Cinema
1992: lo spettatore non si è “arrapato”
Ho da sempre una certa simpatia per i personaggi cattivi della TV. Film, cartoni animati, serie televisive che siano, io sto dalla parte dei “cattivi”. Una scelta che in tanti, soprattutto gli amici psicologi, spiegano con la voglia di ribellarsi al sistema, di far emergere il proprio “io” rispetto alla massa. Insomma, la nostra intima volontà, più o meno consapevole, di voler essere quel personaggio così da poter infrangere le regole che ci vengono imposte dalla società. Tuttavia, nel mio caso non è così (cercai di spiegarlo proprio ad uno psicologo incontrato tempo fa, che, per sua sfortuna, mi pose proprio questa domanda), perché io consapevolmente sto dalla parte dei cattivi. Sì, per due semplici ragioni. La prima. I “cattivi” sono funzionali alla trama ovvero necessari, perché altrimenti questa sarebbe così inutile che non varrebbe nemmeno la pena di mettere in scena il tutto. La seconda, la mia preferita: i “cattivi” dicono la verità. Sì, gli autori, spesso e volentieri, gli mettono in bocca parole, confessioni, citazioni maledettamente vere. Perché, si sa, la verità è sempre scomoda, specialmente in certi casi.
Questa consuetudine, sia mia che più generale, vale anche per la serie “1992” di Sky. Non ho voluto formulare un giudizio subito dopo l’uscita delle prime due puntate. Ho aspettato di avere un quadro più chiaro ed ampio della faccenda. Oggi, invece, posso dire che le cose sono proprio così. Perché il personaggio interpretato da Stefano Accorsi, il vizioso e spregiudicato “Notte”, mi sta proprio simpatico. I più maliziosi (certi amici ormai li conosco..) potrebbero dire che lo invidio per i lunghi bagni in vasca idromassaggio (“metti bolle..”) o per la copia dell’Hagakure che un Dell’Utri dalle fattezze andreottiane (pessima scelta degli autori a mio giudizio) gli regala ad un certo punto. Ma, non è così. Notte finisce per dire e rappresentare la verità nuda e cruda (a volte forse fin troppo esplicitamente) delle cose. Questo personaggio rappresenta forse il contenuto più reale e realistico dell’intera serie.
Sì, perché trovo noiosamente estremizzato il ruolo della stupenda Miriam Leone, la cui bellezza rapportata all’uso che gli autori ne fanno nel corso del film finisce quasi per risultare tremendamente stucchevole. Così come risulta sostanzialmente irreale il Di Pietro tutto di un pezzo (capisco che solo lui stesso avrebbe potuto rappresentarsi realisticamente), ma vederlo trasformato nel poliziotto solo e granitico che va alla ricerca del male, appare un po’ esagerato. Così come anche la più o meno voluta citazione al film The Untouchables di De Palma mi sembra “tirato” un po’ troppo all’estremo (l’intero pool cammina compatto verso l’uscita del tribunale). Il tutto immerso in un contesto che ha il gusto o meglio il retrogusto non tanto di quel 1992, bensì di giorni nostri.
Non lo so ed è quindi bene vedere fino in fondo la serie, però temo che del tutto, ciò che più mi resterà impresso ovvero quel che più mi ha trasmesso qualcosa è il messaggio portato in sé da quel cattivo Leonardo Notte che nell’estremo tentativo di spiegarsi ad un (in)gessato Dell’Utri finisce per definire l’elettore arrapato, non moderato. Il resto è un’esaltazione dell’opera di magistrati fin troppo eroicizzati, scene di sesso quasi realistiche (pensate a quella iniziale tra Notte e la Castello) e una sommaria rappresentazione dei fatti molto più funzionale a rendere l’idea di una realtà marcia piuttosto che quanto accaduto (con un minimo di realismo storico, un minimo).
Insomma, mi spiace, ma prendendo spunto da “Notte” da spettatore questa serie non mi ha “arrapato” per niente, anche se la scelta di rappresentare quel periodo storico (da cui molti si tengono volutamente lontano) va comunque premiata.
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