finzione in questo caso ha saputo cogliere con rara lucidità lo zeitgeist, lo spirito del tempo.

In Anna il mondo nelle mani dei bambini si trasforma in una giungla crudele – che fa eco al Signore delle Mosche – perché hanno ereditato ed esacerbato la disattenzione gretta dei genitori. La violenza è motivata e governata dal caso, atroce e gratuita. Tagliare un braccio, lanciare qualcuno a terra su un pavimento ricoperto di colla, sigillare una testa in una scatola di ferro come l’Uomo di latta del Mago di Oz sotto il sole rovente dell’Etna: di tutta questa cattiveria e di molta ipocrisia sono capaci questi bambini imbrattati di colori, travestiti da Biancaneve o Cenerentola, circondati da giocattoli e immersi in giochi continui e violenti. Negli adulti di cui sono rimasti orfani erano edulcorate e mascherate, ora dominano senza limite alcuno.
Ma in mezzo a tutto questo emerge, fra chiese e scalinate ricoperte di stracci colorati, rituali e oracoli incatenati, il bisogno forte e preponderante di reintegrare nella vita il rito e prima di tutto il mito: il mito, dunque il Racconto.

“Quello che differenzia gli esseri umani da tutti gli altri animali è la loro capacità di immaginare e di raccontare le storie perché solo attraverso le storie niente muore mai davvero, ciò che è incredibile può accadere, il caos del mondo può trovare un senso e quella che sembrava la fine di tutto può rivelarsi un nuovo straordinario inizio”: sono le parole conclusive, inaspettatamente concilianti, al termine di sei puntate durissime. E si ha l’impressione che sempre, fin dalle storie narrate da Anna ad Astor per proteggerlo, fosse l’immaginazione l’unica via d’uscita proposta da Ammaniti in questa serie che altrimenti lascia pochissimo spazio alla speranza.
Del resto è la stessa immaginazione che gli ha consentito di presagire con Anna la pandemia che di lì a poco ne avrebbe interrotto le riprese.

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