Cinema
Allegria di naufragi
Guardo il Berlusconi appena ‘riabilitato’ e penso a quello recitato da Toni Servillo nei due tempi del film ‘Loro’. Il sorriso cementato dal trucco, la palpebra abbassata che regala sguardo da rettile, i pochi capelli ancorati alla fronte. E la cadenza sapiente. Un grande attore che incarna un altro grande attore.
Nonostante il film si dichiari fiction, senza nessun intento cronachistico, il Cavaliere di Sorrentino è più vero del vero: ne ha la caratura e la caricatura insieme. Venditore e baro per necessità, perché per lui non si vende, se non si bara. Ma anche vitale fino all’ossessione. Del fare. Del dopo. Del sesso. Amplessi o conquiste economiche e istituzionali pari sono: quello che cerca è sempre un alito di onnipotenza e immortalità. L’ego smisurato e puerile di un creatore di mondi da trastullo, ma capace di esercitare e coltivare il potere; affabile e spietato, verso l’estesa corte di adoratori e mendicanti del suo spazio magico. Dove può succedere l’incantesimo. Per questo Silvio è sinceramente incredulo di non essere amato da tutti. Inadeguato a governare un bene altrui, il suo fallimento è sintetizzato nelle parole della moglie tornata per chiedere il divorzio, una Elena Sofia Ricci dalla bellezza rigogliosa e decadente, oltre che una profondità e misura che si fatica ad associare alla Veronica Lario della realtà. In quella scena sono solo un uomo e una donna allo scontro finale del loro amore. Con le ragioni intatte di ognuno. E una malinconia che si tocca. Momento alto del film. Fuori dalla messinscena del potere e i suoi servi. E dalla festa per gli occhi di tutte quelle ragazze nude e disponibili, dove Sorrentino sembra cedere a una versione patinata del film ‘Io, Caligola’ di un Tinto Brass d’annata. La storia è vecchia come il mondo, certo. E il regista sa come far venire l’acquolina. Ma tutta questa libido indotta viene distrutta dalle poche parole che pronuncia la ventenne prescelta, che confessa a Silvio/Servillo che il suo alito gli ricorda quello di suo nonno; nè cattivo, né profumato: da vecchio, semplicemente. E usa l’aggettivo patetico per definire la sua stessa presenza, oltre a quella del settantenne che vuole sedurla. Un aggettivo, patetico, che da quel momento invade tutta la giostra messa in piedi dal Presidente. Un’allegria di naufragi. Eccitati dall’illusione. E sfiancati dall’attesa del nulla.
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