Beni culturali
Viaggi piccolissimi – la street art di Tor Marancia
Roma. Fa tenerezza, ripercorsa oggi, a un anno dalla inaugurazione a opera dell’allora ancora non esautorato sindaco Ignazio Marino, la colorata utopia street art di Tor Marancia, quartiere popolare edificato negli anni Trenta per assorbire gli sfollati dal centro storico dell’Urbe causa costruzione Fori Imperiali. Come l’adiacente ma più centrale e ben riuscita Garbatella, già oggetto di riscoperta da parte di Nanni Moretti su Vespa e di susseguente irreversibile gentrificazione; ma, ecco, più sfigata: Tor Marancia detta Shanghai causa propensione agli allagamenti, agglomerato di caseggiati sgarrupati, alloggi di famiglie numerose e disagiate, humus per covi di banditi e proliferazione di piccola delinquenza, e così via. Fino al progetto mariniano che si proponeva di rimuovere il disagio e regalare nuova linfa vitale alla borgata non già con un colpo di spugna, ma a suon di pennellate, colpi di aerografo, sponsor tecnico verniciaio e varie e notevoli creatività internazionali ovviamente retribuite in sonante visibilità (“70 giorni di lavoro, 765 litri di vernice, 974 bombolette spray”, elencava allora una Repubblica ancora non dedita allo spoglio degli scontrini del sindaco): nome in codice del progetto, involontario richiamo all’americanofilia vintage di Alberto Sordi, “Big City Life”. A parte questo, però, il Museo a cielo aperto regge: quei multiformi lavori, tecniche miste su case Aler, hanno effettivamente ringalluzzito uno spicchio di Tor Marancia.
E piace immaginare che anche lo street artist Blu, recente protagonista a Bologna di una autocancellazione di murales a scopo polemico, non si dissocerebbe da questo piccolo ma positivo retaggio della stravagante stagione mariniana.
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