Cinema

Alain Delon: tra l’apollineo ed il dionisiaco

18 Agosto 2024

Era un evento annunciato il calo del sipario per questo grande attore, Alain Delon.
La morte è stata da lui voluta, perché è caduto in una inesorabile depressione che lo ha portato ultimamente a rifuggire dal mondo, che non gli apparteneva più.
Volgare e becera è la guerra tra i suoi figli – per l’eredità-: lo misero sotto tutela giudiziaria: non poteva prendere decisione alcuna senza l’autorizzazione del Giudice.
Ma quella morte ha tragicamente in sé un valore: la caducità della bellezza, il suo irrimediabile ed irriducibile sfiorire.
Perché se c’è stato nel cinema -il palcoscenico finto della vita- un attore che abbia incarnato la bellezza apollinea questo è stato Alain Delon.
Si era innamorato di lui il più sontuoso e lussuoso dei registi, Luchino Visconti, che lo volle nel “Gattopardo” e in “Rocco ed i suoi fratelli”.
Delon era al contempo bellissimo, ma anche ribelle, spirito refrattario alle regole, ai perimetri cuciti, ecco se si può trovare un’argomentazione saliente, descrittiva credo che si attagli quella cara a Nietzsche: la vita tra l’apollineo ed dionisiaco.
E la sua vita è una circolarità tra l’apollineo ed il dionisiaco.
L’apollineo è la sua faccia d’angelo, la seduzione del suo fascino: lui attrae le donne, non le cerca. Dionisiaco è la sua struttura caratteriale, il suo spirito indomito, gli errori, le rovinosissime cadute.
Ma la bellezza è tragica, si rompe come un delicato vetro.
E Delon non poteva sopportare il suo volto solcato dalle rughe, dalle occhiaie, trasfigurato, deturpato dalla vecchiaia.
Non abbiamo il dono dell’immortalità, ma seppure l’avessimo dovremmo sempre essere giovani, splendenti alla luce. Era il baratto tra Calipso ed Ulisse.
Non viene consegnato al mito come James Dean, come Marilyn Monroe, perché queste creature hanno lasciato la vita da giovani nella fulgida bellezza.
Tra le sue interpretazioni memorabili si ricordano la “Piscina” con l’attrice Romy Schneider, che ha rappresentato anche fuori dal set l’amore della sua vita: la lettera d’addio ne è la chiara dimostrazione: “Mia Puppelé (che significa “bambolina” in tedesco, NdR ), sei arrivata da Vienna e io ti aspettavo a Parigi, con un mazzo di fiori tra le braccia. Io mi sono innamorato perdutamente di te e tu ti sei innamorata di me. Spesso ci siamo fatti questa domanda sugli innamorati: chi si è innamorato per primo? Tu o io? Abbiamo contato: ‘uno, due, tre!’ e ci siamo detti, ‘Né tu né io’! Insieme… L’uomo che sono è quello che ti conosceva meglio, che ti capiva meglio“.
Visconti aveva detto di Delon che recitava con il suo corpo, con i suoi occhi di un azzurro formidabile. E la seduzione del suo corpo gli è valsa anche ruoli per il cinema d’autore con Antonioni.
La rivalità con Belmondo è stata ad appannaggio dei tabloid francesi, ma in “Borsalino” l’interpretazione di entrambi è incastonata nella storia del cinema. Quando morì Belmondo, disse Delon:”Sono devastato. Cercherò di resistere per non fare la stessa cosa tra cinque ore… Non sarebbe male se ce ne andassimo insieme. Lui è una parte della mia vita, abbiamo iniziato insieme 60 anni fa”.
Delon è un mito: è la bellezza della Cot d’azur,la seduzione di Cupido, la vita travolgente tra vette ed abisso.
Ma il suo fascino è gioia e così va ricordato: dove la gioia, pur attraverso le angosce e gli incubi orrendi dell’esistenza, prevale sul dolore e la levità sulla pesantezza, dove le sofferenze, le sordide meschinità, le insufficienze sono riscattate da una speranza più alta, che nasce dalla rivelazione che quella gioia, quella danza sono una realtà una volta vissuta contro il dolore, sempre in agguato sino alla fine.

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